In un mondo sempre più veloce, caratterizzato da tecnologie, innovazione, cambiamento, è incredibile leggere di aziende operanti nel settore Real Estate, Food&Beverage, Manifacture con più di 1000 anni di tradizione. È un fenomeno destinato a perdurare o siamo di fronte solo ad una delle numerose anomalie dei giorni nostri?
Le aziende più longeve al mondo: cosa fanno, dove sono
La longevità media delle aziende quotate nello S&P durante gli anni ’60 era di circa 60 anni. Con il passare del tempo questo valore medio si è sensibilmente ridotto, fino ad arrivare come riportato recentemente da Fortune ai circa 20 anni medi dei giorni nostri.
Nonostante ciò, esistono in tutto il mondo delle aziende che sfidano questo trend e continuano a competere sul mercato anche da più di 1000 anni, come documenta un recente studio pubblicato su BusinessFinancing.co.uk.
Quali sono e di cosa si occupano quindi le aziende nella top 10? Proviamo ad analizzarle nel dettaglio. Dietro le date e i settori in cui operano, quello che le accomuna sono le loro storie affascinanti, che rispecchiano la capacità di adattarsi da sempre al cambiamento valorizzando la propria tradizione, rappresentando nel bene e nel male anche elementi della storia dei propri Paesi.
Come si può facilmente vedere osservando la mappa del planisfero, il fenomeno è diffuso a livello globale e ripercorre dal punto di vista temporale la storia economica che ha caratterizzato lo sviluppo dell’economia mondiale fino ai nostri giorni. I settori economici interessati sono quelli della “real economy”, primi su tutti quelli legati alle produzioni agricole, alla costruzione di immobili e al settore manifatturiero, ai servizi quali quelli postali e bancari ma anche la ristorazione.
L’azienda più antica al mondo è la Kongō Gumi, un’azienda edile giapponese di Osaka, oggi parte del gruppo Takamatsu Construction Group, che da oltre 1.400 anni e 40 generazioni di imprenditori opera senza interruzione costruendo o ristrutturando templi religiosi.
Anche l’Italia vanta un suo primato e si posiziona nella top 10, grazie alla Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone in Molise che, con una storia lunga oltre 1000 anni, risulta essere il più antico stabilimento al mondo per la fabbricazione di campane.
Le aziende longeve possono essere considerate Innovation Driven Company?
Spesso parlando di innovazione si associa questo concetto a quello del cambiamento, sempre più veloce, profondo e continuativo. La capacità di restare sul mercato per un periodo di tempo così lungo implica che queste aziende possano essere considerate delle innovation driven company?
A rigor di logica viene da pensare che ci sia una relazione diretta, ma non tutto è sempre come sembra; per rispondere a questa domanda possiamo approfondire il racconto di Masakazu Kongō, l’ultimo presidente e il quarantesimo imprenditore della famiglia Kongō a guidare l’azienda Kongō Gumi prima che venisse acquisita dal gruppo Takamatsu nel 2006. Prima della sua vendita, la ditta aveva 100 dipendenti e un giro di affari di 7,5 miliardi di yen (70 milioni di dollari – dati del 2005), prevalentemente generati dalle attività di costruzione di templi buddisti.
Sfortunatamente, la Kongo Gumi era arrivata sull’orlo del fallimento nel 2006. Cosa fece cadere un’azienda dopo 1.428 anni?
In primis il cambio del proprio modello di business gestito senza avere adeguate skill. KongoGumi prosperò per 14 secoli costruendo templi, crollando in un paio di decenni dopo essere entrata nel settore Real Estate ed aver realizzato una serie investimenti immobiliari sbagliati negli anni ’80. All’epoca infatti il settore immobiliare giapponese sembrava un affare da non perdere, quindi è forse comprensibile il tentativo di innovare il proprio business model tradizionale.
In secondo luogo, investire indebitando l’azienda nel momento sbagliato e per la ragione sbagliata. Chiaramente nessuno può prevedere il futuro, ma la Kongo Gumi si indebitò poco prima che la bolla dell’economia giapponese degli anni ’80 crollasse e inaugurasse in un decennio di depressione.
Infine, voler innovare senza valorizzare i propri asset distintivi e i propri punti di forza. La millenaria tradizione della Kongo Gumi era in gran parte dovuta a una cosa: costruiva templi in una società conservatrice con una religione estremamente stabile. Quindi per un lunghissimo periodo non dovette cambiare, o almeno non spesso e non molto. Quando invece la società giapponese cambiò drasticamente a seguito di quello che fu probabilmente lo sconvolgimento più grave della storia del paese, la Seconda Guerra mondiale, anche le richieste di nuovi templi e le donazioni a favore dell’azienda si ridussero notevolmente.
La flessibilità dimostrata in passato dall’azienda, che aveva persino convertito per un periodo il proprio business nella costruzione di bare in legno, questa volta non fu bene indirizzata, dimenticando di valorizzare la propria competenza principale, la costruzione di edifici in legno, a favore di attività speculative nel settore immobiliare.
Per restare sul mercato a lungo serve l’innovazione
È interessante constatare inoltre come le cause sopra menzionate siano grosso modo le stesse evidenziate in un recente report di CB insight circa le principali cause di fallimento di una startup.
La risposta alla domanda iniziale resta dunque: si, rimanere sul mercato per un così lungo periodo dimostra la capacità di saper innovare nel tempo, ma questo concetto di innovazione sostenibile e di lungo periodo va oltre l’attuale immaginario di innovazioni di successo, basate sul fast scale delle startup e sull’utilizzo di tecnologie a crescita esponenziale.
Innovare mantenendo solidità aziendale, valorizzando i propri asset ed interpretando i trend futuri implica in primis la necessità di avere una chiara identità, una diffusa cultura aziendale e delle skills adeguate alla gestione del cambiamento. Tutte tematiche di attualità anche ai giorni nostri, sia che si parli di big tech, di imprese con più di mille anni di tradizione o di startup neo fondate.