La pandemia si è rivelata una spinta al processo di digitalizzazione dei comuni italiani, che si sono dovuti adeguare alle mutate esigenze dei cittadini. I lockdown e il conseguente ricorso alla dimensione virtuale rispetto a quella fisica, hanno spinto le pubbliche amministrazioni locali ad erogare i propri servizi in via digitale. Non sorprende dunque che dietro questo avanzamento nell’utilizzo di infrastrutture tecnologiche a livello comunale ci sia proprio un aumento dei servizi digitali offerti dalle istituzioni locali in risposta all’emergenza sanitaria.
A certificarlo, dando un valore numerico a queste percezioni ricorrenti, è stata FPA, realtà del gruppo Digital360, attraverso l’ “Indagine sulla maturità digitale dei Comuni capoluogo”, svolta fra aprile e maggio 2021 per conto di Dedagroup Public Services, società in prima linea nello sviluppo delle nuove infrastrutture pubbliche digitali del Paese, e presentata FORUM PA 2021 nel corso del convegno “Italia digitale: il ruolo dei Comuni per una PA al servizio di cittadini e imprese”.
La digitalizzazione nei Comuni italiani
Il quadro che emerge dalla ricerca non è del tutto confortante, visto che persiste un divario, che prima o poi andrà colmato, in termini di integrazione con le piattaforme abilitanti come SPID e PagoPA e di disponibilità e interoperabilità degli open data; inoltre questa progressione non ha seguito un “andamento” uniforme: le città digitalmente più all’avanguardia restano infatti quelle del Nordest, del Nordovest e quelle con la maggiore densità abitativa, sebbene comunque non manchino esempi virtuosi fra i piccoli comuni e nel Mezzogiorno.
L’indagine in questione ha analizzato il grado di maturità digitale dei 110 comuni italiani capoluogo sulla base di tre dimensioni: Digital public services, il livello di disponibilità online di 20 tra i principali servizi al cittadino e alle imprese; Digital PA, l’integrazione dei Comuni con le principali piattaforme abilitanti individuate dal Piano triennale per l’informatica pubblica (SPID, CIE, PagoPA, ANPR); Digital Openness, la numerosità e l’interoperabilità degli open data e la comunicazione con i cittadini attraverso i canali social.
Sono 49 le città italiane che nel 2021 hanno raggiunto un livello elevato di maturità digitale (14 in più rispetto al 2020), 38 si attestano nella fascia intermedia (+1) e solo 23, contro i 37 dello scorso anno, si collocano nella fascia più bassa evidenziando così il generale trend positivo.
Nella fascia più alta, 39 comuni mostrano performance almeno sufficienti in tutte le tre dimensioni esaminate ed elevate in almeno una di queste: Aosta, Arezzo, Bari, Bergamo, Bolzano, Brescia, Cagliari, Campobasso, Catania, Cremona, Cuneo, Ferrara, Forlì, Genova, La Spezia, Lecce, Lecco, Livorno, Lodi, Lucca, Matera, Monza, Napoli, Padova, Palermo, Parma, Pavia, Prato, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Siena, Torino, Trento, Treviso, Venezia, Vercelli, Verona, Vicenza. Completano l’elenco 7 comuni che ottengono il punteggio più elevato in tutti e tre gli indicatori analizzati (Bologna, Firenze, Milano, Roma, Modena, Pisa e Cesena) e 3 città che si fermano al livello più basso in un ambito ma registrano quello più alto negli altri due (Asti, Caltanissetta e Piacenza).
Le città più mature sono situate prevalentemente nelle regioni del Nordovest (15 comuni su 24 in fascia alta, 7 in quella intermedia) e del Nordest (17 comuni su 24 in fascia alta, 5 a livello medio) e presentano mediamente un’elevata densità abitativa. Ma fra i 49 comuni più digitali figurano anche 9 città del Sud (Bari, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Lecce, Matera, Napoli, Palermo), tre in più rispetto al 2020, e 8 città di piccole dimensioni, contro le tre segnalate nella precedente edizione.
L’offerta di servizi pubblici digitali
Addentrandoci nell’osservazione di questi indicatori, si può constatare che l’offerta di servizi pubblici digitali, come detto precedentemente, è l’ambito in cui sono stati fatti i maggiori progressi: 47 dei 110 comuni analizzati hanno raggiunto un elevato livello di disponibilità dei servizi digitali (contro i 30 del 2020), 42 si sono posizionati in fascia intermedia (-3) e 21 in fascia bassa (erano 34 l’anno scorso). Tutte le grandi città (oltre i 240mila abitanti) si collocano in fascia alta, insieme a 11 comuni medio-grandi (su un totale di 22) e 16 medi (su 41), mentre raggiungono il livello più elevato solo 8 realtà piccole su 35. Lo stesso divario si registra a livello geografico, con solo 12 comuni del Mezzogiorno (su 40) e 8 del Centro (su 22) che entrano in fascia alta, contro le 27 città del Nord (su 48).
Scandagliando le varie tipologie di servizi, si scopre che la scelta, per quanto riguarda l’offerta, ricade maggiormente su quelli legati allo Sportello unico delle attività produttive (SUAP), disponibili in 109 comuni, e alla prenotazione di appuntamenti per il rinnovo della carta d’identità, online in 107 città. Seguono l’iscrizione alla mensa scolastica (96), la presentazione di pratiche di edilizia privata (84) e la visualizzazione e il pagamento di contravvenzioni (81). I servizi meno accessibili sono la richiesta del contrassegno auto per disabili (16) e la domanda di assegno per le famiglie numerose (12).
Digital PA, integrazione con le piattaforme abilitanti è ancora incompleta
L’ indicatore relativo all’integrazione all’interno dei servizi offerti dalle PA delle funzionalità proprie delle grandi piattaforme nazionali – come SPID, PagoPA, ANPR, CIE etc – appare invece meno dinamico rispetto a quello dedicato ai servizi pubblici digitali. Solo 27 città si collocano nella fascia alta (erano 23 nel 2020), 58 si attestano nella fascia intermedia (+2) e 25 a un livello basso (-5). Metà delle grandi città (5 comuni su 12) entra in fascia alta, ma la maggior parte delle città medie (26 su 41) e medio-grandi (13 su 22) si ferma a un livello intermedio e ben 16 città piccole su 35 non vanno oltre la fascia bassa. Fra le 27 città più mature, 19 si trovano nelle regioni del Nord, e solo due (Caltanissetta e Campobasso) al Sud.
I servizi digitali maggiormente integrati con i sistemi di autenticazione SPID, CIE e CNS, sono sempre il rinnovo della carta d’identità (102 con SPID, 99 con CIE e 4 con CNS) e quelli legati al SUAP (96 SPID, 76 CIE, 89 CNS). Seguono le pratiche edilizie (64 SPID, 42 CIE e 53 CNS), i certificati anagrafici (62 SPID, 44 con CIE e CNS), l’iscrizione agli asili nido (58 SPID, 36 con CIE e CNS) e i certificati di stato civile (58 SPID, 40 CIE e 41 CNS). Il processo che ha registrato più progressi è la migrazione delle anagrafi comunali in ANPR, dove a maggio 2021 figuravano oltre 7.500 comuni subentrati, fra cui 106 comuni capoluogo su 110, con i restanti 4 con la migrazione in corso. Tutti i comuni capoluogo risultano attivi sulla piattaforma PagoPA, con almeno una transazione registrata, ma solo 15 comuni hanno registrato mille transazioni o più ogni mille abitanti e per ben 30 città ne risultano meno di 50. Sono invece 89 i comuni capoluogo che espongono almeno un servizio sull’app IO, fra le quali spiccano Rimini (20 servizi online accessibili), Modena (14) e Vibo Valentia (12).
Nella Digital Openness il gap più evidente
La Digital Openness si conferma la dimensione in cui i Comuni faticano maggiormente a progredire. Nonostante una leggera crescita, sono appena 18 le città digitalmente mature da questo punto di vista (+2 sul 2020), 50 sono di stanza nella fascia intermedia e 42 in fascia bassa. Un risultato figlio dello scarso punteggio ottenuto negli indicatori relativi agli open data, che ha vanificato le buone performance registrate nella comunicazione con i cittadini attraverso i canali social. Fra le 18 città mature, ci sono 7 grandi comuni e nessuna piccola realtà, 12 sono nel Nord, 3 nel Centro e 3 nel Sud (Lecce, Matera e Palermo).
Dall’analisi condotta su portali open data e siti dei 110 comuni capoluogo emerge un quadro polarizzato, con poche eccellenze con numerosi dataset rilasciati e ampie fasce del campione con maturità bassa o bassissima. Complessivamente i comuni analizzati hanno pubblicato meno di 15mila dataset (erano 17mila nel 2020). A Firenze, Milano, Palermo e Torino, che valgono il 42,5% del totale con oltre mille dataset a testa, si contrappongono 48 comuni che non hanno ancora pubblicato open data. Decisamente più incoraggianti i dati relativi alla comunicazione sui social media: il numero di Comuni attivi aumenta su sei canali su sette, restando invariato solo su Twitter, e salgono da 16 a 23 le città che usano tutti gli strumenti presi in esame. Sono 46 le città mature per livello di presenza, penetrazione, aggiornamento e produttività sui sette canali social analizzati.
Serve una maggiore diffusione del cloud
Le dichiarazioni a margine della pubblicazione di Gianni Dominici, Direttore generale di FPA, e di Fabio Meloni, Amministratore Delegato di Dedagroup Public Services sono servite per riassumere il quadro delineatosi e per porre l’accento su quelle variabili che hanno fatto registrare le performance più negative, sulle quali sarà necessario intervenire. Dominici ha prima sottolineato i progressi compiuti nell’anno della pandemia: “La ricerca dimostra come i comuni italiani abbiano reagito bene agli stimoli portati dall’emergenza sanitaria, accelerando il proprio processo di maturazione digitale e slittando verso livelli di maturità intermedio e elevato”.
Dominici ha evidenziato le varie criticità emerse, proponendo anche delle possibili soluzioni a riguardo: “Le amministrazioni comunali saranno ora chiamate a consolidare il loro posizionamento nelle dimensioni in cui hanno registrato i principali miglioramenti, come l’offerta di servizi digitali, e accelerare rispetto alle variabili su cui ancora oggi si registrano i principali ritardi, come gli open data. Per raggiungere questo obiettivo sarà fondamentale promuovere una maggiore diffusione del cloud, per poter generare ed erogare meglio i servizi digitali, completare il processo di integrazione con le principali piattaforme abilitanti, per ridurre tempi e costi di realizzazione dei servizi, e diffondere una vera cultura del dato, per garantire maggiori livelli di trasparenza”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Meloni, che ha voluto inoltre ricordare la centralità del cittadino in questo processo di trasformazione digitale a cui sono sottoposti i comuni italiani: “Il 2020 passerà alla storia come l’anno della pandemia, ma anche come l’anno in cui abbiamo accelerato con forza verso una trasformazione tecnologica senza precedenti. I dati della ricerca Ca.Re. lo confermano evidenziando come chi ha avuto più facilità e capacità di reazione alle condizioni estreme createsi sia stato chi ha potuto contare su progetti già avviati di digitalizzazione del back office, parte cruciale per l’erogazione ed efficienza dei servizi”.
“Questo ci dice che il percorso per tutti parte proprio dalla digitalizzazione del sistema informativo con la conseguente revisione dei processi per poter attuare realmente quel cambiamento che vede l’uomo al centro in ogni minimo dettaglio del servizio pensato per il cittadino. In questo nuovo umanesimo tecnologico la sfida è verso l’unificazione digitale dell’Italia che deve essere, come chiaramente indicato anche dal PNRR, basata sull’interoperabilità. Per raggiungere l’obiettivo è cruciale accelerare sull’integrazione dei dati provenienti dai territori (ospedali, aziende sanitarie, medici di base, amministrazioni locali…) e dalle grandi amministrazioni centrali, così da trasformarli in informazioni certificate e utili per la creazione di servizi evoluti destinati ai cittadini che le soluzioni Cloud As a Service consentono di realizzare all’insegna della semplicità, della facilità di accesso e della trasparenza. Questa è la chiave di successo del percorso di trasformazione”.