Caro Renzi, la rivoluzione digitale non è una passeggiata/1

Siamo sicuri che tutte le aziende abbiano bisogno della banda larga? O che il ritardo nel suo uso sia colpa della “ignoranza” delle Pmi? Quali risultati e benefici hanno avuto le politiche seguite finora? Lettera aperta, in tre parti, sulle cose da fare e i falsi miti da evitare nella strada dell’innovazione

Pubblicato il 04 Mar 2014

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Andrea Granelli

Caro neopremier Renzi,
conoscendo la tua visione, le tue energie, la tua voglia di innovazione e il tuo amore per il digitale, mi permetto, spero facendo cosa utile, di fare qualche riflessione a voce alta sui temi del digitale (e dell’innovazione). Temi che, come sai, ho sempre amato e frequentato. Forse sembrerà una voce un poco fuori dal coro; ed è forse per questo te ne voglio parlare. Alcune domande preliminari

Perché, dove la banda larga c’è e da tempo, ancora oggi moltissime piccole imprese continuano a non essere collegate, o a usare male il digitale?

Siamo proprio sicuri che la stragrande maggioranza delle imprese abbia assolutamente bisogno della banda larga o larghissima (vitale invece per le nuove frontiere dell’intrattenimento)?

Perché si continua a dare la colpa del basso utilizzo del digitale solo alla diffusa “ignoranza” delle Pmi che quindi devono essere forzatamente “alfabetizzate”?

Perché nonostante il crescente information overload e il sempre più diffuso inquinamento informativo, si continua a pensare che gli open data pubblici saranno la vera svolta del digitale?

Perché si pensa che le Pmi entreranno nell’era digitale solo grazie ai massicci investimenti nell’e-government? Fatturazione elettronica e identità digitale (e firma digitale) sono il punto di partenza per far sì che le Pmi si innamorino del digitale? Non c’è il rischio che la burocrazia scarichi altri costi, soprattutto sulle Pmi, anche se sotto forma di attività digitali ?

Le domande sono complesse e non possono essere affrontate sbrigativamente. Le ho poste all’inizio di questa riflessione per un semplice motivo. Ritengo infatti che molte delle cose fatte sul digitale negli ultimi anni abbiamo avuto dei benefici molto al di sotto delle attese, ma mi sembra che nessuno abbia voglia di capire perché ciò sia accaduto. La ricetta per una ripresa grazie al digitale ha sempre lo stesso refrain: più banda larga per tutti, priorità di risorse all’e-government che è il punto di svolta per il Paese, piani massivi di alfabetizzazione digitale, riempire di tablet e di lavagne elettroniche le scuole, entrare nel paradiso dei big data, attendere spasmodicamente l’avvento dei nativi digitali

Continuare a considerare come punto di partenza solo il potere abilitante (e mirabolante) delle tecnologie ha mostrato i suoi limiti. Dobbiamo ripartire dalle vere opportunità (o problemi), quelle di cui i futuri utilizzatori sono già consapevoli e hanno solo bisogno di un piccolo aiuto (o economico o formativo) per fare l’ultimo miglio. Pensare che siano solo i fornitori di ICT a definire le priorità del digitale e quindi le priorità delle aziende clienti poiché questi ultimi “non si rendono conto o non capiscono i vantaggi del digitale e sono quindi come indigeni da alfabetizzare” non ha più senso.Oltretutto, non mi è mai capitato di sentire, da parte dei fornitori di ICT, una minima ammissione di responsabilità sullo stato di arretratezza in cui versa l’Italia digitale.

Come se ciò non dipendesse anche dalle offerte presenti sul mercato, dalla capacità di fare marketing, di seguire i clienti nella post-vendita, di orientare certi utilizzi, di formare – soprattutto le piccole aziende, gli artigiani, i coltivatori diretti, le cooperative sociali in un certo modo. Anche in questo caso, come in altri temi, la risposta corale dell’Italia produttiva tende ad essere: è colpa della politica, che non fa le leggi giuste, non dà seguito all’Agenda digitale; è colpa degli utenti, che sono ignoranti e continuano a non studiare per diventare cittadini digitali a tempo pieno; è colpa delle aziende che si ostinano a rimanere piccole e a non occuparsi di tecnologie e innovazione.

* fondatore della società di consulenza Kanso, già creatore di Tin.it

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