Ad agosto le imprese interrompono le attività e le fabbriche chiudono i cancelli. La domanda che ci si fa puntualmente in questi ultimi anni è: quante di queste aziende riusciranno a riaprire? Che qualcuna non ce la faccia, è scontato, visti i numeri impietosi sulle saracinesche abbassate: stando all’ultima rilevazione trimestrale (aprile-giugno 2014) di Movimprese, ogni giorno sono 44 le imprese che portano i libri in tribunale.
Ma è proprio in un clima così tetro che può essere utile raccontare la ricetta contro la crisi applicata dall’imprenditore italo-persiano Ali Reza Arabnia, ad e presidente della Geico, azienda di Cinisello Balsamo (Milano) che produce impianti di verniciatura per le scocche delle auto.
La filosofia di questo imprenditore nato nel 1955 a Teheran, nominato lo scorso maggio Cavaliere del Lavoro, è semplice e complessa allo stesso tempo: nei momenti più drammatici della vita di un’azienda bisogna trovare la forza per confidare in una ripresa che verrà e scommettere tutto – risorse, soldi, energie, speranze – nel fare innovazione dalla a alla z e rendersi più competitivi per il momento in cui il mercato torna a fiorire.
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Reza Arabnia, questa strategia l’ha applicata più volte e i fatti gli hanno sempre dato ragione. Uno che ha appreso bene la lezione è il figlio Daryush, 30enne, executive director dell’area corporate development & marketing. “La sua filosofia è tentare di vedere opportunità anche nei momenti meno luminosi”, racconta Reza Arabnia junior a EconomyUp durante una visita all’azienda.
“Il caso più eclatante in cui mio padre ci ha visto giusto è stato anche il più recente, durante il nostro periodo più critico. Era il 2009, tutto il settore automotive era entrato in crisi, i clienti cancellavano gli ordini da un momento all’altro: erano letteralmente spariti”.
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La prima reazione è stata chiudere l’azienda il venerdì per far smaltire le ferie ai dipendenti. Le cose però continuavano ad andare male. “C’eravamo accorti che senza nuovi lavori si poteva andare avanti per due anni, non di più. A quel punto, su impulso di mio padre, ci siamo detti: invece di sopravvivere a stento e poi fare la guerra sui prezzi con i concorrenti se il mercato riparte, rivediamo completamente i processi e puntiamo tutto su qualità e innovazione.
Abbiamo notato che il processo di verniciatura comportava un impatto ambientale e un costo energetico troppo alti. Così, siamo usciti sul mercato con un impianto che permetteva di risparmiare nettamente su consumi ed emissioni”.
La novità, che è il preludio all’impianto a emissioni zero che la Geico vuole realizzare del 2020, piace molto ma i clienti ancora non si fanno sentire. Ecco allora che arriva la fase più difficile: Reza Arabnia deve ricorrere alla cassa integrazione per la sua azienda, non prima però di aver chiesto a tutti i dirigenti di accettare una forte riduzione di stipendio e di rinunciare totalmente al proprio.
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Finalmente, nel 2010, la Geico riesce a chiudere una commessa con la Renault in Russia e, poco dopo, con la Peugeot per uno stabilimento in Brasile. Le due gare vinte riportano entusiasmo e fanno sapere a mezzo mondo che a Cinisello Balsamo, dopo la terapia d’urto a suon di innovazione, si producono alcuni degli impianti di verniciatura più efficienti e green in circolazione. È per questo che la Qorus, una nuova casa cino-israeliana che produce auto di lusso, richiede i prodotti Geico per i propri stabilimenti.
È il 2011, la crisi ormai è alle spalle. La giapponese Taikisha, un colosso dal giro d’affari di circa 1,8 miliardi di euro concorrente della Geico sul mercato asiatico, contatta Reza Arabnia per proporre una fusione: i nipponici, durante l’annus horribilis dell’automotive, non avevano fatto gli stessi investimenti in innovazione fatti dall’impresa di Cinisello.
Così, la Taikisha rileva il 51% dell’azienda ma fa acquistare alla Geico le sedi europee della casa del Sol Levante. Il nome della società diventa Geico Taikisha.
Con il ricavato, Reza Arabnia decide di fare un gesto che è salito giustamente agli onori della cronaca: ha restituito a ciascuno dei dipendenti
quello che non avevano guadagnato durante il periodo di cassa integrazione. Ma non è tutto. Reza Arabnia, discendente di una lunga generazione di imprenditori, ha preso dal suo dna persiano l’attenzione ai dettagli e la cura per il benessere delle persone.
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Ecco perché la Geico ha costruito accanto agli uffici centrali il Pardis (“paradiso” in lingua farsi), un avanzato polo di innovazione e ricerca in cui
concepire i prodotti insieme ai clienti, e ha trasformato la strada che porta al Pardis in un piccolo villaggio a disposizione dei dipendenti, il Giardino dei Pensieri di Laura (dal nome della moglie, figlia del fondatore della Geico, l’ingegnere Giuseppe “Pippo” Neri).
In questi 2000 metri quadri c’è un paese in miniatura al chiuso: una piazza centrale con la fontana, un anfiteatro, una palestra, un ristorante, un giardino botanico con tantissime varietà di piante, un salotto con dei divani su cui rilassarsi e una galleria per mostre di opere d’arte e foto. “Mio padre crede che in un’azienda ci debba essere un ‘ambiente gentile’, lui lo definisce così. In cui ciascuno si senta il benvenuto”, spiega Daryush.
Si può obiettare che almeno una volta a tutti può capitare di prendere in mano una situazione drammatica e di farla diventare attraverso l’innovazione e la creatività un’opportunità di successo. Il bello è che ad Ali Reza Arabnia è successo almeno altre due volte. La prima risale agli anni ’80. Ali, dopo una giovinezza tra Teheran, l’Inghilterra e l’Italia (e studi di business administration in università come la John Cabot a Roma), viene mandato dal suocero, fondatore della Geico nel 1976, in Nigeria a gestire una delle branch internazionali della compagnia. La filiale si trovava in una zona impervia.
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“Per fare le telefonate doveva prendere l’aereo e arrivare nella capitale”, racconta il figlio. “Puntando sul personale locale e dando loro vestiti, case e comodità, era riuscito a rendere lo stabilimento molto produttivo e a creare anche servizi aggiuntivi: come risultato basta dire che i margini realizzati in Africa riuscivano a coprire i costi fissi della casa madre”.
Il secondo “miracolo” è in una società all’epoca controllata dalla Geico, la Fast, che realizzava impianti di verniciatura da ritocco per carrozzerie. Ali Reza Arabnia viene messo a capo dell’azienda dopo il successo nigeriano e un altro mba all’Università di San Diego. La Fast aveva “perdite mostruose”, dice il figlio. Nel giro di 2-3 anni, con la solita tecnica, che potremmo definire “innova e rilancia”, l’imprenditore la trasforma in una delle aziende leader del settore a livello globale.
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Visto il curriculum, era facile aspettarsi che la Geico stessa passasse in mano ad Ali. Infatti, dopo che nella seconda parte degli anni ’90 la maggioranza della società diventa della Comau (gruppo Fiat), l’imprenditore persiano decide nel 2005 di riacquistare le quote cedute e di lanciare la sua rivoluzione “gentile” come ad e presidente dell’azienda.
I frutti del nuovo corso? Oltre a quelli di cui abbiamo già detto (il Pardis, il giardino dei pensieri, la cassa integrazione restituita ai dipendenti, l’uscita dalla crisi), una politica del personale che prevede 15 nuovi innesti in prova ogni anno (prima stage, quindi a tempo determinato e per i più validi un contratto a tempo indeterminato) e un fatturato 2013 che ha raggiunto quota 130 milioni di euro (+34% rispetto al 2012). Sempre con una sola risposta a ogni tipo di difficoltà: innovare.