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Che cosa dice il fallimento di Pebble sul mercato dei wearable (e sul crowdfunding)

Non me lo aspettavo ma la fine del dispositivo segnala diversi problemi sul fronte degli smartwatch. Ma suona anche un campanello di allarme per piattaforme come Kickstarter e Indiegogo: prodotti lanciati con grande successo, ma società che poi falliscono. Perché?

Pubblicato il 15 Dic 2016

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Andrea Dusi, imprenditore seriale e business angel

Devo ammettere che non me l’aspettavo. Tre anni va avevo previsto il fallimento degli italianissimi Im watch ipotizzando invece per Pebble un futuro sicuramente positivo. Invece è di questi giorni la notizia della chiusura delle attività con la cessione a Fitbit. Per Fitbit è una mossa sicuramente interessante per competere contro Apple nel mondo dei wearable anche se si tratta essenzialmente di acquisirne gli ingegneri, i tester e tutta la proprietà intellettuale (il sistema operativo, le app e i servizi in cloud, …)

I numeri non sono ancora ufficiali. Si parla però di una cifra compresa tra i 34 e i 40 M USD (ma le passività di Pebble sono ben superiori). Sono dispiaciuto da questa notizia e malgrado i molti segnali non avevo mai approfondito.

Da bravo nerd avevo comprato entrambe le versioni su Kickstarter. La prima, che raccolse oltre 10 milioni di dollari, nel 2012. Il modello si chiamava e-paper per la tecnologia dello screen che lo faceva assomigliare al Kindle. La seconda versione, il Pebble 2, nel 2014 aveva raccolto oltre 6 milioni di dollari, di cui il primo milione raccolto nel giro di soli 60 minuti.

Non avevo preso la terza versione, pochi mesi va, che aveva raccolto quasi 13 milioni di dollari.

Ma la vera domanda è: ho mai usato questi smartwatch?

Forse 2 volte, poi regalati entrambi a mio fratello che a sua volta non li ha mai messi. Un’avvisaglia della poca utilità? Mi hanno anche regalato l’anno scorso l’Apple Watch. Ma anche qui… ci ho provato e riprovato ad utilizzarlo ma niente. Pensavo di essere io non adatto agli orologi in generale (non uso un orologio da almeno 20 anni) ma come vedremo la realtà è diversa.

Tornando all’argomento: come mai Pebble non ha funzionato, malgrado il grande successo su Kickstarter?

Credo i problemi di fondo siano stati i seguenti:

a) l’incapacità del management di Pebble di ascoltare il mercato (o almeno di leggere i dati).
Le persone non vogliono indossare uno smart phone al polso. Sulla carta siamo tutti eccitati di avere certe applicazioni, ma alla fine al polso vuoi qualcosa di fashion o di semplice. Con funzionalità di base. Non si muore dalla voglia di indossare un Pebble. Se vuoi un’APP bella tiri fuori il telefono.

b) Un mercato che non cresce anzi. L’ultimo report IDC (dicembre 2016) evidenzia una decrescita degli smartwatch di oltre il 50% a pari periodo. Se inseriamo anche i device “sportivi” e “medicali” il mercato ha una leggera crescita (2016 vs 2015) del 3%.

c) l’incapacità di creare un ecosistema integrato. Per quanto Pebble avesse un sistema aperto, permettendo (o sperando) a sviluppatori terzi di creare applicazioni, di fatto era un device relativamente chiuso, non collegato “naturalmente” ad altri pezzi di hardware. Apple Watch sopravvivrà (malgrado il -71% dell’ultimo quarter 2016 vs 2015), grazie all’ecosistema dei prodotti della società di Cupertino e la conseguente facilità di integrazione con iphone, ipad, mac, etc. Idem per Samsung Watch. Credo Fitbit invece farà comunque fatica a sopravvivere, malgrado l’acquisizione e a raggiungere i volumi necessari per andare a break even (ha già perso 42 dollari per azione dal momento dell’IPO nel 2015). Jawbone infine sta avendo problemi dall’inizio dell’anno.

d) la cattiva gestione finanziaria. I soldi che incassi in anticipo da queste piattaforme di crowdfunding non è cassa a tua disposizione ma necessita di essere gestita in modo parsimonioso con un’attenzione fortissima ai costi non operativi.

e) l‘eccessiva focalizzazione su R&D e poca sul Marketing (quante volte si è vista in società fallite!). 3 versioni in 4 anni troppi per una startup, che era di fatto sconosciuta fuori dalla comunità dei nerd.

Credo che il mercato degli smartwatch continuerà a non avere nei prossimi mesi uno sviluppo importante. Operatori come Withings e Fossil (semplici e con poche funzionalità) cresceranno ancora, questo si, ma per avere uno sviluppo esponenziale in questo mercato dovremo aspettare di poter utilizzare questi strumenti anche per servizi aggiuntivi, come effettuare pagamenti, aprire cancelli, entrare in casa, azionare l’auto… allora si che vedremo qualcosa di interessante.

Ci sarebbe da parlare poi di come per piattaforme come Kickstarter questo sia l’ennesimo campanello di allarme: prodotti lanciati con grande successo ma con le società impossibilitate a consegnare il prodotto o addirittura fallire. Ma questo argomento merita una riflessione a parte, anche se una provocazione la faccio comunque: non sembra quasi che Kickstarter/Indigogo e similari spingano i prodotti come qualche volta i Venture Capitalist fanno con le startup?

Ah dimenticavo, solo 16 mesi fa Eric Migicovsky il founder di Pebble, ha rifiutato un’offerta di acquisizione da 740 milioni di $ da parte di Citizen. Non era un’azienda abbastanza sexy a cui vendere?

* Andrea Dusi è un imprenditore seriale, advisor e business angel con un portafoglio di oltre 50 investimenti in startup tecnologiche italiane e straniere. È stato co-founder e amministratore delegato di Wish Days, storia di successo italiana creata nel 2006 e venduta ad un gruppo internazionale nel 2016. Scrive di scenari, startup e le lezioni dai fallimenti sul blog startupover

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