Quest’estate c’è stato un’importate compleanno, sfuggito a quasi tutti in Italia a causa anche della scarsa cultura finanziaria. La Borsa non è mai stata apprezzata, non è mai entrata nel nostro DNA. Non è mai stata vista come forma di risparmio e soprattutto di creazione di valore. Forse anche per colpa di singolari corrispondenti RAI che narravano le vicende delle grida di Piazza Affari, ricordate tal Everardo dalla Noce (googolare).
Il 19 agosto scorso Google ha spento l’undicesima candelina al NASDAQ, undici anni dalla quotazione in Borsa (IPO). La performance è impressionante, +1.277%. La capitalizzazione di borsa ha superato abbondantemente i 400B di dollari. I fondatori, Larry Page e Sergey Brin, sono tra i reucci del Three-Comma Club.
A far paragoni vengono i brividi ma ci sono state tredici società che hanno addirittura surclassato BigG nel periodo. Ben sei di queste, quasi la metà, appartengono al settore Life Science e Biotech: Alexion Pharma, Celgene, Gilead, Intuitive Surgical, Regeneron, Vertex.
Un secondo dato che merita attenzione arriva da elaborazioni di un blog verticale che continuo a consigliare @LifeSciVC: il ritorno lordo di tutti i fondi di Venture Capital made in USA è stato, dal 2011 ad oggi, pari al 45% per gli investimenti in IT/Software e al 69,9% per quelli in BioPharma. Spread di 25 punti.
Il combinato di quanto sopra mi conforta in merito al mantra che da qualche anno vado ripetendo: nel nostro Paese siamo sbilanciati, seppur i numeri siano piccoli, su investimenti in IT/Software rispetto al Biotech.
Ancor più difficile trovare spiegazioni di questa differenza se consideriamo l’importanza strategica del settore difesa nel successo di molte start-up IT. Non abbiamo mai potuto, per ragioni storiche e geopolitiche, sviluppare molta tecnologia nel settore della difesa negli ultimi 50 anni. Mentre abbiamo messo in piedi, non con qualche difettuccio, uno dei sistemi sanitari più grandi (e costosi..) del mondo. Da questo sono emersi, concentrati in Lombardia ma non solo, alcuni centri di ricerca competitivi a livello mondiale con scienziati e ricercatori di prim’ordine.
Per quanto la cultura imprenditoriale sia ancora debole nel settore della salute, non c’è logica di investimento che possa escludere di valutare con grande attenzione le start-up biotech oltre a quelle IT.