L’intervento

Intelligenza artificiale: serve una smart leadership per aiutare le aziende a gestire benefici e rischi



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Se non nascerà una smart leadership “fatta di cuore e di cervello”, le imprese non riusciranno a sfruttare l’onda positiva della nuova era dell’AI, e non sapranno affrontarne le conseguenze: lavori che spariranno, altri che si trasformeranno, strategie da adottare, interventi da concretizzare

Pubblicato il 29 gen 2024



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Il rischio del giudizio sull’intelligenza artificiale è oggi grande: vedere il bicchiere mezzo vuoto. Ossia, dividersi tra “NO IA” e “SÌ IA”, concentrandosi sui punti di debolezza o su quelli di forza. Serve una nuova leadership, una smart leadership, ossia una leadership delle 3 C: collaborazione tra l’intelligenza umana e quella artificiale, cuore riservato alle persone e, infine, cervello focalizzato sugli obiettivi di business.

Andiamo per gradi congiunti. Come insegna la SWOT analisi, anche nel caso dell’intelligenza artificiale ci sono i punti di forza e quelli di debolezza. Tutto questo, fino ad oggi, non è avvenuto. Pensiamo alla bozza dell’AI Act, il regolamento europeo, basato sui livelli di rischio: sembra essere scritto da risk manager. La domanda da porsi è questa: quali sono, oltre ai rischi (che ha bene evidenziato la comunità europea, dall’utilizzo maldestro dei dati biometrici al social scoring), le opportunità dell’intelligenza artificiale?

Le opportunità dell’intelligenza artificiale: più produttività e meno debito digitale

Vediamo alcuni benefici dell’intelligenza artificiale per tantissimi lavoratori: il suo utilizzo porterà in Italia, a parità di ore di lavoro (secondo i dati diffusi da Ambrosetti), una maggiore produttività del 70%, generando un incremento di PIL stimato in oltre 310 miliardi di euro, quasi il PIL della Lombardia, quasi un quinto di quello italiano. L’intelligenza artificiale permetterà ai lavoratori di risparmiare ore utilizzate in attività ripetitive, riducendo il cosiddetto “debito digitale”, che oggi ci vede ricevere fino a 250 e-mail al giorno e quasi 150 chat su Teams. L’abbiamo visto con la soluzione presentata da Microsoft alla fine del 2023: grazie a “Co-pilot per Microsoft 365” è possibile gestire la casella di posta elettronica con report, fare minute di call o slide con comandi vocali. Volendo semplificare, l’intelligenza artificiale taglierà una parte dello “sbattimento del lavoro”, ossia una parte di attività ripetitive o di poco valore aggiunto, permettendo ai professionisti di concentrarsi su quelle ad alto valore aggiunto.

Filippo Poletti con il suo nuovo libro “Smart Leadership Canvas”

Il lato negativo: 1,2 milioni di posti di lavoro in meno in Italia (secondo le stime)

Proseguiamo con il tema spinoso dei posti di lavoro, sollevato frequentemente. L’IAcene, ossia l’epoca dell’intelligenza artificiale che collabora con quella umana, è medaglia a due facce: l’intelligenza artificiale ridurrà i posti di lavori con mansioni ripetitive, i lavori pochi specializzati, ma trasformerà la natura di molti lavori, creando nuove opportunità. Secondo il rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (l’agenzia delle Nazioni Uniti), nei paesi più ricchi il 5,5 per cento dell’occupazione sarà esposto agli effetti negativi dell’automazione delle reti neurali generative: considerando il totale degli occupati in Italia a rischio ci sono 1,2 milioni posti di lavoro, soprattutto quelli poco qualificati nell’ambito impiegatizio.

Il lato positivo: nasceranno nuove professioni

Girando la medaglia e guardando il lato B, nasceranno nuovi lavori dall’“IA-venditore” all’“IA-consulente”, all’“IA-commercialista”, all’“IA-costruttore”, all’“IA-agricoltore”, all’“IA-medico” e via dicendo. È il noto principio della “disoccupazione tecnologica” del più influente economista del Novecento, John Keynes: il cambiamento tecnologico causa la perdita di lavoro nel breve termine, compensata dalla creazione di nuovi posti nel lungo termine. L’intelligenza artificiale ha, dunque, due facce: parafrasando ciò che dicono i pescatori a proposito del mare, “l’intelligenza artificiale toglie e dà”.

Perché è necessaria una smart leadership dell’AI: il caso Wind

L’onda positiva dell’IAcene non arriverà a noi se non nascerà una nuova leadership, una smart leadership di cuore e di cervello. Una leadership, cioè, che sappia integrare l’intelligenza umana con quella artificiale e che, allo stesso tempo, si rivolga alle persone e ai risultati di business con impatto positivo. Un esempio concreto è quello di Wind, presentato da IBM ad AIXA lo scorso novembre: le relazioni con i clienti sono oggi curate per il 60 per cento dall’intelligenza artificiale, mentre per il 40 per cento dalle persone, riservando ai professionisti le relazioni che richiedono l’intervento umano. L’intelligenza artificiale non è stata usata per tagliare posti di lavoro, ma per restituire ai professionisti la centralità del loro operato.

Smart leadership dell’AI: aiutare le PMI ed essere concreti

Il caso di una grande azienda come Wind ci deve stimolare una riflessione. Come ha evidenziato Anitec-Assinform, l’associazione delle tecnologie dell’informazione presieduta da Marco Gay, il 6 per cento delle aziende italiane con almeno 10 dipendenti ha già adottato l’intelligenza artificiale con una netta prevalenza di quelle grandi. È sulle piccole aziende, oltre che su quelle medie e grandi, che occorre puntare l’attenzione a livello di Paese, affinché non si creino aziende di “serie AI” e aziende di “serie B”. Servono, infine, strategia e concretezza: bisogna passare dall’“effetto WOW” dell’intelligenza artificiale all’“Act now”. Dobbiamo passare, per citare il titolo di un celebre film di qualche anno fa, dall’“età delle mele” o dello stupore per l’intelligenza artificiale all’“età dell’“azione responsabile” a medio e lungo termine. Non serve dividersi tra “NO IA” e “SÌ IA”. Serve una nuova leadership, la leadership delle 3 C: collaborazione, cuore e cervello

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