Questa settimana dalla Silicon Valley vi parlo di Silicon Valley Bank (SVB). Il suo crash è stata la notizia che ha monopolizzato (e terrorizzato) il mondo tech la scorsa primavera.
Il salvataggio di SVB è passato attraverso l’acquisizione dei suoi asset americani da parte di First Citizens Bank, una banca del North Carolina, e delle sue attività nel Regno Unito da parte di HSBC.
“There the story ends. Right?”. No.
Silicon Valley Bank dopo il crash: che cosa sta accadendo
SVB è quantomai viva e open for business. Recentemente ha organizzato una conferenza a Santa Clara. I loghi erano quelli di SVB, così come molti degli executive con cui avevo lavorato negli ultimi anni.
Silicon Valley Bank ha difatti mantenuto le relazioni di clientela (almeno con le aziende che non sono fuggite al momento della crisi) e le linee di credito (“venture debt”, ne avevo parlato in un post precedente). Negli Stati Uniti ha oggi 16 filiali tra cui quella storica nella Bay Area. I clienti sono un mix tra le aziende che non erano scappate, altre che sono tornate e nuove imprese.
La visione che ha garantito una nuova vita a Silicon Valley Bank
Va riconosciuta qui la visione di First Citizens Bank che ha deciso di non buttare il bambino con l’acqua sporca, ma di tenere in vita il franchise (“First Citizens’ strategy is to run SVB as SVB”) e il suo team di un migliaio di banker che hanno una certa esperienza nell’avere a che fare con società tecnologiche (ambito dove le banche tradizionali faticano tantissimo).
Anche se, va detto, che il mondo bancario negli Stati Unito come anche in Europa ed in Italia, sta andando verso un crescente “meccanicismo”, ove i funzionari hanno sempre più ridotti limiti di discrezionalità. Fatto che, se da un lato potrebbe ridurre il rischio (sopra certe soglie non si va), dall’altro annulla il valore fiduciario e il know how della relazione (ti vedi dire no per uno sfondamento della soglia di qualche migliaio di dollari).
SVB oggi è una banca molto più piccola
Ovviamente le dimensioni di SVB sono significativamente più piccole di prima del crash. Però è operativa e mantiene una significativa quota di mercato. E, come dice il mio amico Sean Randolph del Bay Area Council Economic Institute, “è una buona cosa per la Bay Area, che nell’ultimo anno ha subito un sacco di media hits tra crisi bancarie, licenziamenti e contrazioni degli investimenti. Ma la Silicon Valley economy per quanto esposta a cicli si dimostra oltremodo resiliente”.