La sfida dell’innovazione interessa tutte le industrie e tutti i comparti, anche chi fa sedili per l’automotive. “Bisogna innovare, sempre, ogni giorno; sono gli stessi operai a chiedermi il digitale e la sensoristica della Fabbrica 4.0. E in tutte le nostre fabbriche, dal Messico all’Africa, mettiamo in atto lo stesso tipo di innovazione e digitalizzazione” dice Nicola Giorgio Pino, Presidente del Cda di Proma Group, società nata Caserta nel 1980 con il primo stabilimento di produzione di stampati metallici per l’industria automotive. Pino ha appena vinto, nell’ambito del Premio EY Imprenditore dell’anno, il riconoscimento Industrial Products. Motivazione: “per il coraggio e la perseveranza con cui è riuscito a creare, far crescere e trasformare una piccola realtà industriale in un eccellente gruppo globale grazie ad un’attenta valutazione delle esigenze del cliente, acquisizioni integrate ed una costante attività di innovazione, mantenendo sempre un forte legame con il territorio del Sud Italia”. Ma vediamo innanzitutto chi è Pino e cosa fa Proma Group.
Nato a Limbadi (Vibo Valentia) nel 1949, inizia la carriera nel mondo automotive lavorando per multinazionali del settore che gli permettono di metabolizzare una metodologia professionale evoluta. Dopo aver ricoperto diversi ruoli dirigenziali, nel 1980 costituisce la prima società. Insignito di alcune onoreficenze (nel 1998 Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, nel 2016 Cavaliere del Lavoro). Pino ha costituito in Proma un gruppo di ricerca e sviluppo, dotato delle migliori tecnologie esistenti, grazie al quale ha portato a completamento la registrazione di oltre 20 brevetti internazionali.
Nella metà degli anni ’80 con il deposito di un brevetto internazionale viene avviata la produzione del martinetto; negli stessi anni le unità produttive del Gruppo aumentano a quattro. Negli anni ’90 il Gruppo incrementa la sua quota di mercato ed il suo parco clienti automotive. Gli anni ’90 coincidono anche con la prima internazionalizzazione attraverso l’apertura dell’unità produttiva in Marocco (Casablanca). A quest’ultima si aggiungono un’unità produttiva in Italia (Avellino), specializzata nella produzione di cerniere e serrature. I primi anni 2000 vedono il consolidamento della divisione strutture sedili auto con l’acquisizione degli stabilimenti metal di Melfi e di Pozzilli dalla Lear Corporation. L’internazionalizzazione del Gruppo procede negli stessi anni con l’apertura di unità operative in Spagna (Saragozza), Polonia (Tychy). Nel 2007 viene inaugurato il Centro di Ricerche di Caserta a supporto delle attività di progettazione e sviluppo del Gruppo. Nel 2010 viene siglata una partnership per lo sviluppo delle attività in Messico. Nel 2011 viene avviata la costruzione dello stabilimento in Serbia (Kragujevac). All’inizio del 2012 il Gruppo ha iniziato le sue attività industriali in Brasile, con il primo stabilimento a Betim (MG) ed il secondo a Goiana (PE); nel 2017 è stato inaugurato il nuovo sito produttivo di Cordoba in Argentina. I programmi di espansione del Gruppo nel medio termine prevedono l’espansione in Nord America (2018) ed in Cina (2020). Ad oggi Proma è presente in 3 continenti con 23 stabilimenti produttivi.
Nicola Giorgio Pino è un’industriale 68enne con la verve di un ragazzino. Parlando con EconomyUp ripete parole chiave come “passione”, “lavoro”, “amore”, “curiosità”. La sua convinzione è che la qualità, l’internazionalizzazione e l’innovazione rappresentino i drivers fondamentali per una solida crescita aziendale. Convinzione che ha contribuito a portare un’impresa del Sud come la sua ad espandersi nel mondo in un settore sempre più sfidante.
Che cosa c’è di innovativo in un’azienda che esiste da 37 anni?
L’innovazione pura che abbiamo nel nostro gruppo è la testa di tutte le persone vi lavorano. Abbiamo sempre cercato di inculcare ai nostri collaboratori il concetto di miglioramento continuo. Quindi processi, prodotti e strutture vengono innovati ogni giorno. Qualsiasi prodotto, anche maturo, si può sempre migliorare. Ai miei giovani ingegneri dico: “Vedete questo prodotto? Pensate a come potete farlo meglio”.
È un’innovazione che parte dal basso o è stata strutturata?
Agli inizi abbiamo creato centri di ricerca e sviluppo, poi man mano che passavano gli anni abbiamo capito che avere l’operaio che schiaccia i bottoni non serve a nessuno. Allora abbiamo tenuto un corso di formazione per far sì che l’operaio diventasse padrone del suo posto di lavoro, rendendolo consapevole di cosa sta manovrando e quali sono le conseguenze di quello che sta facendo. La maggiore innovazione è l’innovazione della mente. Poi il futuro ci riserverà nuove sfide.
Nel presente dovete confrontarvi con l’Industria 4.0. Gli operai ai quali sta dedicando tanta attenzione esisteranno ancora fra qualche anno?
Certo. Le dirò di più: si parla adesso di quarta rivoluzione industriale, ma noi di Proma già da una decina di anni abbiamo realizzato questo tipo di organizzazione industriale. Era lo stesso operaio, che oggi preferiamo chiamare team leader, a chiedermi: “Perché alla sera devo compilare questo documento a mano?” Perciò abbiamo introdotto la compilazione elettronica. Così è stato per la rilevazione della produzione e per la rilevazione dei guasti. Ovviamente con le nuove tecnologie e la digitalizzazione abbiamo implementato ulteriormente questo approccio.
Proma ha stabilimenti in tutto il mondo. Qual è la chiave della vostra internazionalizzazione?
Operiamo in un mercato molto difficile, quello dell’automotive. Non possiamo produrre in un solo posto e distribuire i prodotti in tutto il mondo, dobbiamo essere vicini ai nostri clienti. L’automotive è cresciuto moltissimo negli ultimi tempi: ad oggi si producono circa 100 milioni di auto, un business enorme, ma i clienti devono essere seguiti nei Paesi dove risiedono. Ecco perché abbiamo creato tutti questi stabilimenti, dal Marocco alla Spagna, dalla Polonia alla Serbia, dall’Argentina al Brasile al Messico. Bisogna ammettere che è difficile confrontarsi con usi e costumi locali, relazionarsi in lingue diverse, mettersi in regola con la legislazione. La nostra carta vincente è stata questa: in questi Paesi non andiamo dietro alla speculazione del costo della manodopera, tanto prima o poi è necessario che aumenti. Per me non ha nessuna importanza. Un nostro stabilimento in Italia è più o meno uguale a un nostro stabilimento europeo, africano, del Sud America o degli Stati Uniti come innovazione, isole robotizzate, flussi, layout, pulizia dei locali ecc. ecc. Mettiamo le migliori tecnologie che abbiamo a disposizione ovunque andiamo. Oltretutto di recente mio figlio ha fatto un giro negli Stati Uniti per vedere altre aziende da acquisire: non abbiamo nulla da invidiare agli americani. E, mi creda, non lo dico per campanilismo, ma siamo avanti di almeno dieci anni come talenti, come tecnologie e manifattura.
Possibile? La Silicon Valley è la culla dell’innovazione mondiale.
Mio figlio mi ha detto: “Quegli stabilimenti non siamo in grado di gestirli, perché sono talmente arretrati che noi sicuramente impiegheremo almeno cinque anni per rimetterli come sappiamo fare noi”.
Addirittura? Che cos’è esattamente che non va, secondo lei?
Fumi, sporco, scarsa tutela ambientale, uomini e donne che lavorano in condizioni alle quali noi non siamo più abituati. È con orgoglio che dico che non siamo più abituati. Invece in Brasile, otto mesi fa, abbiamo costruito uno stabilimento che ritengo il migliore del Sud America.
Open innovation: Proma è interessata a cercare innovazione al di fuori, attraverso startup, università o altri player esterni?
Io vado matto per i giovani. Al Sud abbiamo una grande università, la Federico II di Napoli, che sforna ingegneri davvero preparati. Poi io non vado a vedere la votazione. Quello che mi interessa in un giovane è la passione per il lavoro e la curiosità. Queste cose l’azienda non può insegnarle: o ce l’hai o non ce l’hai. E devo dire che al Sud, forse perché è stato poco “sfruttato” in termini di talenti, ci sono ragazzi con passione e curiosità sopra la media.
Lo scenario attuale dell’automotive è vasto e variegato: dall’auto ibrida all’elettrica alla self driving car. Come si colloca Proma in questo contesto?
All’inizio c’è stata qualche preoccupazione. Certamente chi si occupa di alcune componenti deve preoccuparsi: penso per esempio alla motoristica. Per fortuna noi facciamo strutture e sedili: qualsiasi autovettura avrà sempre una ‘cadrega’, come dicono al Nord. Quindi ci concentriamo nel fare il miglior sedile possibile. Certo, abbiamo sviluppato un sedile girevole nell’eventualità che la macchina autonoma possa necessitare di questo tipo di prodotto. Sono prodotti innovativi che in futuro potrebbero servire. Ovviamente se facevamo volanti o clacson saremmo stati un po’ più attenti, perché potrebbero non servire più alla guida autonoma. Per il resto ribadisco quanto detto all’inizio: i prodotti vanno innovati giorno per giorno. E sempre.