LA SAGGEZZA DELLE FOLLE

L’onda di Milano città metropolitana

Quello che verrà dopo le province saranno entità complesse in cui non potranno funzionare le logiche verticistiche. Un libro raccoglie l’intelligenza collettiva di chi sta contribuendo, a diverso livello, al processo di evoluzione della pubblica amministrazione nella città lombarda

Pubblicato il 25 Feb 2016

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Nei giorni in cui ancora non si spegne il riverbero mediatico dell’onda gravitazionale, accade che i processi verticistici, o top-down, anche in seno ai grandi mutamenti urbani e sociali, siano costretti a cedere il passo a dimensioni meno newtoniane, quelle in cui la massa, diciamo così, del decisore in cima alla catena alimentare, condizionava da sola l’origine del processo e le sue successive ricadute sui livelli progressivamente inferiori.

A sostegno di questo mutamento di scenario giunge il volume Milano metropoli possibile, a cura di Vittorio Biondi (Marsilio editore), appena presentato presso la sede di Assolombarda. La città metropolitana o, meglio, le città metropolitane che succederanno alle province sono entità complesse che mirano a estendere il concetto di prossimità su una scala più vasta e, al contempo, devono soddisfare bisogni diversi e non automaticamente omogenei. Di conseguenza, la topologia dei contributi ha da essere a sua volta altrettanto complessa e non banalmente verticistica, pena l’incapacità di rappresentare il problema, né di dotarsi del ventaglio più ampio di persone e strumenti utili a risolverlo.

Il libro raccoglie l’intelligenza collettiva di chi, a diverso titolo, sta contribuendo al processo che porterà la Pubblica Amministrazione a realizzare Milano città metropolitana: da Vittorio Biondi, il curatore, ed Elena Milanesi di Assolombarda; agli urbanisti Franco Sacchi e Dario Corvi; a diversi docenti e consulenti.

Scrivono Corvi e Sacchi nel loro intervento: “Si tratta di un proceso complesso, cui si intende dare un carattere inclusivo. Le prime fasi di lavoro hanno infatti coinvolto in modo attivo un numero elevato di attori: istituzioni (a partire dai Comuni), autonomie funzionali, rappresentanze economico-sociali, associazioni e anche cittadini insieme a portatori di interessi diffusi. L’intento è quello di promuovere un progressivo – ma radicale in prospettiva – cambiamento nelle relazioni tra soggetti pubblici e privati, ritagliando per la Città metropolitana un ruolo nuovo, derivante proprio dal suo status ‘laterale’ all’organizzazione classica della pubblica amministrazione. Il Piano strategico si propone infatti come campo di sperimentazione di queste nuove modalità di relazione e di pratica progettuale, non solo tra pubblico e privato, ma anche tra differenti soggetti pubblici.”

E poi Valeria Fedeli e Gabriele Pasqui (Politecnico di Milano), sul ruolo delle business community: “Il contributo delle Business Associations e delle Business Communities al processo di costruzione della Città metropolitana non si misura tanto sulla pur necessaria costruzione di ambiti di ascolto e concertazione con le forze economiche e sociali, quanto sulla definizione di ambiti concreti di coprogettazione che, su temi specifici, vedano coinvolte diverse reti di attori.”

Sembra acclarato quindi che la catena di conoscenze, competenze e responsabilità che si farà carico del percorso di realizzazione non potrà essere di tipo arcaicamente newtoniano, ma dovrà recepire, per essere efficace, concetti più liquidi, ondosi. Sperando che, almeno in questo caso, i buchi neri della burocrazia italiana non la facciano da padroni.

fabrizio@oxway.co

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