Per una volta l’Italia è arrivata prima. Il nostro, infatti, è il primo paese al mondo che si è dotato di una legge e di un regolamento avente per oggetto l’equity based crowdfunding, un modello di raccolta di fondi, sotto forma di investimenti di capitale, a sostegno dello sviluppo delle startup innovative.
Si potrebbe dire che il crowdfunding –letteralmente “finanziamento da parte della folla”- è un prodotto del web 2.0 che si è autoregolato sino a oggi e che sembra divenuto ancor più attuale e famoso dopo l’adozione di norme allo stesso specificamente dedicate, con le quali si è cercato di regolamentare l’incontro tra due mondi molto diversi tra di loro: il web 2.0 e gli investimenti finanziari.
Chi decide di approcciarsi a questa forma di finanziamento –o anche solo di capirne di più- vuole risposte a tre principali quesiti:
· quali sono le modalità con cui si sviluppa la raccolta di fondi da parte delle piattaforme online?
· Qual è l’impatto determinato sui gestori dei portali online che intendano operare in Italia a seguito e per effetto della pubblicazione della
Legge 221 e del Regolamento CONSOB 18592 con il quale è stata attuata?
· Quali sono le opportunità offerte da altri paesi? Ovvero: quali sono le differenze che esistono con l’ordinamento legislativo di alcuni Paesi come gli Stati Uniti (dove già esiste una legislazione di rango primario, introdotta con il JOBS Act), l’Inghilterra e la Germania?
Per quanto riguarda il primo quesito, è utile ricordare che esistono anche altri due modelli –reward e lending crowdfunding- e che, pertanto, è necessario esaminare attentamente caso per caso le norme (di rango primario) o i regolamenti (di rango secondario) per verificare se possano essere effettivamente applicate.
E’ bene chiarire che per ora l’equity crowdfunding è l’unica attività che il legislatore italiano ha voluto regolamentare nell’ambito delle raccolte realizzate con il crowdfunding -disciplinando, di fatto, la materia e l’operato dei gestori dei portali online- in considerazione della prossimità di questo sistema di raccolta al mondo degli investimenti finanziari, da sempre estremamente regolamentato. E, in effetti, il dubbio che si tratti di un eccesso di regolamentazione (per un settore così piccolo) e che, per di più, tale regolamentazione sia troppo concentrata nella tutela dell’investimento in sede di raccolta e troppo poco riferita alle esigenze dell’investitore durante la vita dell’investimento, è assolutamente lecito.
Anche perché il regolamento CONSOB sta di fatto creando uno scenario nel quale potranno operare solo due principali attori: (a) i portali online di diritto (banche con attività di investimento e SIM) che possono coprire l’intero ciclo offerta-investimento-sottoscrizioni-raccolta e (b) i portali online professionali che devono comunque rivolgersi alle banche o alle SIM per la fase sottoscrizioni-raccolta. Ma questa impostazione –decisamente onerosa per la seconda categoria- finirà con l’avvantaggiare il sistema formato dagli operatori tradizionali e di escludere dal mercato chi non rientra tra i cosiddetti “gestori di diritto” che si troverà a rinunciare all’idea scoraggiato dalle difficoltà di aderire ai requisiti imposti dalla nuova normativa.
Umberto Piattelli, Partner dello Studio Legale Osborne Clarke, è autore del libro: “Il crowdfunding in Italia: una regolamentazione all’avanguardia o un’occasione mancata?” Giappichelli, Torino, 2013