Mancano solo un paio di mesi alle elezioni del nuovo Presidente della Regione in Sicilia e da più parti si ritiene che questa sia una sorta di prova generale delle elezioni nazionali. Non sono un esperto di politica e non intendo fare considerazioni sul calibro e lo spessore dei personaggi in gioco, ma credo che sarebbe giusto avere la possibilità di sottoporre alcune domande ai candidati.
Ovviamente, la mia prospettiva è esclusivamente imprenditoriale e focalizzata sul mercato dell’innovazione, però ho pensato di prendere spunto dall’articolo di Andrea Rangone su EconomyUp dal titolo “Non ci sono più alibi: la crescita possibile passa dalla trasformazione digitale” di cui riporto un passaggio: “Non ci sono più motivi per rinviare una seria strategia di innovazione e trasformazione digitale nelle nostre imprese, una strategia capace di aumentare produttività e redditività. In una sola parola: competitività. In uno scenario come quello attuale, nazionale e internazionale, in cui non mancano le risorse finanziarie e si sono creare le condizioni positive per nuovi investimenti, chi non premerà il piede sull’innovazione avrà una sola giustificazione: miopia culturale. E così facendo si precluderà ogni possibilità di crescita e di futuro. Perché la disruption non perdona.”
In siciliano si dice “Chiacchiari e tabaccheri ‘i lignu a ‘u munti ‘un s’impignano”, ossia le parole sono parole senza i fatti. Sarebbe bello che invece di discorsi generici (da alcuni è ciò che ho sentito) si guardasse a ciò che l’innovazione e la trasformazione digitale possono fare per la mia terra e, magari, visto che ci usano come “laboratorio”, fornendo spunti ad altre regioni del Sud o addirittura a livello nazionale.
Ecco se fosse possibile un confronto in puro stile anglosassone, porrei tre chiare domande e, visto che sognare non costa, mi piacerebbero poche chiare parole di impegno concreto.
La prima domanda che porrei ai nostri candidati è: la Sicilia è in un regime di cronica arretratezza (basti guardare alle infrastrutture, al mercato interno, al livello culturale, alla tutela dei diritti dei cittadini…) e il mondo dell’imprenditoria (ancorché debole) potrebbe dare un significativo contributo al riscatto di questa terra. L’innovazione e le nuove tecnologie possono essere davvero un volano, purchè ci siano le condizioni. Quali sono le azioni sul fronte dell’impresa, dell’innovazione, della ricerca che intendete, fatti e numeri alla mano, intraprendere? Quali impegni saranno davvero presi? Come università, centri di ricerca e aziende potranno collaborare sui temi caldi della trasformazione digitale in linea con una strategia seria? Avete previsto un team di esperti che possa davvero darvi una visione su quello che sta accadendo nel mondo e suggerirvi azioni?
[Per favore, astenersi da risposte generiche. Tutti parlano di turismo, lavoro e innovazione. Solo che siamo nella terra dei Gattopardi e il giorno dopo le elezioni i propositi saranno solo parole.]
Seconda domanda.
E’ di qualche giorno fa l’articolo “Perché ho lasciato Ryanair e perché i giovani abbandonano l’Italia” di un pilota Ryanair sul Sole24Ore.
Il pilota scrive: “I cittadini giovani, così come i dipendenti Ryanair, non hanno fatto molto rumore negli ultimi anni. Non sono scesi in piazza, non hanno protestato. Hanno però fatto una cosa molto più radicale e grave: hanno votato con i piedi. Un esodo silenzioso, sottovalutato e sminuito da chi è al potere […] Attenzione: bisogna trattare bene i pochi giovani coraggiosi che sono rimasti (ormai ci vuole più coraggio per restare che per andarsene), altrimenti sarete costretti a ripagarvi da soli quel debito.”.
In queste poche parole c’è tutto quello che serve alla nostra terra. Quali impegni prendete per “trattare bene” i nostri giovani? Se è vero che l’innovazione è un asset su cui costruire (ne parlate tutti ma non so quanto a proposito!), quali impegni prendere per sostenerla? Quali azioni ad es. sui fondi di investimento e sulla formazione verranno intraprese per rendere i nostri giovani sempre più specializzati su cose che servono davvero al mercato?
Terza e ultima domanda.
Credo che una larga parte della situazione in cui versa la nostra Regione sia legata allo scarso rigore morale di alcune delle persone che finora hanno ricoperto ruoli decisionali e di indirizzo. Parlo del rigore morale che ciascun uomo, a qualsiasi livello, deve avere nell’espletamento delle proprie funzioni e del proprio lavoro. Parlo soprattutto del rigore morale che deve essere mostrato sempre e comunque da chi ricopre cariche istituzionali e funzioni pubbliche, di cui è necessario rendere conto ai cittadini e agli elettori. Senza questo rigore morale non può esserci fiducia e crescita per il territorio e per le aziende. Ecco, quali impegni saranno presi da voi candidati per rendere la macchina regionale una casa di vetro? Cosa farete concretamente (e senza retorica) per permettere alle nostre aziende e ai nostri giovani di credere in un futuro a cui tutti, proprio tutti purché dotati di buone idee, potranno accedere, senza essere eroi, ma cittadini?
So bene che non ci saranno risposte, ma soprattutto so bene che non ci saranno impegni concreti e misurabili, eppure spero sempre che qualcuno possa sorprendermi.
Spero davvero che per una volta Tancredi nel Gattopardo abbia sbagliato e il famoso “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” non sia lo slogan delle elezioni.