THE 24 STEPS

Gli imprenditori romani? Sono gladiatori alle prese con il cambiamento

Roma è un posto adatto all’imprenditorialità? Se lo chiede Bill Aulet nella seconda puntata del suo blog in esclusiva per EconomyUp dopo una visita nella città eterna. La sua visione imprenditoriale, scrive, è ancora troppo legata al passato, non sufficientemente dinamica e poco inclusiva. Ma ci sono realtà d’eccellenza

Pubblicato il 30 Mag 2019

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Dopo aver trascorso tre splendide giornate a Roma, potrei parlarvi per ore della storia, cultura e delle persone di questa città veramente unica.  Numerosi libri sono stati scritti sull’argomento da persone molto più qualificate di me, quindi non lo farò, concentrerò invece le mie riflessioni sullo stato dell’imprenditorialità della città.

Mi sono innamorato immediatamente dell’atmosfera della città. Era sia vivibile e piena di energia, che imprevedibile (le sorprese erano sempre dietro l’angolo), ma aveva anche una componente storica senza precedenti.  Un luogo meraviglioso da visitare, ma è un posto adatto all’imprenditorialità?

Ad oggi, molti esperti non risponderebbero affermativamente. Questo non significa che le cose non possano cambiare, ma per farlo, è necessario considerare i fattori limitanti.

L’imprenditorialità di questa città deve vincere tre sfide principali, da qui il titolo “gladiatori” per definire l’attuale generazione di imprenditori.  Questi problemi strutturali possono essere superati e possiamo già notare dei segnali incoraggianti; tuttavia, trovo che siano particolarmente presenti a Roma più che in altre aree, pur essendo emblematici di una condizione diffusa.

1.I turisti vogliono guardare al passato, gli imprenditori al futuro: Roma è dominata dalla storia. È ciò che attira ondate e ondate di turisti e che l’ha resa famosa. Si dice che se scavi per costruire qualcosa di nuovo e ti imbatti in un reperto storico ti devi fermare, a Roma tutto questo è realtà. Se conosci Roma sai che è praticamente impossibile che non accada e, ciò diventa un vero e proprio ostacolo mentale. Capisco che la vita sia una miscela di passato, presente e futuro, ma il compito degli imprenditori è quello di creare il futuro. Gli imprenditori hanno bisogno di infrastrutture all’avanguardia, anche se questo non è l’unico problema. È anche una questione di mentalità. Il passato è un dono, ma può anche essere un peso, e in questo caso, è particolarmente vero.

2.I team devono essere in grado di evolvere facilmente: come ho già spiegato, il fattore più importante perché un’azienda abbia successo è la qualità del suo team. Anche questa non è una situazione statica. Il team che lancia una nuova azienda potrebbe essere perfetto per quella fase, ma non ottimale per le difficoltà che l’azienda dovrà affrontare l’anno successivo. I team devono evolvere in modo sano per creare business in grado di crescere ed essere competitive a livello globale. In Italia, più che in altri paesi, ho trovato una cultura e delle leggi che ostacolano questo processo. L’incapacità di escludere dal team quei membri che non sono più adeguati o di “licenziarli” come si direbbe in casi estremi, non crea un ambiente ottimale per la crescita e la prosperità delle aziende basate sull’innovazione.

3.La società patriarcale: l’imprenditorialità richiede diversità di prospettive e competitività a livello globale, presuppone l’inclusione di tutti i talenti possibili presenti in quella regione. L’Italia non è il solo paese ad essere più patriarcale di quanto vorrebbe. Al MIT, anche se siamo lontani dalla perfezione, abbiamo avuto la prova di come, includendo le donne nei gruppi di lavoro, si riscontrino miglioriamenti concreti nei risultati. Non solo le donne erano di gran lunga in minoranza nelle riunioni, ma ho trovato anche un’atmosfera di controllo e comando (ad es. riluttanza nel cedere il capitale nelle aziende) molto più diffusa di quanto non lo sia negli Stati Uniti ed in altri paesi.

Nonostante questi ostacoli, ho visto segnali incoraggianti oltre ad un grande potenziale. In luoghi come l’Università Marconi e Manageritalia c’è la consapevolezza che è necessario andare avanti. Ho visto giovani e vibranti talenti globali arrivare in città per studiare e far crescere il proprio potenziale in posti come la John Cabot University. E, cosa forse più incoraggiante di tutte, ho visto una solida iniziativa privata, la Luiss EnLabs (lontana dalle volubili decisioni del governo) gestita da LVenture Group. Questo ha costituito un fattore di accelerazione/attivazione che sta generando un’indispensabile canale di nuove aziende di prima generazione, per avviare l’ecosistema imprenditoriale. Servirà pazienza, ma sono fiducioso che questa organizzazione sia sulla strada giusta.

In sintesi, il processo è complesso e richiederà del tempo. È necessario dare il tempo necessario ai nuovi gladiatori dell’imprenditorialità innovativa per vincere questa battaglia, e quando la vinceranno, il passato sarà connesso al futuro portando a tutti un grande beneficio.

Un ringraziamento speciale al Dream Team Italy, Rachel Hentsch Spadafora, Tommaso Troiani, Fabrizio Rovatti, Floriano Bonfigli e Alessandro Conti, e tutti coloro che mi hanno accolto a Roma e hanno reso la mia visita memorabile  

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Bill Aulet
Bill Aulet

Bill Aulet è un esperto di imprenditorialità. Già manager e imprenditore, oggi docente al MIT e divulgatore, ha scritto “La disciplina dell’imprenditore – 24 passi per una startup di successo“, pubblicato In Italia da Franco Angeli con prefazione di Andrea Rangone, CEO di Digital360 Group.

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