L’ANALISI

Il caso Tavares in Stellantis: solo sinergie per tagliare i costi senza investimenti e nuovi prodotti



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Come si è arrivati all’uscita anticipata del numero uno di Stellantis? Ecco le promesse irrealizzate di Carlo Tavares e cosa c’è dietro i risultati disastrosi: una strategia sbagliata che non sembra cambiare…

Pubblicato il 3 dic 2024

Ferdinando Pennarola

Professore di Organizzazione e Sistemi Informativi Università Bocconi



Carlos Tavares
Carlos Tavares

Un altro tonfo in borsa per Stellantis, a valle dell’annuncio, domenica 1 dicembre 2024 a mercati chiusi, delle dimissioni del CEO Carlos Tavares. Un’uscita anticipata di questo calibro diventa inevitabilmente una delle prime notizie del giorno dopo e legittima speculazioni di ogni tipo: che cosa è accaduto di recente che ha fatto precipitare la situazione? Quali sono le questioni contese tra membri del CDA e il CEO? Era proprio necessario accelerare l’uscita rispetto ad un passaggio di consegne già annunciato per il 2026?

Tralasciamo, in questo commento, due questioni che invece sono, comprensibilmente, di massima attenzione a valle dell’evento: 1) Carpire indiscrezioni per conoscere che cosa sia veramente successo nelle stanze del CDA di Stellantis, 2) Conoscere quale sarà la buona uscita di Tavares, erogata pur in presenza di risultati insoddisfacenti, a corredo di un pacchetto remunerativo comunque elevato, pari a “n” multipli di quello dei suoi dipendenti.

La fusione FCA e PSA: Tavares prefigura un futuro di sinergie

Partiamo dalle origini: la fusione FCA+PSA approvata dalle rispettive assemblee degli azionisti il 4 gennaio 2021 e quotazione successiva della nuova entità legale il 15 gennaio 2021. In quei giorni Tavares pubblicamente annuncia un futuro roseo fatto da grandi sinergie tra i due gruppi che, insieme, avrebbero risparmiato enormi risorse nelle forniture di componenti (che rappresentano, mediamente, il 70% del valore aggiunto per un OEM), nella logistica, e nella distribuzione del prodotto.

Sia ben chiaro, per chi è in FCA o in PSA, la parola “sinergie” equivale a “taglio di costi”: mettere in comune risorse comporta, nella maggioranza dei casi, privilegiare uno dei due partner per consolidare sotto lo stesso tetto una soluzione di acquisti, di logistica o di distribuzione.

Per una delle due aziende si tratta di taglio netto di asset industriali e conseguenti ripercussioni sugli organici. Un esercizio che Carlos Tavares aveva ben appreso alla scuola di Carlos Ghosn, essendo stato suo braccio destro come Chief Operating Officer in Renault dal 2011 al 2013.

Il piano Dare Forward 2030: l’annuncio

Dopo aver trascorso un normale periodo di ambientamento nella nuova entità Stellantis, con oltre 400 mila dipendenti e uffici e attività in tutti i continenti, Tavares e la sua squadra annunciano il primo piano strategico a lungo termine, denominato “Dare Forward 2030”.

Correva l’anno 2022, 1 marzo, le quotazioni erano ampiamente sopra i 15 euro per azione, Carlos Tavares pubblicamente rassicura tutti che l’azienda avrebbe garantito l’esecuzione del piano e conseguito i suoi obiettivi principali riassunti in quattro punti: 1) Un mix di portafoglio prodotti in Europa pari al 100% di veicoli a propulsione elettrica, e in USA un mix di 50% con motore termico e 50% elettrici;
2) Azzeramento delle emissioni di CO2 in tutta la catena del valore entro il 2038 e al 50% entro il 2030;
3) Primi al mondo per l’esperienza e la soddisfazione del cliente;
4) Risultati finanziari di rilievo che prevedevano il raddoppio delle vendite e un margine lordo stabilmente a due cifre. Dopo 31 mesi dall’annuncio (1 marzo 2022 – 30 settembre 2024) Stellantis aggiorna la guidance per il 2024 e tristemente annuncia risultati ben al di sotto delle attese e margini lordi ben lontani dalla doppia cifra.

In questi mesi molti manager chiave hanno lasciato Tavares, uno tra tutti Richard Palmer, CFO all’epoca di Sergio Marchionne in FCA e nel medesimo ruolo all’atto costitutivo di Stellantis, responsabilità che ha conservato fino al luglio del 2023.

L’attuazione di Dare Forward 2030: Tavares mette in secondo piano gli investimenti in nuovi prodotti

Le cose sono andate diversamente da come pianificato e la concentrazione di Carlos Tavares è stata unicamente dedicata alla ricerca delle sinergie, mettendo in secondo piano gli investimenti in nuovi prodotti e adeguamento della gamma, fatta da ben 14 brand.

Il rallentamento della penetrazione dei veicoli a propulsione elettrica, soprattutto in USA e nei principali mercati in Europa, consigliava scelte tattiche, costose ma necessarie, che non sono state intraprese: rilanciare con nuovi prodotti con motori termici, specialmente in USA, e/o con soluzioni ibride in Europa.

Una gamma di prodotti non competitiva

Prediamo il caso di due brand italiani, uno premium, Alfa Romeo, e il secondo nel segmento lusso, Maserati. Ad un certo punto le notizie di innovazione della gamma davano in arrivo prodotti solamente full electric, prima nel 2025, poi nel 2026 e per Maserati non prima del 2028.

Nel frattempo, i prodotti della vecchia gamma, tutti a combustione termica, sono stati dismessi e/o non rinnovati, un film che con orrore hanno visto i concessionari in USA per prodotti iconici come i RAM 1500 o il brand Dodge.

Il risultato è che nel 2023-2024 Stellantis si presenta sul mercato con una gamma vecchia, più costosa e quindi non competitiva. La mancanza di prodotto ha causato il tracollo del 2024, testimoniato con il primo profit warning del 30 settembre di quell’anno.

Privilegiare le sinergie di costo ha offuscato la visione strategica e inibito le scelte tattiche di breve periodo. Le conseguenze sono state sullo sviluppo della gamma di prodotti, che è il principale fattore di blocco degli ordini degli ultimi sei mesi dell’anno corrente.

Cosa è mancato: una gamma con tutte le opzioni di ibrido e elettrico

Come abbiamo scritto in più occasioni su queste pagine, la transizione ad una produzione solamente elettrica non si consegue a costo zero.

Sicuramente, con il senno di poi, si può dire che annunciare una marginalità a due cifre nel 2022 equivaleva ad un azzardo impossibile.

In Europa, e a maggior ragione in USA, dato il ritardo di sviluppo delle infrastrutture di ricarica nei paesi più grandi, dopo gli entusiasmi dei primi innovatori, che hanno comprato tutti Tesla, la penetrazione dei BEV si è fermata e per garantire una continuità del business è indispensabile avere una gamma, moderna e aggiornata, che comprende tutte le opzioni di motorizzazione: ICE, mild hybrid, full hybrid, plug-in hybrid e full electric. In assenza di questa, le vendite si fermano di schianto e i consumatori, spaventati dagli alti costi e dalle incertezze, rinviano le decisioni di acquisto, alimentando l’unico business al momento vivo e iperattivo che è il mercato dell’usato.

Accompagnare la transizione

L’epoca che viviamo è incompatibile con una stagione di elevati guadagni e performance fuori dalla media: gli OEM più attenti se ne sono fatti una ragione. Convivere con tutte le motorizzazioni possibili è lo scenario peggiore per qualsiasi produttore perché non si incassano i benefici delle economie di scala che sono diventate un ingrediente fondamentale del settore automobilistico dagli anni 80 del secolo scorso ad oggi.

Ma questa convivenza è l’essenza della transizione ad un futuro di soli BEV; una transizione che non può essere sconfessata, perché indispensabile, ma che, nei cui traguardi, deve essere intelligentemente negoziata con le autorità di regolazione del mercato, in primis la UE.

Questo ultimo punto richiama l’esigenza di una politica industriale attiva, fatta di sostegni alla catena del valore dell’automotive, e non limitata alla fissazione di traguardi di emissioni zero (Fit for 55), oppure ai soli incentivi all’acquisto del veicolo elettrico. Abbiamo già commentato come i casi di politiche industriali sbagliate hanno prodotto disastri irrimediabili sulla competitività delle nostre imprese in UE a vantaggio di aziende fuori UE, nello specifico i grandi OTT in USA oppure i produttori di auto full electric in Cina, nei tempi più recenti.

Stellantis ha le risorse per competere e non necessita di ulteriori aggregazioni (leggasi Renault) che rimetterebbero sull’agenda la priorità delle sinergie e non quella di una strategia di prodotto che risponda alle esigenze dei mercati.

Nel breve termine, ne paga le conseguenze Carlos Tavares nel ruolo di un leadership team che deve essere profondamente rinnovato per concordare con gli azionisti un progetto più realistico e sostenibile, non solo per l’ambiente ma anche per i posti di lavoro e le competenze accumulate in un settore così importante come quello dell’automotive.

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