Se vi chiedessero qual è la società che ha messo su strada il primo camion elettrico a guida autonoma probabilmente rispondereste Tesla, Daimler, Volvo o magari Waymo o Lyft. E invece non è stata nessuna di queste. Il primato infatti non spetta a un costruttore noto, ma a Einride, una piccola, innovativa società svedese specializzata nei trasporti pesanti con veicoli elettrici. Ma andiamo con ordine.
Einride, Storia & finanziamenti
Einride è stata fondata a Stoccolma nel 2016 da Robert Falck, Filip Lilja e Linnéa Kornehed. Il suo nome significa “cavaliere solitario” e fa riferimento a Thor, il dio del tuono e della tempesta nella mitologia norrena. Nel 2017 ha presentato il suo primo prototipo operativo di camion a guida autonoma, chiamato T-Pod, e alla fine dell’anno successivo ha iniziato i test in Svezia in ambiente privato. A maggio del 2019 ha ricevuto l’autorizzazione per esercitare su suolo pubblico, in un breve tratto stradale tra la capitale svedese e Goteborg, ma è solo lo scorso anno che ha lanciato la sua piattaforma per la gestione del traffico merci, il suo vero core business.
Le attività sono state sostenute da diversi round di finanziamenti, i primi due di Serie A da 10 e 25 milioni di dollari nel biennio 2019-20, e poi 110 milioni qualche settimana fa, a maggio 2021. Vale la pena notare che tra gli investitori di questa Serie B c’è anche il gruppo Moller-Maersk ovvero il più grande armatore di navi mercantili del mondo.
I tir innovativi di Einride chiamati Pod
Einride è attualmente al lavoro con due tipi di veicoli: il primo è un terzetto di tir tradizionali da 9, 16 e 24 tonnellate a motorizzazione elettrica e guida umana, usati da grandi marchi come Coca-Cola, Oatly, Lidl, Ericsson e Electrolux. Il secondo, invece, è quello che attira gli sguardi e le attenzioni, dal momento che a prima vista appare come una visione dal futuro: una specie da camion-drone. Si tratta di tir elettrici a guida autonoma privi di cabina di guida e per questo più compatti (circa 7 metri più corti). Il loro nome sarebbe AET, Autonomous Electric Transport, ma alla Einride li chiamano semplicemente “Pod”, navicella.
Attualmente la società ne sta sviluppando quattro modelli. AET 1 e 2 sono già operativi e sono destinati rispettivamente alla circolazione in aree chiuse o con la presenza di brevi segmenti di strada pubblica. Entrambi hanno una capienza limitata e sono caratterizzati da bassa velocità tra nodi predeterminati. Gli altri due invece, dotati di dimensioni maggiori, sono ancora in fase di sviluppo e non vedranno la luce prima del 2023: AET 3 dovrebbe operare su percorsi pubblici minori e non troppo trafficati, mentre AET 4 arriverà a coprire anche grandi arterie ad alta velocità. In questo momento la società possiede un parco di circa 10-20 veicoli, ma con l’ultima raccolta fondi punta moltiplicare questo numero per 5-6 volte, anche in vista dello sbarco annunciato negli USA (entro la fine del 2021).
Come funzionano
Ogni Pod è dotato del classico equipaggiamento per la guida autonoma ossia videocamere, radar e lidar oltre a tutto il necessario per mantenere una connessione dati con la centrale operativa. Grazie a un fitto sistema di sensori il veicolo ha una consapevolezza di tutto quello che avviene a 360°, ma può comunque essere teleguidato a distanza. Un operatore può infatti manovrare sterzo, accelerazione, freni e altre funzioni se le condizioni o la situazione lo dovesse richiedere. In teoria i Pod hanno un livello di guida autonoma SAE 4 e sono perciò in grado di navigare da soli nella stragrande maggioranza dei casi, oltre a riuscire a connettersi in autonomia alle stazioni di ricarica presenti lungo il percorso.
La piattaforma per il telecontrollo consente a un operatore di guidare più di una vettura per volta, ma la legge svedese per ora ha imposto il limite di una persona per camion per viaggio. Pur non avendo una cabina e non prevedendo la presenza di un essere umano per la sua guida, Einride è convinta che i Pod non renderanno obsoleti gli autisti, ma al contrario saranno l’occasione per un miglioramento delle loro condizioni lavorative.
L’azienda ha già assunto alcuni camionisti per supervisionare le operazioni da remoto e ha promesso di proseguire questa politica quando sbarcherà negli USA e nel resto d’Europa. Se l’avvento del servosterzo ha cambiato la stazza richiesta agli autisti di mezzi pesanti, questo avanzamento tecnologico non minaccia di farli estinguere, ma piuttosto di farli diventare stanziali e molto più simili a comuni impiegati che tornano a casa dopo aver svolto il turno davanti ai monitor.
Secondo Robert Falck, CEO di Einride, l’attuale sistema di trasporto merci su gomma è altamente inefficiente: i camion costano troppo, viaggiano molto e spesso a mezzo carico e sono legati ai limiti orari degli autisti. I Pod invece possono essere attivi sempre, tutto il giorno, tutti i giorni, senza le restrizioni orarie di chi li “guida”, ma soprattutto possono abbattere le emissioni di CO2 del 90%. A livello operativo invece, la società dichiara risparmi del 60% dei costi di trasporto e aumenti di produttività fino al 200%. Questi miglioramenti verrebbero raggiunti grazie alla piattaforma di gestione della flotta.
Il software infatti non solo permette il controllo a distanza dei mezzi, ma li coordina su strada e, integrando i dati dei clienti con quelli del traffico, dell’autonomia residua e dei consumi previsti, ottimizza i tempi di consegna attraverso un’IA. Come dichiara lo stesso Flack, la società non è una casa automobilistica ed è anzi prima di tutto dedita allo sviluppo software.
Un modello di business peculiare
Einride non costruisce i propri mezzi e adotta un modello di business TaaS (Transportation-as-a-Service): nessuno può acquistare i Pod, ma solo pagare un abbonamento per il trasporto delle merci. L’azienda si comporta come Apple con i suoi prodotti: è responsabile del design, della tecnologia e del branding e mantiene il controllo assoluto della catena di produzione, assemblaggio e logistica, tutta in outsourcing.
La principale ragione per questa scelta radicale è il fatto che le sinergie e le efficienze possibili a livello di flotta sono nettamente superiori, ma per essere raggiunte richiedono un’attenta pianificazione e un ragionamento sistemico, anche in considerazione dei tempi necessari per la ricarica dei mezzi.
Pur se assolutamente affascinanti i Pod hanno appena iniziato a circolare su strada e non è chiaro, al di là dei progetti di espansione dichiarati, quando la società potrà allargare le sue operazioni entrando in nuovi mercati e andando oltre il trasporto a breve raggio. Il limite più grande però – come sempre in questo settore – è rappresentato dalla normativa più che dagli aspetti tecnici.