Da tempo era nella penna. In parte nei post passati vi sono tracce. Ora, sfruttando anche il lavoro di sintesi di uno dei migliori blog sul biotech posso sbizzarrirmi. Andiamo quindi a sfatare miti e leggende che circondano gli investimenti in imprese biotech.
Quante volte mi sono sentito dire “ma ci vogliono 15 anni per portare un nuovo farmaco sul mercato”, oppure “gli investimenti in biotech sono troppo rischiosi”, o ancora “il biotech non renderà mai come il digital”.
Ebbene, nella mia personalissima statistica posso testimoniare che nel medesimo Consiglio di Amministrazione del novembre 2009 di Quantica SGR (operatore di venture capital attivo dal 2002 al 2011 in Italia, ndr), ho fatto approvare due investimenti. Uno in una startup biotech, EOS Ethical Oncology Science. E uno in un player digital, media/e-commerce, Banzai.
Nel 2013, quattro anni dopo, EOS è stata acquisita per 470 milioni di dollari. Mentre nel 2015, cinque anni e mezzo dopo l’investimento e un anno e mezzo dopo la exit di EOS, Banzai si è quotata a un valore di 250 milioni di euro.
► Il biotech ha dimostrato in tempi minori ritorni assai maggiori rispetto al digital.
Ma rendiamo l’analisi un po’ meno autoreferenziata… E vediamo cosa è successo negli Stati Uniti.
1. Ritorni sull’investimento (IRR = internal Rate of Return net of fees)
Qui facciamo riferimento ai dati di Cambridge Associates. Sugli investimenti realizzati, vale a dire quelli che hanno raggiunto una exit nel periodo 2006-2016, i fondi di venture che hanno investito in startup biotech hanno ottenuto un IRR pari a 26,8%. Gli investimenti dei fondi VC in settori diversi dal biotech, in netta prevalenza nel settore digital, hanno un IRR del 21,8%.
► Il biotech ha reso in media il 5% in più ogni anni negli ultimi 10 anni rispetto al digital.
2. Durata dell’investimento (Holding period)
Qui facciamo riferimento ai dati di Pitchbook. La exit è identificata con una IPO, quotazione in borsa, o con un’operazione di M&A, un’acquisizione. Ebbene, per le IPO, nel periodo 2006-08 e 2009-12, la exit da startup biotech è stata realizzata in media in circa 7 anni. Nel digital la exit, in media, è stata ottenuta rispettivamente in 8 e 9 anni. Nel periodo 2013-16, l’holding period per arrivare a una IPO per Biotech è stato in media di 8,9 anni, nel digital di 9,4 anni. Se analizziamo la durata dell’investimento prima di una M&A nei medesimi periodi, rileviamo che il biotech è rimasto in portafoglio rispettivamente 7,9, 7,3 e 7,8 anni. Il digital, 8,9 e 9,2 anni.
Il biotech in tutti i periodi analizzati è rimasto nel portafoglio degli investitori per un periodo minore rispetto agli investimenti nel digital. In alcuni casi con differenze medie superiori all’anno e mezzo.
3. Perdite (Loss Ratio)
I dati arrivano da Correlation Ventures. L’analisi suddivide le perdite a livello di numero di operazioni di investimento (deal) non andate a segno e le perdite a livello di dollari bruciati. Ciò a partire dall’anno 2005. Considerando i deal, nel biotech il 52% delle operazioni non è andato a buon fine. Nel digital il 62% è fallito. Osservando invece i valori, il 39% dei dollari investiti nel biotech non sono rientrati. Nel digital sono il 52% i capitali dispersi.
Il biotech ha un tasso di perdite inferiore di oltre il 10% rispetto al digital.
Basta miti, basta leggende! Nei mercati maturi è conoscenza comune tanto che i fondi di VC dedicati al Biotech stanno toccando punte di raccolta mai esplorate. Gli ultimi fondi di Third Rock, Versant Ventures e Sofinnova Ventures insieme superano 1,5 miliardi di dollari. In Italia il fenomeno si registra solo a livello di investitori privati.