In questi giorni l’attenzione di molti è focalizzat sul Tech Transfer, il trasferimento tecnologico, e devo rilevare che la più significativa scoperta che ho fatto è sull’invenzione dei brevetti. Ebbene, i brevetti sono stati “brevettati” in Italia, o meglio, a Venezia.
Devo questo arricchimento al libro di Massimo Sideri, Innovation Editor del Corriere della Sera, che si è divertito e appassionato nello scrivere “La Sindrome di Eustachio – Storia italiana delle scoperte dimenticate”.
Si torna indietro al 1474 in quella che Sideri definisce “Venezia, la nostra Silicon Valley ante litteram”. L’America non era ancora stata scoperta. E il West sarà conquistato solo molto molto più avanti. Ma in poco più di 500 anni, la laguna è diventata baia, i ponti si sono allungati e la Serenissima pare essere San Francisco. Ci siamo mangiati il vantaggio.
Il documento scovato su Treccani inizia con questa recita: “La città di Venezia, per la sua grandezza e la sua liberalità, attira da diverse parti del mondo e ospita persone di acutissimo ingegno, capaci di escogitare e realizzare ingegnosi artifici. Se fosse possibile garantire a queste persone che è proibito agli altri di copiare, una volta visti, questi artifici, usurpando all’inventore in questo modo il vantaggio e l’onore della scoperta, queste persone potrebbero esercitare liberamente il loro ingegno e potrebbero trovare e realizzare delle cose che sarebbero di non poca utilità e beneficio per la Repubblica di Venezia.”
La chiave di tutto sembra essere la libertà. La libertà attrae i talenti che si possono esprimere quando tutelati. E i benefici sono per tutta la Repubblica. Lo avevano già capito allora. La scienza così si è trasferita e trasformata in industria, e tutti noi, non solo a Venezia, ne abbiamo beneficiato.
Il paradosso è che proprio oggi, proprio in Italia, si mette in dubbio l’utilità del brevetto. E qualcuno applaude come a un successo alla convention #Sum01, l’evento organizzato lo scorso aprile dall’Associazione Gianroberto Casaleggio, dal tema “Capire il Futuro”, il “Futuro della Medicina”. Altri 500 anni da recuperare…
Lunga vita ai brevetti.