Innovation Manager 2019, un anno indimenticabile. Circa un mese fa gli organizzatori del PMexpo di Roma mi hanno invitato a tenere un intervento sul tema “Innovation Manager”. In particolare, uno degli obiettivi dell’invito e del confronto era quello di discutere delle sinergie e delle sovrapposizioni tra i modelli e gli strumenti dell’innovation management e quelli del program management. Grazie agli organizzatori e ai molti partecipanti l’occasione è stata davvero interessante. Ho avuto modo di discutere e di ragionare su queste due scienze del management in modo attento e costruttivo. Valutarne le differenze e le aree di sinergia.
Ho scelto come titolo del mio intervento “La solitudine dell’innovation manager” da un’ispirazione letteraria ma soprattutto come sintesi di tutto quello che ho scritto, che abbiamo raccontato e che abbiamo proposto (con poca fortuna) dal novembre 2018. Ovvero da quando è trapelata per la prima volta la notizia che la Legge di Bilancio avrebbe contemplato misure e incentivi legate alla figura dell’Innovation Manager.
Da quella data è stato un susseguirsi di veline, bozze, informazioni, decreti e regolamenti. Progressivamente sono cresciuti i dubbi e le perplessità che sono state sconfitte da un ottimismo collettivo. Un ottimismo portato avanti da manager e da professionisti dell’ecosistema che per storia e per esperienza cercano quotidianamente con il proprio impegno di vedere il lato positivo delle iniziative della pubblica amministrazione e degli strumenti degli incentivi.
Non voglio tornare sui contenuti di quest0 2019.
Oggi il mio pensiero va a tutti e tutte coloro che in questo ultimo anno a vario titolo mi hanno manifestato forti perplessità e critiche sull’iniziativa che tanto ci ha appassionato nel 2019: il Voucher Innovation Manager.
Oggi il mio pensiero va a voi.
Voi che mi avete aiutato a scrivere il libro “Innovation Manager” (2018, Edizioni FrancoAngeli) con le nostre chiacchierate e con le vostre lamentele nel corso dei progetti fatti insieme dal 2003 ad oggi.
Voi che avete creduto nel 2006 alla nascita di una nuova professione, quella del CinnO, partecipando alle iniziative condotte da un manipolo di visionari e di consulenti fuori dalla zona di conformità.
Voi che avete sin da subito manifestato perplessità sul concetto stesso dell’elenco.
Voi che avete portato avanti il concetto delle competenze “soft” e culturali e della loro impossibilità ad essere certificate.
Voi che mi hanno detto: “finirà tutto a tarallucci e vino”.
Voi che strenuamente non vi siete iscritte e iscritti all’Elenco Nazionale degli Innovation Manager.
Voi che non partecipate agli eventi e ai convegni se vedete la parola Open o la parola Innovation, voi che non vi fate confondere dai nuovi hashtag tipo “Open company”, “Growth hacking” e “Start Up competition”.
Voi che rabbrividite quando negli elenchi delle competenze principali degli e delle Innovation Manager vedete le parole: olistico, storytelling, empatia, change, collaborazione e agile.
Voi che in questi ultimi due giorni mi avete telefonato chiedendomi “ma è vero o è un fake” e vi siete approfittati della mia stanchezza.
Lo sapevate. Lo sapevate che avevo già speso molte delle mie energie provando a convincervi che, nonostante tutto, l’elenco, l’autocertificazione, la considerazione delle sole competenze oggettive e tecniche non erano del tutto negative per l’affermazione del mestiere dell’Innovation Manager.
Lo sapevate che un altro pezzo delle energie le avevo spese dando del grottesco alla “data exposure” degli 8956 CV degli Innovation Manager dell’Elenco.
Sapevate che un ultimo rimasuglio di energie l’avevo speso cercando di difendere sia la scelta dell’azienda presso la quale lavoro sia quella personale di iscrivermi all’elenco perché le cose le devi vedere dall’interno.
Ma ora sono senza forze. Mi è rimasto solo il disagio, adesso che il 2019 si avvia a conclusione.
Il disagio dopo che il mio Ministero, il MISE, ministero che ha catalogato le mie competenze, come quelle di tutti gli altri, che ha avviato la macchina dell’assegnazione dei progetti per capitalizzare la figura dell’Innovation Manager, mi ha chiesto di uplodare la mia foto con cornice in formato 320×320 per certificare la quotidianità da esperto di innovazione. Non voglio aggiungere altro. Leggete l’esaustivo articolo di Umberto Rapetto “Vi racconto l’innovativo contest per gli Innovation Manager(da non leggere al Mise)”.
Voi che non avete ricevuto le due mail del MISE.
E nel mio disagio mi vedo un po’ come Paul Sheldon (citazione da “Misery non deve morire”, ndr.). Disteso nel letto, immobile, parzialmente coperto dall’ombra di Annie Wilkes. Intento a pensare a come salvarsi dalla situazione.
Ma forse, nonostante tutto, “L’Innovation Manager non deve morire”. E voi come avete deciso di salvarvi?