L'INTERVISTA

L’auto elettrica è davvero sostenibile solo a determinate condizioni: ecco quali

“L’auto elettrica è per sua natura sostenibile, ma ci sono alcuni requisiti da rispettare perché lo sia a 360 gradi”, spiega a EconomyUp Alessandro Abbotto, docente a Milano-Bicocca. Per esempio il riutilizzo e il riciclo delle batterie. E utenti e governi devono essere più consapevoli

Pubblicato il 18 Ott 2023

Alessandro Abbotto parla di auto elettrica e sostenibilità

L’auto elettrica è considerata da tutti la più sostenibile sul mercato. E, in effetti, lo è. Ma, perché lo sia fino in fondo, occorre che le batterie siano composte con materiali abbondanti e disponibili a basso costo sulla Terra, che questi materiali siano stati estratti nel rispetto dell’ambiente e dei diritti umani, che le batterie vengano riutilizzate e, infine, riciclate. “Se guido un’auto elettrica che ha una batteria al cobalto, la ricarico in casa attraverso fonti energetiche derivate da materiali combustibili e, una volta che sono parzialmente esaurite, non destino le batterie al secondo uso e al riciclo, non mi sto esattamente impegnando a favore della sostenibilità” spiega a EconomyUp Alessandro Abbotto, professore ordinario di Chimica Organica e Materiali per le Energie Rinnovabili presso l’Università di Milano-Bicocca, esperto di tecnologie “green” e autore del libro “La mobilità elettrica. Storia, tecnologia, futuro” (Carrocci editore). “Se guido quella macchina lì – prosegue – l’unica cosa che sto senza dubbio facendo è non inquinare l’aria: un elemento non da poco, ma non sufficiente per parlare di completa sostenibilità del veicolo elettrico”.

Auto elettrica e sostenibilità

Auto elettrica: sostenibilità e utilizzo

Eppure, professor Abbotto, le persone tendono a percepire l’auto elettrica come sostenibile. Perché non è sempre proprio così?

Bisogna distinguere due livelli: l’utilizzo e l’intero processo che riguarda il veicolo, dalla costruzione alla dismissione. Durante l’utilizzo, la criticità proviene essenzialmente dalla fonte di energia elettrica. Se è pulita, l’uso dell’automobile elettrica è sostenibile al 100%: non ci sono emissioni e il sistema è completamente elettrico. La questione si complica se l’energia elettrica utilizzata non è pulita. Attualmente, il mix mondiale prevede circa tre quarti della produzione elettrica da fonti non pulite, cioè fossili. In Italia siamo in una posizione migliore poiché oltre il 40% proviene da fonti rinnovabili, ma abbiamo ancora un residuo 60% da fonti fossili.

Quali fonti di energia rinnovabili possono essere usate per le e-car?

Principalmente fotovoltaico, eolico e idroelettrico. Se si vuole essere totalmente sostenibili, bisogna rivolgersi a fornitori che utilizzano questi tipi di energia per le ricariche. Oggi tutti i principali fornitori offrono anche contratti di energia elettrica al 100% da fonti rinnovabili.

Secondo lei, questa opportunità è pubblicizzata a sufficienza?

I fornitori di energia delle colonnine che vediamo sulle nostre strade la pubblicizzano, ma da parte dell’utente c’è scarsa attenzione. Dovremmo sensibilizzare maggiormente le persone su questo aspetto. Le dirò di più: nel momento in cui un utente fa una scelta di sostenibilità verso la mobilità elettrica, dovrebbe completare la sua scelta utilizzando energia elettrica pulita non solo per ricaricare l’auto, ma per tutti gli usi casalinghi.

Auto elettrica: sostenibilità e processi

Per quanto riguarda l’intero processo, dall’estrazione dei materiali necessari alla costruzione del motore elettrico e delle batterie, fino allo smaltimento, in che modo si può essere  sostenibili?

Qui il discorso diventa più complesso. Per l’auto elettrica, il punto principale riguarda le batterie. Richiedono alcuni materiali, principalmente litio, cobalto e nichel. Per il litio, possono sorgere criticità sulla sua disponibilità a livello mondiale. Per il cobalto, ci sono stati, soprattutto in passato, problemi legati all’estrazione e alla violazione dei diritti umani. Anche il nichel presenta alcune criticità.

Parliamo del litio.

In realtà oggi solo il 30% viene usato nelle batterie per automobili elettriche. La maggior parte è impiegato per batterie di altri dispositivi elettronici, come gli smartphone. Anche se uno smartphone contiene meno litio di una batteria per auto, abbiamo miliardi di smartphone sul pianeta, quindi, in termini quantitativi, richiedono più litio. Il 70% del litio non è legato alla mobilità elettrica.

Quindi dobbiamo anche affrontare il problema della disponibilità di litio a livello globale?

Secondo molte stime, le riserve di litio nel pianeta, che si trovano principalmente nel Cile, estratto dalla salamoia, e in Australia, ottenute dalle miniere rocciose, sono sufficienti per garantire la costruzione di oltre un miliardo di automobili, ovvero quante sono le attuali automobili a combustione interna. Il vero problema è se conviene estrarre tutto questo litio o se dovremmo andare verso pratiche più sostenibili, come ad esempio avere meno automobili nel mondo.

Può essere un’idea. Non a caso si fa largo il car sharing. Parlando invece del cobalto, ci sono state molte critiche per i problemi legati alla sua estrazione nella Repubblica Democratica del Congo. Cosa ne pensa?

Anche qui vanno fatte delle precisazioni. La questione dell’estrazione del cobalto è emersa all’inizio di questo secolo con l’aumento del mercato dei cellulari. Oggi tutte le case automobilistiche utilizzano per le batterie solamente cobalto proveniente da miniere che rispettano completamente qualsiasi norma di sicurezza e di diritti umani dei lavoratori. Tuttavia, è importante notare che ormai molte case offrono un pacchetto di batterie senza cobalto, le cosiddette “cobalt-free”, a base di litio-ferro-fosfato (LFP).

Quindi, il suo consiglio per chi si avvicina al mondo dell’automobile elettrica sarebbe di scegliere le batterie a base di litio-ferro-fosfato?

Assolutamente sì. Sono più sostenibili e composte da materiali molto più comuni sulla terra. Anche se hanno una minore autonomia. Ma, per la maggior parte delle persone, questa non incide sulle effettive necessità di spostamento.

Cosa dire del nichel, altro elemento delle batterie per auto elettriche?

Il nichel arriva soprattutto dall’Indonesia ed è forse il meno utilizzato per la mobilità elettrica, ma viene impiegato per tanti altri usi, ad esempio per l’acciaio inox che adoperiamo comunemente da decenni in molti settori. L’uso del nichel nell’automobile elettrica è minoritario, circa il 95% del suo utilizzo è per altri scopi. C’è però un’altra questione da non sottovalutare quando affrontiamo il tema dei materiali per le batterie elettriche.

Quale?

La maggior parte dell’importazione e della successiva raffinazione di questi materiali, per poi inserirli nelle batterie, è in capo alla Cina.

Cina in pole position sull’auto elettrica

Quindi la Cina è avanti nella produzione di batterie per auto elettriche e, in generale, nella mobilità elettrica.

Ha avuto una visione d’insieme e futuristica prima dei Paesi occidentali. Si è mossa circa vent’anni fa per acquisire le concessioni che via via Stati Uniti, Europa e altri Paesi avevano abbandonato. Questi Paesi forse non ci hanno creduto, o non hanno compreso che, da lì a 10-15 anni, si sarebbe ampiamente sviluppato il mondo della mobilità elettrica.

Anche in Italia dovremmo investire di più nelle nuove tecnologie e creare una filiera industriale legata alla sostenibilità?

Assolutamente sì. Invece di cercare gas naturale in giro per il mondo, dovremmo andare alla ricerca di quegli elementi che servono per la mobilità elettrica e per costruire le batterie nelle nostre future fabbriche dedicate alla mobilità elettrica. Se il mondo occidentale non fa queste scelte, le fanno altri Paesi. Come, appunto, la Cina. Ci dovrebbe essere una maggiore consapevolezza da parte degli utenti, ma anche e soprattutto dei governi, sulla sostenibilità dell’auto elettrica. E una strategia di lungo periodo per andare verso l’elettrica totalmente pulita.

È uno dei motivi per cui in Italia non ci sono ancora gigafactory, le enormi fabbriche di batterie per auto elettriche che si vanno diffondendo in tutto il mondo?

Esatto, in Italia al momento non ci sono gigafactory, dovrebbero esserci in futuro. Altri Paesi stanno andando molto più veloci di noi in questo settore. Il produttore europeo principale è nei Paesi scandinavi e si chiama Northvolt, ma a parte questo caso, non ci sono in questo momento grandi gigafactory neppure in Europa.

L’importanza del riciclo

L’argomento delle gigafactory è legato all’importante questione del riciclo.

Certamente. Non possiamo pensare di estrarre in continuazione risorse per costruire tutti questi mezzi, batterie, motori elettrici. Dobbiamo pensare a riciclare. A differenza dei combustibili fossili che una volta utilizzati vengono bruciati e non ci sono più, i metalli possono essere riciclati all’infinito senza alcuna perdita di funzionalità. Non solo una batteria può essere utilizzata fino a quando la sua capacità scende al di sotto dell’80% rispetto a quella iniziale, ma i metalli che aveva all’inizio sono ancora tutti lì, al 100%.

Quindi una batteria può avere un secondo utilizzo?

Assolutamente. Quando la sua capacità scende al di sotto dell’80%, può essere utilizzata per lo stoccaggio di energia elettrica. Ci sono già molte realtà nel mondo, anche in Europa e in Italia, che utilizzano queste batterie per l’immagazzinamento di energia. Una volta che è passato anche questo secondo utilizzo, la batteria viene mandata al riciclo.

Quanto si può recuperare da una batteria riciclata?

Le tecnologie di oggi sono in grado di recuperare fino al 98% di cobalto e nichel e fino all’80% di litio. Il comparto automobilistico vive già oggi sul riciclo, il 90% dell’acciaio utilizzato nelle nuove automobili proviene dal riciclo, lo stesso per quanto riguarda il piombo e i materiali preziosi. È più conveniente estrarre oro dai rifiuti elettronici che direttamente dalle miniere.

Quindi il riciclo è già una realtà. Ma come si può migliorare?

Bisogna renderlo più economico e affrontabile. Ad esempio, standardizzando gli impianti di riciclo. Attualmente ogni batteria è diversa dall’altra in forma e struttura, ogni casa automobilistica ha la sua tipologia di batteria. Bisogna andare verso batterie sempre più standard, come è stato fatto recentemente per le prese dei cellulari. Batterie standard implicano impianti di riciclo di tipo standard, che portano a un’ottimizzazione dei costi e a sistemi di riciclo sempre più economici. Le fabbriche di riciclo sono già una realtà in tutto il mondo.

Dove?

Il primo Paese europeo in questo campo è la Finlandia, seguita da altri come il Canada, gli USA e la Cina. Anche in Italia non siamo messi male. Per esempio c’è un’azienda vicino a Modena, Reinova, che dal 2024 riciclerà batterie per vari utilizzi. Inoltre, la casa automobilistica cinese BYD ha annunciato la commercializzazione per il 2024 di un’automobile elettrica con batteria al sodio, ovvero batterie che già in partenza superano la dipendenza dal litio. È infatti noto che il sodio è molto più diffuso: basti pensare al comune sale da cucina.

Quindi, per essere davvero sostenibili, i produttori di e-car devono lavorare molto di più sulla sostenibilità effettiva dei materiali e sul riciclo?

Esatto. E anche comunicare meglio tutto questo. La tecnologia esiste e deve essere sfruttata nel miglior modo possibile. Tuttavia, guardando a quello che è stato fatto e che stiamo facendo, bisogna considerare che la sostenibilità nell’utilizzo non è una cosa da poco. Il fatto di avere le nostre città piene di automobili a combustione interna non provoca solo problemi all’ambiente, ma anche alla salute. Se potessimo sostituire, almeno nei grandi centri, tutte le automobili fossili con quelle elettriche, avremmo un’aria più pulita e staremmo meglio. Ma non dimentichiamolo: per rendere tutto il processo sostenibile, dobbiamo lavorare sull’intero ciclo di vita dell’auto elettrica.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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