Three-Comma Club

DopoExpo, meglio senza università (e senza IIT)

Il premier Renzi ha annunciato un grande progetto su genomica e Big Data. Ottimo contenuto. Che si vuole affidare all’Istituto italiano di tecnologia. Ottimo soggetto. Che dovrebbe ribellarsi per non essere distolto da quello di buono che sta facendo. Per la gestione servono scelte dirompenti.

Pubblicato il 15 Nov 2015

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Hurrah! Per il dopo EXPO si parla di un centro di ricerca su genomica (e Big Data).

E qui ne parliamo volentieri perché:

1. abbiamo sempre orgogliosamente sbandierato l’elevata capacità scientifica italiana soprattutto nelle scienze della vita e in particolare nella scienza dei geni, delle cellule, del DNA, anche di recente

2. Si parla di investimenti di 150M€ all’anno per 10 anni per un totale di 1,5Billion; e quando si arriva a nove zeri è questione da Three-Comma Club.

Arrivato l’annuncio dal Presidente del Consiglio, molti sono subito scattati dai blocchi: politici, presidenti di fondazioni e soprattutto rettori universitari. La bagarre si è imbruttita quanto per la gestione si è fatto il nome dell’IIT – Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Eccellenza italiana ottimamente diretta dal fisico Roberto Cingolani.

Premetto che Quantica SGR, la società di venture capital da me co-fondata nel lontano 2002 a cui devo molto e che può vantare investimenti (ed exit!) come EOS e Banzai, è nata anche grazie all’INFM – Istituto Nazionale di Fisica della Materia, basato a Genova, e il cui vice presidente di allora era proprio Cingolani. INFM era tra i soci fondatori dell’SGR.

Per punti:
a) penso che sia essenziale lasciar fuori le università dal progetto. La loro presenza è il possibile seme della disfatta. Che le università inizino a fare bene il loro compito e che i vertici abbiano come obiettivo quello di farle entrare nella classifica almeno delle prime 100 università del mondo. Quando ci saranno i risultati potranno candidarsi ad altro.

b) Il segreto del successo dell’IIT, a mio parere, è stato quello di partire ex-novo, fuori da schemi precostituititi e dalla palude burocratica che continua ad inghiotte la buona scienza. Ho sempre avuto la sensazione che l’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti quando inventò l’IIT nel 2004 avesse elaborato un semplice pensiero, in buona parte condivisibile: iniziare da zero è più facile che sistemare l’esistente. Il CNR e le università non si potevano certo chiudere per inefficienza manifesta, ci sarebbe stata una rivolta. Apparve meglio: i) smettere di finanziarle, condannarle ad un ridimensionamento (e magari a qualche chiusura); ii) concentrare le poche risorse del Paese su un’iniziativa totalmente nuova; iii) garantire a questa tutte gli investimenti necessari per tempo sufficientemente lungo (lungo come i tempi naturali della ricerca); e soprattutto, iv) affidare la direzione a un giovane talento (allora 44enne) fuori dagli schemi.

c) La medesima linearità di pensiero è per ora mancata al Governo. Ha scelto la via facile: c’è un campione nazionale (IIT), affidiamogli il dopo EXPO. No. La ricerca italiana ha bisogno ancora di scelte difficili, di rompere le catene. Di un nuovo outsider. E non di annacquare l’IIT dentro ad EXPO, non distogliere Cingolani & C. da quanto di ottimo stanno facendo. Così come l’IIT si è ribellato quando si parlò di affidagli il progetto del Technology Transfer Office nazionale per gestire tutti i brevetti di tutte le università, anche oggi dovrebbe trovare il coraggio di ribellarsi (e di rinunciare a gestire 1,5B€) per salvare la propria missione originaria. Stay focused.

Insomma, fatto il contenitore (EXPO), fatto il contenuto (Genomica e Big Data), è il momento di fare gli uomini.

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