Questo potrebbe essere l’anno del Venture Capital. La possibilità esiste perché il Governo ha messo in piano un provvedimento dedicato ai Pir (piani individuali di risparmio) in cui c’è l’obbligo di investire il 3,5% della liquidità in fondi di venture capital: in questo modo si potrà combinare l’incentivo fiscale con il finanziamento delle piccole imprese del mercato delle non quotate e delle meno liquide, come i titoli dell’Aim.
Certo, forse sarebbe stato opportuno allargare anche al private equity e al private debt, perché anche questi sono strumenti che portano sostegno all’economia reale, ma come apertura iniziale va bene così.
Ora si attendono i decreti attuativi della riforma e in questa fase si potrà anche migliorare e innovare. AIFI l’associazione del private equity, venture capital e private debt di cui sono presidente, si augura che questo venga fatto e, se serve, l’associazione darà al Governo tutto il supporto tecnico necessario.
L’esperienza e la conoscenza di AIFI potrebbero essere un forte supporto per conoscere meglio il mondo del venture capital e capirne modus operandi e strategie. Ovviamente tutto questo vale per i Pir di nuova emissione, poiché quelli già in essere non vengono modificati nella struttura.
Quello che è importante è creare un volano che faccia crescere l’ecosistema del venture capital, magari anche attraverso un fondo di fondi (che è già previsto dalla legge di bilancio) che investa quindi in fondi che poi operano in questo settore e che hanno expertise e team capaci e preparati per poter cogliere le opportunità sul mercato dell’innovazione.
Tutto ciò consentirebbe anche la nascita di nuovi fondi che vedrebbero la luce e avrebbero come anchor investor un garante importante che farebbe da calamita di altri investitori istituzionali che si avvicinerebbero, magari con maggiore sicurezza, a questo mondo per loro ancora sconosciuto.