L'ANALISI

Il “dividendo Marchionne”: che cosa c’è dietro la trimestrale record di FCA

In ogni gruppo di valore si dovrebbe esercitare la mente, lo spirito e il corpo a reagire ad una crisi importante. FCA l’ha fatto nell’era Marchionne. E ora, in piena pandemia, l’Ebit cresce e si registra un ottimo cash flow delle attività industriali. Ecco da dove nasce il buon risultato di oggi

Pubblicato il 02 Nov 2020

Come cresce la FC post Marchionne (qui una Jeep Grand Wagoneer Concept)

La ciclicità del settore automotive è nota: si soffre quando arriva la recessione, si guadagna quando riparte l’economia. Per rimbalzare, però, bisogna essere atleticamente equipaggiati: l’allenamento deve essere stato costante nei mesi precedenti, i prodotti in prima fila devono essere quelli che il mercato chiede, la rete distributiva e commerciale deve avere una strategia efficace per svuotare i piazzali, evitando di pagare un prezzo eccessivo in sconti che drogherebbero il mercato. Questo è quello che ha fatto il gruppo FCA nel terzo trimestre del 2020, stando ai dati presentati agli analisti il 28 ottobre scorso.

Con poco più di un milione di vetture consegnate (1026k), praticamente uguagliando il dato del corrispondente trimestre del 2019 (1059k), FCA ha annunciato un significativo miglioramento dell’EBIT, da 1959 milioni di Euro del 2019 a 2276 milioni nel corrispondente trimestre del 2020, e soprattutto un ottimo free cash flow dalle attività industriali di ben 6740 milioni. Non male, soprattutto se il dato viene confrontato con quello dei competitor nordamericani. Ford, per esempio, ha annunciato nello stesso giorno un analogo rimbalzo ma con performance lievemente inferiori ad FCA, con riguardo ai dati di EBIT.

In quasi tutto il settore automotive, il management team attualmente al comando era in identiche, o analoghe, posizioni di responsabilità durante la crisi del 2008-2009. Nel caso di FCA, Mike Manley era a capo di Jeep, il brand del rilancio, che sarebbe diventato quello più importante del gruppo. Sebbene le due crisi non siano perfettamente confrontabili, per il solo fatto che la prima manifestava ripercussioni più devastanti rispetto alla crisi economica innescata dal COVID-19, in entrambe le situazioni i competitor hanno dovuto prepararsi a gestire il crollo e organizzarsi per il rimbalzo, che prontamente è stato colto da tutti gli OEM, tedeschi e asiatici inclusi.

In che misura la prestazione di FCA nel terzo trimestre del 2020 sia un evento legato alla contingenza, seppur ben gestita, o dipendente da radici lontane? E’ difficile dare una risposta univoca, ma il privilegio di osservare dall’esterno un gruppo come FCA porta a maturare il convincimento che esso goda di un gradito, stimato e apprezzato “dividendo Marchionne”.

Un dividendo apprezzato da chi dirige oggi il gruppo, e a cascata da tutti i livelli di responsabilità sottostanti alle prime linee, per il fatto di aver esercitato la mente, lo spirito e il corpo a come reagire ad una crisi importante. Un’esperienza che il management ha fatto ben due volte, salvando un OEM del settore, Chrysler, nel periodo 2009 – 2011, e prima ancora Fiat (2004 – 2007). Chi ha visto da vicino, e ha partecipato al salvataggio di due aziende, non si spaventa per il COVID-19. In nord America, come Sergio Marchionne ebbe a dire il 22 maggio 2014 in un evento della Brookings Institutions (The auto bailout and the state of US manufacturing), uno dei problemi principali nel 2009 era liberare gli stock di prodotto invenduto, senza lasciare sul terreno sconti improponibili che avrebbero ulteriormente eroso la reputazione del brand Chrysler. Anche a costo di perdere qualche punto di quota di mercato. La crisi sanitaria è una mazzata improvvisa e fermare le fabbriche con la stessa rapidità non è facile: nel mentre, i prodotti riempiono i piazzali che ad un certo momento dovranno essere svuotati.

Per fare questo bisogna essere allenati: bisogna avere una strategia su come farlo senza perdere in profittabilità. Tutte esperienze di facile ricordo per chi in questo settore ha visto da vicino i terribili momenti del 2008-2009, e gli anni che seguirono.

Dall’investor day del 1 giugno 2018 a Balocco, l’ultima occasione nel corso della quale il CEO Sergio Marchionne si presentò di fronte alla comunità finanziaria, all’annuncio del 28 ottobre 2020 dei risultati del terzo trimestre dell’anno corrente sono accadute molte cose. FCA ha avviato un serio programma di rinnovamento della gamma, ha realizzato e messo nel mercato i primi prodotti hybrid e mild hybrid, sta introducendo in EMEA la nuova 500 FEV, ha potenziato i servizi di vendita in affitto a breve e lungo termine, ha perfezionato lo spin-off di Magneti Marelli, regalando agli azionisti un extra dividendo, e soprattutto ha avviato il tavolo strategico con PSA per la costituzione di una nuova entità congiunta, di nome Stellantis, che sembra essere in dirittura di arrivo entro il primo trimestre del 2021.

Non che i competitor siano rimasti al palo: tutt’altro. Per FCA, però, il post Marchionne è un periodo cruciale per dare dimostrazione di aver imparato la lezione di chi è capace di reagire più in fretta, e sa mantenere una forte concentrazione nel raggiungimento dei risultati. Non è un dividendo infinito, forse non superiore ai 5 anni. Ad operazione Stellantis avviata, nel 2021, avremo modo di fare un confronto comparato con gli altri OEM e misurare gli effetti di questo dividendo, che dovrebbe permettere ad FCA una transizione più agile in una nuova entità, la terza ristrutturazione dal 2004, indispensabile per sopravvivere in un settore a cui presto cambieremo il nome: da car makers a mobility provider. Ma questo è un nuovo capitolo che affronteremo in una prossima puntata.

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Ferdinando Pennarola
Ferdinando Pennarola

Professore di Organizzazione e Sistemi Informativi all’Università Bocconi di Milano e direttore del Global Executive MBA (GEMBA) della SDA Bocconi School of Management. Si occupa di change management e di innovazione nel campo delle tecnologie informatiche e della rete.

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