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Comunicare la sostenibilità: perché per le aziende essere trasparenti paga sempre



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Nel comunicare non solo i successi ma anche ciò che non funziona, si devono dichiarare apertamente i propri obiettivi, come si intende raggiungerli e poi dare conto di ciò che si è ottenuto. Perché un’impresa onesta e trasparente, che sa comunicare la sostenibilità, è più credibile per i suoi utenti

Pubblicato il 22 gen 2024

Paolo Braguzzi

Attivista del business for good



comunicare sostenibilità
Comunicare la sostenibilità: immagine creata con Bing AI)

Alcuni giorni fa ho letto un bel post di Paolo Marcesini, che poneva il tema dell’opportunità di comunicare o meno la sostenibilità della propria impresa e che scaturiva da un confronto con chi riteneva che fosse “necessario e urgente togliere la sostenibilità alla strategia di comunicazione che per definizione è sinonimo di alterazione della verità”.

Paolo concludeva il suo post affermando invece che: “La sostenibilità ha bisogno di rumore al posto del silenzio. Un rumore armonico ma assordante.” Questa affermazione, che condivido appieno, passa certamente attraverso una maggiore competenza da parte di chi si occupa di comunicazione, nelle imprese come nelle agenzie. Ma richiede dal mio punto di vista anche uno sforzo culturale importante a favore della Trasparenza, tema che ho già toccato in questo articolo dedicato al Greenwashing.

Certo, esiste un problema importante di recupero di credibilità da parte di tante imprese, e io direi in generale del sistema della comunicazione, visto che è oggettivo che l’approccio manipolativo che è stato spesso adottato ha portato quanto meno le persone più attente a mettere in discussione la buona fede delle imprese.

Comunicare la sostenibilità: bisogna dire anche quello che (ancora) non funziona

Ma penso anche che esista una soluzione a questo problema, ed è una soluzione che non impedisce di comunicare e di “celebrare” i propri successi sul percorso della sostenibilità, cosa che riterrei niente di meno che auto lesionista. Questa soluzione consiste nel comunicare non solo i successi ma anche ciò che ancora non funziona come si deve, dichiarare apertamente quali sono i propri obiettivi al riguardo, come si intende raggiungerli e poi dare conto di ciò che si è ottenuto. Sono del tutto consapevole che l’ammissione di “debolezza” che questo approccio richiede implichi uno sforzo culturale enorme a chi si occupa di comunicazione. D’altra parte, è ciò che permette di essere davvero “onesti”, risultato che non si raggiunge se si celebra ciò che di buono si fa mentre si omette ciò che ancora non va. Uno studio straordinario al riguardo è la Honest Product Guide, realizzata da Futerra, un’agenzia certificata B Corp che si definisce “di cambiamento globale”. Potete ascoltare la viva voce della fondatrice di Futerra, Solitaire Townsend, in questo TED talk, dal titolo emblematico: “Are ad agencies, PR firms and lobbyists destroying the climate?”.

Comunicare la sostenibilità: cosa è davvero onesto

Per quanto mi riguarda, la lettura della Honest Product Guide è stata davvero illuminante e quindi la consiglio caldamente. In particolare, mi ha colpito il parallelismo fra il concetto di onestà applicato alle persone e quello applicato alle imprese. E ancora di più sono stato ispirato dallo schema che viene presentato a pagina 27 sotto il nome di Honest Product Journey. Questo schema mi ha aperto gli occhi su ciò che è davvero onesto nel comunicare e ciò che non lo è. E avendo un background di marketing devo dire che un po’ di peccati li ho commessi anch’io (penso però anche di essermi redento).

Un’impresa deve essere credibile e trasparente

Ma cosa impedisce di ammettere errori e debolezze? Beh, lo impediscono decenni e decenni in cui a chi si occupa di comunicazione è stato chiesto nel migliore dei casi di magnificare i prodotti e i risultati positivi delle imprese; nel peggiore dei casi di coprire le magagne sino a mentire spudoratamente. Il tutto in ossequio al principio un po’ machista dell’impresa forte e perfetta. Infatti, ammettere le debolezze significa dimostrare la propria vulnerabilità, una condizione da sempre invisa alle imprese e in particolare a comunicatori e markettari. Oggi però, oltre che diventare in misura crescente una necessità il farlo, perché qualcuno che ci farà le pulci prima o poi lo si trova, l’impresa “trasparente” può godere del fatto che la vulnerabilità è sempre più spesso considerata una fonte di autenticità, quindi genera simpatia oltre che credibilità. Per convincersi di questo suggerisco di guardare uno dei TED talk più visti di sempre, quello di Brené Brown, dal titolo The power of Vulnerability che ha avuto sino ad ‘ora poco meno di 70 milioni di visualizzazioni (no, lei non è una rock star).

Quindi, fatevi avanti comunicatori di nuova generazione, il mondo, non solo le imprese, ha bisogno della vostra onestà e della vostra capacità di dire le cose come stanno, sempre con creatività ma al servizio della Trasparenza.

 

 

 

 

 

 

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