Gli unici Paesi che riescono a brillare nell’economia globale sono gli Stati Uniti e, in misura minore, il Regno Unito. Perché hanno rifiutato le politiche di austerity imposte dall’Europa e hanno puntato fortissimo sullo sviluppo della nuova imprenditoria digitale hi tech. La pensano così Fabio Sdogati, docente di Economia Politica al Politecnico di Milano e autore del blog Scenari economici, e Andrea Rangone, docente di Business Strategy e responsabile degli Osservatori Startup del Politecnico.
L’analisi dei due professori è contenuta in un video dibattito andato in onda su Class Cnbc (che potete vedere cliccando sotto). “La contrazione indotta dai governi europei sul ciclo economico globale ha colpito anche i Paesi emergenti”, ha esordito Sdogati. “Gli unici a salvarsi sono i Paesi sfolgoranti del momento: Stati Uniti e, in misura minore, Regno Unito. Tuttavia, la caduta dei prezzi del petrolio potrebbe avere degli effettivi positivi sull’economia, a patto che questo calo venga traslato su consumatori e famiglie in modo da liberare reddito”
“Il gap tra Usa e altri Paesi si spiega anche con il fatto che lì credono nell’innovazione e nella nuova imprenditorialità: basta pensare che il 95% dei nuovi posti di lavoro creati ogni anno proviene da aziende che hanno meno di cinque anni di vita“, gli fa eco Rangone. “Ecco perché non basta guardare alle imprese tradizionali: dobbiamo diffondere più possibile questa nuova cultura imprenditoriale legata al digitale e all’innovazione. Le nuove norme dedicate alle startup in Italia vanno nella giusta direzione ma c’è ancora tanto da fare”.
Ma ci sono le risorse per le imprese? Sdogati, come aveva spiegato anche in questo intervento pubblicato su EconomyUp, ritiene che le banche abbiano abbandonato il loro ruolo di intermediari tra risparmio e investimento e si siano dedicate quasi esclusivamente alla gestione dei patrimoni privati. Per questo, dice il docente “probabilmente le imprese hanno bisogno di guardare altrove per trovare finanziamenti”.
E se anche gli istituti di credito fossero disponibili a prestare denaro alle imprese – rincara la dose Rangone -, non avrebbero gli strumenti per comprendere le esigenze di quelle più innovative. “Le Pmi e le startup che operano nei nuovi settori hanno piani di business piu complicati: il mondo bancario sembra completamente sordo o quasi, anche in presenza di parametri di redditività positivi, e ha difficoltà a trasferire risorse verso questo settore”.
Cosa dobbiamo aspettarci per il 2015? “L’anno prossimo – conclude Sdogati – non andrà meglio. Salvo qualche zero virgola in più o in meno non vedo grandi novità. Piuttosto, vedo in Italia un grande fermento che due-tre anni fa non c’era a livello di imprese: hanno capito che non serve replicare ciò che faceva il babbo. Stiamo ritrovando la voglia di fare, anche se non si legge nei grandi numeri. Grazie alla nostra imprenditorialità possiamo guardare con speranza al futuro”.