Le automobili verranno a prelevarci dove desideriamo e ci porteranno nella destinazione prescelta; nei negozi la tecnologia avvertirà un commesso se stiamo troppo tempo in un reparto perché forse questo significa che abbiamo bisogno di aiuto; le filiali delle banche saranno sostituite da realtà completamente digitali che consentiranno ai consulenti di dialogare con il cliente in telepresenza. Tutto questo, e molto altro ancora, sarà possibile grazie all’Internet of Things, l’estensione di Internet al mondo delle cose. Che trasformerà completamente tutte le industrie, dal retail al fintech all’automotive, e avrà bisogno di nuove competenze in combinazione con quelle tradizionali. Come succederà lo spiega in un libro uno dei pionieri a livello internazionale dell’Internet delle Cose, Maciej Kranz, vicepresident Strategic Innovation Group di Cisco Systems. “Building the Internet of Things”, best seller nella classifica del New York Times, è stato pubblicato in Italia da Franco Angeli con il titolo Connetti la tua impresa all’IOT, con prefazioni di Agostino Santoni, CEO di Cisco Italy, e Marco Moretti, CIO di di A2A Group.
EconomyUp ha intervistato il top manager statunitense di origine polacca, che ha coniato il termine “IoT Generation”. “Di solito parliamo di generazioni in relazione all’età – spiega Kranz – ma in questo contesto l’Internet of Things è un grande agente trasformatore: per questo la IoT generation è composta da tutti coloro in grado di gestire la tecnologia e convertirla in Internet of Things. Che si sia giovani o vecchi, che si viva in Italia, negli Usa o in Cina: si può comunque farne parte”.
Nell’immediato competenze e sicurezza. Nel medio periodo la sfida è fare in modo che ogni organizzazione cominci il suo viaggio nell’Internet of Things. Nel lungo termine la trasformazione delle industrie e la creazione di nuove value proposition e nuove politiche imprenditoriali.
Secondo il McKinsey Global Institute, il mercato dell’IoT nel 2025 varrà 11.100 miliardi di dollari. Multinazionali e imprese sono consapevoli delle sue potenzialità?
Da una parte ci sono 14mila clienti nel mondo che hanno cominciato il loro viaggio IoT, dall’altra ci sono ancora molti clienti e organizzazioni che non hanno ancora iniziato ad adottarlo. L’obiettivo del mio libro è proprio spingere tutti, dalle grandi aziende a quelle più piccole, a intraprendere il viaggio. Perciò noi di Cisco stiamo contribuendo all’”evangelizzazione” di questo concetto.
Ci sono diversi esempi di Internet of Things nell’automotive. Perché questa industria, fino a pochi anni fa considerata matura, sta diventando pioniere di innovazione e di Internet delle Cose?
L’automotive sta diventando un’industria tecnologica: lo vediamo con i veicoli connessi e con quelli a guida autonoma. Per questo è un grande esempio della trasformazione che dovrà intraprendere qualsiasi altra industria. Con la trasformazione deve necessariamente ripensare tutti i processi: la produzione, la customizzazione… Un tempo una linea di automobili durava dai 5 ai 10 anni, adesso il periodo si è accorciato perché la tecnologia si sta evolvendo in modo estremamente rapido. Oggi nell’automotive sono richieste competenze molto diverse dal passato. La macchina è diventata un data center su ruote, è ormai basata su una serie di componenti software, e non sto parlando solo di Tesla, portabandiera dell’auto elettrica e innovativa: le grandi case automobilistiche stanno assumendo gli stessi talenti che assumiamo noi in Cisco, per esempio esperti di Intelligenza Artificiale. Ma, ripeto, questa trasformazione non riguarda solo l’automotive: sta accadendo in qualsiasi altra industria, dal retail all’healthcare, dall’agricoltura alle smart cities.
Esempi di utilizzo dell’Internet of Things nel retail?
Ci sono numerosi casi eccellenti nel retail, ma il mio preferito è la combinazione tra l’esperienza online e quella fisica. Per esempio quando un cliente entra in un negozio e vuole acquistare scarpe, può ottenere uno speciale coupon, una sorta di biglietto elettronico, dopodiché si reca nel reparto dove vengono vendute le scarpe. Se la persona resta ferma troppo a lungo in questo reparto è probabile che abbia bisogno di aiuto, così la tecnologia, attraverso il coupon, è in grado di segnalarlo al commesso, che quindi può recarsi sul posto per aiutare il cliente. In questo modo si ottiene il meglio sia dall’interazione umana sia dalla tecnologia digitale.
Quali sono i retailer nel mondo che stanno applicando l’IoT?
Penso che la maggioranza dei retailer stia lavorando su questo, perché devono fronteggiare la trasformazione che arriva dai retailer online. Da Wallmart a Home Depot, tutti si stanno attrezzando. Ma anche i negozi locali si danno da fare.
Che cosa succede invece nel Fintech? Come la tecnologia applicata alla finanza sta implementando l’IoT?
Penso alle filiali bancarie completamente digitali. Perché ci si dovrebbe recare presso una filiale quando si può fare tutto online? Solo perché si ha bisogno di qualche servizio avanzato. Ma le filiali all digital possono provvedere anche a questo: se uno ha bisogno di un esperto, è possibile utilizzare la telepresenza e la collaboration technology. L’esperto può essere a Parigi, il cliente a Milano, non importa. In sostanza il mio esempio preferito di IoT è la combinazione tra mondo digitale e mondo fisico.
Competenze digitali: quali sono le nuove skills di cui ha bisogno chi vuole appartenere alla IoT Generation?
Da una parte non dovremmo lasciar perdere tutta la conoscenza che abbiamo accumulato negli scorsi decenni. Mio suocero vive a Varsavia, in Polonia, era un technology officer per una miniera di acciaio. Poi è andato in pensione, ma l’azienda l’ha tenuto, perché nella sua testa aveva tutta la conoscenza di 40 anni di produzione dell’acciaio. Adesso sta insegnando agli esperti di sistema come operare in modo più scalabile. Quindi la conoscenza e l’expertise sono sempre necessari. Allo stesso tempo sono richieste nuove conoscenze. Quali? Data Analytics, capacità di gestire operazioni da remoto, software ovviamente, security, e capacità generica di interagire con la tecnologia e le macchine.
Lei individua come figura chiave dell’IoT in azienda il Line of Business (LOB) manager. Perché?
I centri di acquisto tradizionali adottati dalle organizzazioni tradizionali finora non sono stati ‘adottatori aggressivi’ delle tecnologie Internet, ma adesso con l’IoT lo sono. Naturalmente si focalizzano sulle possibilità offerte dalla tecnologia invece che sulla tecnologia stessa. Vogliono comprare la soluzione completa, non parti individuali. Questo richiede per esempio a società come Cisco di lavorare molto più intensamente con i partner in modo da poter consegnare la soluzione intera. Si vede bene nelle aziende manifatturiere, che stanno diventando società molto integrate.
Un’ultima cosa: è vero, come scrive nel libro, che è stato lei, quando già era in Cisco, a “inventare” l’IoT una decina di anni fa?
Il termine è stato coniato 18 o 19 anni fa nel contesto delle reti Rfid (Radio-Frequency IDentification, tecnologia per l’identificazione e/o memorizzazione automatica di informazioni inerenti ad oggetti, animali o persone basata sulla capacità di memorizzazione di dati da parte di particolari etichette elettroniche chiamate tag, ndr). Noi abbiamo cominciato a indagare questo trend di mercato e a pensare come chiamarlo: invece di lanciare un nuovo nome abbiamo adottato la definizione Internet of Things, perché riflette bene il significato della transizione che stiamo sperimentando. Quindi non l’abbiamo inventato ma abbiamo mutuato il termine e gli abbiamo dato un nuovo significato.