Dal latino pro (avanti) – gressum (passo), il termine progresso è sinonimo di “avanzamento”. Esistono due tipologie diverse di progresso, da una parte c’è il progresso materiale, fatto di realizzazioni e conoscenze prevalentemente di natura tecnico-scientifica; dall’altra, il progresso morale e civile, che coinvolge soprattutto i comportamenti, gli atteggiamenti mentali, la civiltà. Di natura collettiva e culturale il primo, di natura individuale e biologica il secondo. E con due velocità molto diverse: veloce il primo, lento o lentissimo il secondo.
Eppure parliamo di progresso, che sia quello materiale o quello morale e civile, entrambi interessano l’uomo e sono fatti dall’uomo, perché questa differenza di marcia?
IL PROGRESSO NON È UN MOSTRO BICEFALO
La risposta sta nel fatto che acquisire nuove conoscenze e nuove tecniche si può fare insieme ad altri esseri umani, che si trovano intorno a noi, e a volte anche a distanza, nello spazio e magari nel tempo: posso imparare infatti leggendo e studiando cose scritte da persone che non ci sono più come Einstein, Kant, Platone o Talete. I comportamenti, al contrario, sono individuali: posso leggere e ascoltare precetti meravigliosi, ma metterli in pratica è tutta un’altra cosa.
Viviamo nel Ventunesimo secolo. Ogni secolo che ci ha preceduto è stato segnato da profondi mutamenti, sia in ambito tecnico e scientifico che in quello morale e culturale. Tuttavia oggi parlare di progresso sembra alle volte un argomento difficile. Il che comporta un’attenta riflessione sul suo significato, per evitare così di vedere il progresso e al progresso come un mostro bicefalo, con un sentimento di timore. Se non si mettono a fuoco tutte gli elementi, si rischia di ridurre il concetto di progresso in un ambito meramente tecnico e soprattutto di non comprendere alcuni aspetti della nostra società e i vantaggi che il progresso può darle.
L’ESPERIENZA DELLA MURGIA VALLEY
Scusatemi se prendo come riferimento la terra da cui provengo e nella quale con piacere e orgoglio vivo, la Puglia, anzi la Murgia, una zona interna a cavallo tra Puglia e Basilicata. Credo però che la mia esperienza rappresenti bene quel progresso morale e civile di cui ho parlato.
La storia del mio territorio si può riassumere in una frase: “Dal mobile al Mobile“. Negli ultimi 30 anni il territorio murgiano, prettamente agricolo e cuore pulsante del cosiddetto “distretto del mobile imbottito”, è cambiato radicalmente. A causa della globalizzazione dei mercati, numerose aziende manifatturiere hanno delocalizzato la produzione all’estero, desertificando la zona industriale dei comuni della Murgia barese, quello che era un polo artigianale di eccellenza, e aprendo di fatto una crisi economica generale.
In fondo a questo tunnel c’erano solo due possibilità: la fuga di massa, soprattutto dei più giovani, o la riconversione industriale, trasformando gli svantaggi in opportunità e investendo massicciamente sul nuovo sapere e sul “capitale umano”, sul desiderio di riscatto che solo chi nasce e vive nelle periferie del pianeta può comprendere. Questo ci ha riportati all’ANNO ZERO e ha comportato una “dematerializzazione” dell’economia tradizionale, e l’apertura a nuovi settori come l’automotive e il digitale.
Il cambiamento atteso deriva da lunghi anni di formazione, di networking con ricercatori dell’Università di Bari, startup e imprese che hanno individuato nel nostro territorio un hub “vergine” da dove iniziare a formare nuove figure professionali. E quando sei all’anno zero, la ricostruzione è più semplice, le menti non sono “otturate” da pregiudizi, paure e preconcetti, ma si lavora in un clima di fiducia, ci si dà speranza a vicenda. Pensate alla Germania del miracolo economico: due volte crollata, due volte rialzata. La differenza l’hanno fatta le persone, e le politiche inclusive che hanno visto nel diverso una ricchezza, non un limite.
Così in questo humus rigenerato, il cambiamento trova terreno fertile perchè accolto da spiriti liberi e temprati al nuovo, sufficientemente assetati e, come direbbe Steve Jobs, un pò folli. Noi lo siamo stati tanto, forse troppo!
Nasce così il sogno Murgia Valley, sogno che oggi sta diventando realtà: imprese, uomini, pronti a mettersi in gioco e a sfidare la natura agricola e piuttosto “chiusa” del territorio, con l’obiettivo di creare un polo tecnologico che un giorno sarà meta di tour da parte di studenti, giovani imprenditori, grandi aziende, investitori di tutto il mondo, come esempio di volontà di rinascita imprenditoriale e sviluppo economico del territorio. Progresso dunque come evoluzione neutrale di un territorio che riconosce e valorizza le proprie origini. Perché non è il territorio a fare l’uomo, ma è l’uomo che decide le sorti di un territorio.
COME MISURIAMO IL PROGRESSO?
Come lo misuriamo questo progresso? Sono numerosi gli indicatori che il pensiero economico suggerisce, ma noi ci definiamo per antonomasia BILOSOFI, ovvero sostenitori del cosiddetto BIL, il “Benessere Interno Lordo”, l’unica unità di misura in grado di collegare risultati produttivi e benessere degli uomini. E per BENESSERE, scorrendo tra i desk dei nostri collaboratori e tra le aziende della Murgia Valley, intendiamo la flessibilità oraria, l’attenzione alla cura della famiglia e della persona, la valorizzazione dello sport e del tempo libero…
In quanto artefice del progresso, è giusto che l’uomo venga ricompensato, che viva i vantaggi del progresso. Sicuramente uno dei vantaggi più sensibili è una migliore qualità della vita, intendo vita lavorativa e vita personale.
Riuscire a comprendere ciò mi rendo conto presuppone due atteggiamenti: una predisposizione al progresso, non tanto materiale, quanto morale e civile, di chi gestisce il progresso ed è nelle condizioni di far vivere i risultati concreti del progresso (le aziende), ma non solo, richiede una maturità da parte di chi è messo nella condizione di vivere quotidianamente i vantaggi del progresso (gli uomini). Quando ci sarà equilibrio tra i due, allora la società sentirà i benefici del progresso.