L'INCONTRO

Marco Marlia (MotorK): la rivoluzione digitale dell’auto in 5 quadri

Un mercato frammentato dove regna l’incertezza, nuovi modelli di distribuzione e di business, un customer journey da ridisegnare. Il CEO di MotorK Marco Marlia ci guida nella trasformazione dell’automotive alla vigilia del più grande evento europeo sul tema. Ovviamente digitale

Pubblicato il 07 Mar 2023

Marco Marlia, co-founder e CEO di MotorK

Che tristezza! Il 2022 è stato l’anno nero delle vendite di auto in Italia, il minimo storico dal 1978. Che gioia! Il 2022 è stato un anno di bilanci brillanti, a partire da Stellantis che ha visto crescere gli utili del 26%.

Che cosa c’è dietro questa apparente contraddizione? “Una grande incertezza”, risponde Marco Marlia, che con quel suo barbone brizzolato ha anche il physique du role per fare il guru della situazione, oltre all’esperienza ovviamente: nel 2010 ha fondato in Italia MotorK, diventata la società leader in Europa nelle soluzioni digitali per la vendita delle auto. Di fatto una software house verticale, quotata dal 2021 all’Euronext di Amsterdam, che ha cominciato lavorando per i concessionari e oggi serve tutte le case automobilistiche alle prese con la trasformazione digitale (nel 2022 la società ha registrato una crescita organica del 40%).

Che cosa sta accadendo nel mercato dell’auto?

Siamo andati a trovare Marco Marlia nel suo headquarter che, per contrappasso della storia era la sede della mitica Brionvega a Milano, anche perché dal 20 al 23 marzo MotorK organizzerà il più grande evento dedicato alla trasformazione digitale mai fatto in Europa, I/O Bridging Minds, ovviamente in digitale: coinvolgerà tutta l’industry continentale, 10 Paesi, con 100 speaker che parleranno otto lingue. Sarà un grande forum virtuale in cui condividere scenari e opportunità (l’evento solo su invito, che si può richiedere qui). “Il motore della trasformazione digitale dell’automotive si è acceso ma non viaggia ancora a pieno regime, perché non tutti gli operatori dell’ecosistema hanno completato questa transizione”, dice Marlia.

L’incertezza è il tratto che lega car maker, distributori e clienti: stressati dalle tensioni istituzionali sull’auto elettrica (obbligatoria entro il 2035 come vorrebbe l’Europa o no?), colpevolizzati per le motorizzazioni tradizionali (ma allora gli Euro 6 e i prossimi Euro 7 ?), preoccupati per i cambiamenti introdotti dall’e-commerce e dai nuovi modelli di vendita (dal concessionario all’agente). Ma andiamo con ordine, provando a fissare con Marco Marlia in cinque quadri alcuni risultati della somma algebrica di diversi cambiamenti in corso, che si possono definire storici.

1. Il mercato delle auto è sempre più frammentato

“Per la prima volta dopo almeno 20 anni non ci sono operazioni di consolidamento sul mercato ma frammentazione”, osserva Marlia. “L’assemblaggio di un’auto elettrica è molto più semplice della produzione di un veicolo tradizionale. La vera differenza sta nella batteria”. Un’opportunità che ha portato alla nascita di diversi player in ogni parte del mondo, con una minore capacità produttiva ma con un’offerta semplificata anche perché spesso non hanno neanche una rete di dealer”.

“Cosa implica questa tendenza sul customer journey è ancora da capire,”, ammette Marlia. “Ma è certo che non sarà qualcosa di irrilevante per quanto riguarda la fidelizzazione degli stessi consumatori, il processo di acquisto e la capacità di attrarre nuovi clienti”.

Anche il mercato della vendita di auto è sempre più polverizzato. “Mai visto un mercato b2b così frammentato!”, commenta Marco Marlia. “L’Europa è un grande mercato, eppure noi che siamo grandi abbiamo meno del 2% di market share. C’è un enorme spazio di consolidamento e in questo senso vanno le nostre acquisizioni dell’anno scorso. Potremmo crescere di 10 volte senza ancora arrivare a saturazione!”.

2. Da concessionari ad agenti: una fase di transizione

Dal prossimo giugno non ci saranno più concessionari per tutti i marchi del gruppo Stellantis, dopo la disdetta inviata l’anno scorso. Si passa al contratto d’agenzia e i dealer riceveranno una provvigione sul venduto. Non avranno più rischi di alcun genere ma in molti temono di veder ridurre le loro entrate e si stanno ingegnando per lavorare su altri segmenti (l’usato, i servizi di assistenza e altri collaterali).  “Tutto è ancora incerto”, dice Marlia. “Ma non cambierà certamente il modello organizzativo degli operatori commerciali sul mercato, perché sostanzialmente dovranno continuare a fare le stesse cose”. Ma in un mercato che cambia.

Per le case automobilistiche significherà passare da qualche migliaio di clienti (i concessionari) a milioni (chi compra le auto). Non tutte stanno seguendo questo modello, alcune lo hanno testato in altre parti del mondo, altre stanno a guardare. Se funzionerà, molto probabilmente, tutte si adegueranno. “Il 2023 sarà l’anno dell’implementazione, nel 2024 si cominceranno a vedere e valutare i primi risultati. Per MotorK non cambia molto: abbiamo 30 accordi con case auto in una decina di Paesi europei e tutte avranno bisogno di un livello di tecnologia più sofisticato per poter parlare a milioni di clienti attraverso una rete di agenti”. Il 2023 sarà un anno decisivo.

3. I nuovi modelli di business abilitati dal digitale

Se i car maker (o almeno in questa fase una consistente rappresentanza) puntano a portare nel loro portafoglio i clienti finali, è perché il futuro si giocherà sugli acquisti digitali a bordo. L’Europa sta facendo da avanguardia, dal momento che negli Stati Uniti i dealer sono molto più potenti e hanno una maggiore forza contrattuale (e di resistenza al cambiamento). Ma la tendenza del business è abbastanza segnata.

“L’auto diventerà un bundle di servizi digitali e l’upselling sarà fatto su upgrade di software”, prevede Marlia che porta un esempio: “In alcuni Paesi BMW ha cominciato a offrire addirittura la possibilità di pagare l’uso dei sedili elettrici solo quando ti serve usarli. E tanti altri ce ne saranno”.

Questo sarà ancora più vero in un mercato in cui prevarrà la mobility as a service: non compro l’auto ma un servizio che pago con una rata a cui posso aggiungere quel che mi serve quando mi serve. Ma questa offerta sarà possibile solo utilizzando le tecnologie digitali e i dati all’interno di una relazione diretta e continua con il cliente. Un modo anche per aumentare la fedeltà al marchio, messa in discussione dalla competizione dei nuovi player.

4. I limiti dell’e-commerce e il nuovo customer journey

L’auto è un prodotto sempre più complesso, complicato e costoso. Si può vendere online?  “Rispondo no, almeno per il momento, se immaginiamo on line tutto il processo fino all’acquisto. Dico sì, se pensiamo solo una parte del percorso che comunque prevede ancora la visita in uno store. Perché l’auto la vuoi vedere, la vuoi toccare, la vuoi provare. E poi hai bisogno di una consulenza nella scelta di opzioni sempre più articolate”.

C’è un freno all’e-commerce dell’auto sia lato domanda, sia lato offerta. “Senza un incentivo economico che stimoli la scelta del canale digitale, è improbabile che il consumatore medio decida di procedere in autonomia nell’acquisto dell’auto online, con il rischio di commettere errori nella scelta del veicolo o della sua configurazione”, spiega Marlia. “Dal lato dell’offerta, i canali puramente digitali non integrano ancora in maniera efficace alcune voci ancillari (garanzie, servizi a valore aggiunto) dove risiedono i margini di profitto più importanti per concessionari e case auto”.

Il trend prevalente è l’omincanalità. “Se prima del Covid il settore era in evidente ritardo nel processo di digitalizzazione, oggi possiamo affermare che ha saputo in parte ristrutturarsi grazie alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie. I dealer  stanno accogliendo la digital transformation, orientandosi verso un modello di business omnicanale. Il customer journey sta cambiando e, di conseguenza, l’industria automotive sta evolvendo”.

5. L’equilibrio fra scaffale digitale e vendita assistita

Quale sarà, però, il customer journey del futuro nell’acquisto dell’auto non è ancora dato sapere. “Non c’è un modello codificato, né una ricetta di successo, né tantomeno una verità”, osserva Marco Marlia che legge così alcune fughe in avanti, come per esempio gli store lanciati da qualche casa nel metaverso (qui abbiamo raccontato come funziona quello della nuova 5oo elettrica): “È giusto che ciascuno faccia i propri esperimenti, tenendo conto che ci sarà sempre una piccola quota di early adopter attirati dalla novità e una piccola quota di clienti legati invece alla tradizione. Ma in mezzo c’è l’80% che non puoi trascurare”.

La sfida sarà, quindi, trovare un punto di equilibrio tra vendita a scaffale online (navighi e prendi quello che trovi) e vendita assistita (entri in un negozio e vieni aiutato a scegliere quello che ti piace). “Sicuramente sarebbe un errore puntare tutto sullo scaffale digitale o tutto sul canale fisico”, conclude Marco Marlia.

“Un punto fermo è che la digitalizzazione non è più un pacchetto di strumenti nice to have, ma un asset strategico che gli operatori del settore stanno riconoscendo come fondamentale per la loro attività”. Dal 20 al 23 marzo questo punto fermo sarà esplorato come fosse la terra promessa del business automobilistico.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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