Le terre rare sono uno degli elementi al centro del conflitto russo-ucraino. Come riportato dai media di tutto il mondo, in queste settimane è alla ribalta il “Framework Agreement of US and Ukraine on Developing Critical Minerals“, un accordo che potrebbe influenzare strategicamente l’esito del conflitto e gli stessi negoziati di pace.
Ma di cosa si tratta esattamente? Innanzitutto, è importante distinguere tra “materie prime critiche” e “terre rare”, che, nonostante il nome, non sono in realtà così rare. La bozza di accordo diffusa finora prevede l’istituzione di un “Reconstruction Investment Fund” finanziato dalla futura monetizzazione di tutte le risorse naturali ucraine di proprietà del governo. Queste risorse includono minerali, idrocarburi, petrolio, gas naturale e altre materie prime estraibili, tra cui, anche, le terre rare. Insomma, un po’ di tutto.
Quali sono le terre rare?
Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici relativamente abbondanti: scandio, ittrio e i lantanoidi.
Occupano una posizione precisa nella tavola periodica, staccata da tutti gli altri per le loro peculiari proprietà elettroniche, e condividono proprietà chimiche simili, rendendo la loro separazione un processo complesso.
Secondo l’US Geological Survey (USGS), agenzia governativa statunitense, la loro abbondanza nella crosta terrestre varia notevolmente, dal cerio, che è il 25° elemento più abbondante, fino al tulio e al lutezio, che sono i meno abbondanti.
Quindi, in realtà, a parte alcuni elementi molto particolari, le terre rare sono piuttosto abbondanti, sebbene non siano i minerali più comuni del pianeta.
Ad esempio, la “terra rara” cerio è più abbondante del rame, utilizzato per realizzare cavi elettrici e molti utensili, o del cobalto, impiegato nelle batterie di smartphone, computer e tablet (e, in parte, nelle batterie per auto elettriche), o ancora del piombo, minerale diffuso fin dai tempi degli antichi Egizi. Per non parlare di elementi come l’uranio o lo stagno, molto meno abbondanti, o dei metalli nobili come argento, platino e oro, che sono estremamente rari in confronto.
A cosa servono le terre rare
Gli elementi delle terre rare e i metalli rari sono essenziali per la produzione di vetro, luci, magneti e convertitori catalitici.
Si trovano in dispositivi elettronici come smartphone e computer, così come in auto elettriche.
Terre rare per i motori elettrici
Contrariamente a quanto si pensa, non vengono però impiegati nelle batterie delle auto elettriche, bensì nei loro motori, grazie ai magneti permanenti a base di neodimio, disprosio, praseodimio e samario.
Terre rare per l’energia pulita, l’aerospazio, le fibre ottiche
Nel campo delle energie pulite, troviamo le terre rare nelle turbine eoliche. Per realizzare il magnete di una turbina servono circa 300 kg di neodimio, oltre ad altre terre rare come il disprosio. Altri impieghi includono ceramica, leghe metalliche avanzate, componenti aerospaziali, lampade, tubi a raggi X, catalizzatori per la raffinazione del petrolio, purificatori d’acqua, laser, hard disk, display LCD e componenti per le fibre ottiche (internet, telefonia).
E tra gli usi più curiosi delle terre rare ci sono le mazze da baseball, i vetri degli schermi dei cellulari (per ridurre la distorsione, con il primo utilizzo risalente all’iPhone del 2008), i magneti per i minuscoli altoparlanti degli smartphone e altri componenti che migliorano la brillantezza dei colori degli schermi piatti.
Perché le terre rare si chiamano così?
Ma allora perché si chiamano “terre rare”? Il termine “terre rare” risale al 1788, quando in una miniera del villaggio di Ytterby, vicino a Stoccolma, fu scoperta una roccia nera sconosciuta. Il minerale fu definito “raro” perché mai visto prima. La cittadina svedese ha dato il nome a ben quattro terre rare: itterbio, terbio, erbio e ittrio.
Una peculiarità delle terre rare è che si trovano tutte nello stesso gruppo della tavola periodica degli elementi, i lantanidi.
Dal punto di vista chimico, ciò significa che condividono proprietà molto simili, rendendone difficile l’estrazione (le miniere contengono quantità disperse e non concentrate) e la separazione per ottenerle in forma pura, ovvero metallica (quella effettivamente utilizzata).
La separazione delle terre rare ha rappresentato una sfida per decenni e, ancora oggi, risulta un processo estremamente complesso, che richiede l’estrazione dei metalli dai minerali che li contengono.
Chi possiede le terre rare?
Nel 2024, i principali produttori di terre rare sono stati la Cina (70% della produzione mondiale, pari a 270.000 tonnellate, ma con una capacità di raffinazione che arriva a circa il 90% del totale), seguita dagli Stati Uniti (11%) e dal Myanmar (già noto come Birmania) con l’8%. Tra i primi 16 produttori non figura l’Ucraina, che rientra nella categoria “resto del mondo”, che contribuisce complessivamente solo allo 0,3% della produzione.
Per quanto riguarda le riserve, ovvero la quantità di terre rare estraibile con le tecnologie attuali, la Cina domina con circa il 50% del totale (45 milioni di tonnellate), seguita dal Brasile, che detiene circa il 25% delle riserve mondiali.
…ma in Ucraina ci sono terre rare?…
Secondo l’agenzia governativa statunitense USGS precedentemente citata, attualmente non ci sono evidenze di riserve di terre rare in Ucraina. Le uniche menzioni di giacimenti di terre rare nel paese provengono da vecchi rapporti sovietici degli anni Sessanta-Settanta che ipotizzavano la presenza di questi elementi nel territorio ucraino, senza conferme scientifiche recenti.
Al contrario l’Ucraina è ricca di altri minerali.
Il Donbass ospita il più grande giacimento di litio d’Europa, essenziale per le batterie delle auto elettriche, ovvero esattamente le stesse che il Presidente statunitense Trump ha criticato nel suo discorso al Congresso del 4 marzo 2024 (“And importantly, we ended the last administration’s insane electric vehicle mandate, saving our autoworkers and companies from economic destruction”).
L’area è anche ricca di titanio, che oggi trova impiego principalmente nel settore delle vernici e dei rivestimenti superficiali, della plastica, della carta, dei catalizzatori (ad esempio nel campo del trattamento anti-inquinamento degli edifici), dei materiali per la protezione da raggi-UV (creme solari). È certamente un componente importante anche delle batterie dei veicoli elettrici (negli anodi a litio-titanio) e i veicoli Tesla contengono una protezione sottoscocca in titanio che protegge dagli incendi della batteria.
Il Paese ha anche riserve considerevoli di grafite, il componente principale degli anodi di tutte le batterie a litio-ione delle vetture elettriche.
L’Ucraina detiene, inoltre, la più grande riserva di manganese in Europa, usato anch’esso – indovinate un po’? – nelle batterie NMC, le più comuni, per auto elettriche.
Anche se si trovassero terre rare in Ucraina, i tempi per l’estrazione e la raffinazione sarebbero molto lunghi (15-20 anni), ben oltre l’era Trump.
Dunque, perché gli Stati Uniti, il secondo produttore mondiale, stanno parlando di terre rare in un paese dove non vi sono risorse accertate? Sembrerebbe che Trump voglia competere con la Cina, che negli ultimi 20 anni ha acquisito il controllo su molte riserve di minerali critici, lavorandoli nel proprio paese per poi produrre batterie per auto elettriche, settore in cui il paese asiatico è indiscusso leader mondiale.
Il risultato? Un intricato scenario politico ed economico.
Le terre rare in Italia
L’Italia non possiede miniere di terre rare né riserve significative che vale la pena sfruttare. Tuttavia, è opportuno allargare lo scenario al tema più generale dell’approvvigionamento di materie prime critiche, che è diventata una priorità per l’Unione Europea.
Il “Critical Raw Materials Act” (CRMA), entrato in vigore il 24 maggio scorso, mira a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile per le materie prime strategiche, riducendo la dipendenza da Paesi politicamente instabili. Si prevede, in particolare, che la domanda europea di terre rare aumenterà di sei volte entro il 2030 e di sette volte entro il 2050.
L’Italia ha incaricato ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, di realizzare un programma nazionale di esplorazione mineraria generale, con la creazione del database nazionale GeMMA (Geologico, Minerario, Museale e Ambientale).
In Italia sono attualmente attive 76 miniere. Di queste, 22 estraggono materiali che rientrano effettivamente nell’elenco delle 34 materie prime critiche dell’UE, ma solo due minerali critici sono attualmente estratti: il feldspato (20 miniere, soprattutto in Sardegna e nell’arco alpino), minerale essenziale per l’industria ceramica, e la fluorite (2 miniere, rispetto alle oltre 90 in passato), utilizzata nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione. Nessuna di queste miniere contiene terre rare.
In conclusione, l’approvvigionamento di materie prime critiche resta un nodo strategico per il futuro industriale dell’Europa e degli Stati Uniti, con la Cina che mantiene una posizione dominante proprio nel settore delle terre rare.
Il ruolo dell’Ucraina è rilevante, ma, a giudicare dai dati geologici, non tanto per le terre rare, quanto piuttosto per il futuro dell’auto elettrica. Il nodo ingarbugliato da sciogliere è nelle mani della coppia Trump/Musk.