AUTO ELETTRICA

Dazi UE sulle auto elettriche prodotte in Cina: è la mossa giusta?



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L’esecutivo dell’Unione europea ha confermato i dazi sull’importazione di veicoli elettrici dalla Cina, ma solo 10 Paesi hanno votato a favore (Italia compresa). Quali conseguenze? E come reagiranno i cinesi? Una cosa è certa: l’Europa dovrebbe puntare di più su ricerca e innovazione

Pubblicato il 10 ott 2024

Alessandro Abbotto

Professore ordinario di Chimica all’Università di Milano-Bicocca



Dazi UE sulle auto cinesi
Dazi UE sulle auto cinesi

Lo scorso 4 ottobre, l’esecutivo dell’Unione Europea ha confermato i dazi per contrastare l’importazione di veicoli elettrici dalla Cina. I dazi sono differenziati in base al gruppo automobilistico, variando dal 17% per BYD al 19% per il gruppo Geely, che include marchi come Volvo e Polestar, fino al 35% per il gruppo SAIC, che comprende, tra gli altri, lo storico marchio MG di origine inglese. Tuttavia, non si è trattato di una decisione unanime.

Non si può parlare di una vera e propria spaccatura, ma piuttosto di una “non-decisione”, rivelando che su questo tema l’UE non ha ancora una posizione chiara e solida. In particolare, solo 10 Paesi, tra cui Italia e Francia (in prima fila tra i più favorevoli), si sono espressi a favore della misura, mentre 5 Paesi, guidati dalla Germania, hanno votato contro. Altri 12 Paesi, tra cui la Spagna, che inizialmente era favorevole, si sono astenuti, temendo ripercussioni economiche su altri fronti commerciali.

Dazi UE sulle auto elettriche: le possibili conseguenze

Quali potrebbero essere le conseguenze? È questa la tattica giusta? La prima conseguenza concreta rischia di essere un aumento dei prezzi per i consumatori, specialmente nel segmento delle auto più piccole. Si tratta di un segmento che copre l’85% delle vendite in Italia, ma in cui l’offerta di vetture elettriche è la più limitata. Se, a parità di qualità, una vettura cinese costa 15.000 € e una europea 25.000 €, la soluzione non è aumentare il prezzo della prima a 25.000 € con i dazi, ma abbassare il prezzo della seconda a 15.000 €, puntando su ricerca, sviluppo e competitività.

Il secondo problema è che, se i consumatori dovessero acquistare meno auto elettriche a causa dei prezzi più alti, si rischierebbe di andare contro gli stessi obiettivi che l’UE si è prefissata. Non parliamo solo degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra di medio (-55% entro il 2030 rispetto al 2021) e di lungo termine (zero emissioni entro il 2035), ma di un traguardo molto più vicino. Entro il 2025, le emissioni medie delle auto vendute dovranno essere pari o inferiori a 93,6 g CO₂/km, il che richiede una quota di mercato del 20-25% per le auto elettriche. Attualmente, solo Tesla e le cinesi Volvo/Polestar (gruppo Geely) e MG (gruppo SAIC) sono in linea con questo obiettivo, mentre altri gruppi, come Ford e le europee Volkswagen e Stellantis, sono in ritardo. In Italia, addirittura, le emissioni medie delle auto nuove nel 2024 sono aumentate, passando da 120 g CO₂/km a 123 g CO₂/km, anche a causa di incentivi inappropriati per le auto a combustione interna. Questo ci sta portando esattamente nella direzione opposta rispetto a quanto stabilito dai Paesi membri, Italia compresa.

Il terzo rischio è chiaramente quello dell’inizio di una guerra commerciale, che danneggerebbe i produttori europei che esportano molto in Cina, come i marchi tedeschi. Non è un caso che la Germania, sostenuta dalla sua potente associazione dell’industria automobilistica, abbia votato contro. I gruppi Volkswagen e Mercedes vendono moltissimo in Cina, rappresentando circa il 30% del loro fatturato. Anche in Italia, il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, pur favorevole ai dazi, ha ammesso che “occorre stare molto attenti, perché i dazi possono penalizzarci”.

Infine, e questo è forse l’aspetto più importante dal mio punto di vista tecnico, non è consigliabile per l’Europa proseguire su questa strada, considerando che la Cina detiene il monopolio su gran parte della filiera produttiva, dalle batterie (CATL, primo produttore mondiale, fornisce ad esempio batterie da Tesla a Stellantis, da Volkswagen a BMW) alle materie prime. La Cina è anche leader nelle tecnologie di nuova generazione, come le batterie LFP (litio ferro fosfato) e agli ioni di sodio, più economiche, solide, sicure e performanti. L’Europa, al contrario, è colpevolmente in ritardo, con poche eccezioni come la Northvolt svedese. Questo potrebbe portare a una situazione in cui i dazi penalizzerebbero indirettamente anche i produttori europei, aumentando i costi delle batterie. Non a caso, molti dirigenti di case automobilistiche europee, come Volkswagen, BMW e Renault, concordano che i dazi non aiutano la competitività e la crescita dell’industria europea.

I numeri parlano chiaro. Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), nel 2023 oltre il 50% delle automobili elettriche vendute nel mondo è stato prodotto da case cinesi, contro solo il 10% per quelle a combustione interna. Con una realtà del genere, è evidente che occorre cooperare, non intraprendere una guerra commerciale.

Dazi UE sulle auto elettriche: la possibile reazione della Cina

Come potrebbe reagire la Cina? È possibile una contromossa, come dazi sulle auto europee, ma credo che la Cina risponderà come ha sempre fatto negli ultimi 20 anni: restando leader in ricerca e innovazione, mentre l’Europa, in molti casi, continua a promuovere auto a benzina e diesel, anche se in versioni ibride, dove però l’alimentazione elettrica gioca un ruolo marginale.

In realtà, la stessa UE non sembra essere completamente convinta dei dazi. Questo non emerge solo dalla “spaccatura” nel voto recente, ma anche dall’entità dei dazi, molto più bassa rispetto a quelli decisi dall’amministrazione Biden, che ha imposto livelli superiori al 100%. Si tratta, quindi, di una manifestazione di disagio più che di una vera intenzione di intraprendere una guerra commerciale. I negoziati con la Cina devono continuare, puntando a uno sviluppo competitivo dell’industria europea, permettendo al contempo ai modelli elettrici cinesi di contribuire alla transizione ecologica e all’Europa di raggiungere i propri obiettivi climatici.

Cosa dovrebbe fare l’Europa

L’Europa deve concentrarsi sullo sviluppo di nuove tecnologie, in particolare nel settore delle batterie, per recuperare il terreno perso negli ultimi 20 anni. La costruzione di gigafactory e lo sviluppo di nuovi modelli, soprattutto nei segmenti A (lo stesso di Fiat Panda), B (Renault Clio) e C (Fiat Tipo), che rappresentano l’85% del mercato italiano, sono fondamentali. Attualmente, solo l’1% dei modelli elettrici si trova nella fascia sotto i 20.000 €. Questo è il terreno su cui l’Europa può fare la differenza, in particolare gruppi come Stellantis, grazie alla sua lunga esperienza nei settori più economici, contrastando la Cina sullo stesso piano: tecnologia e innovazione.

Secondo l’ultimo report dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, in Cina il 65% delle auto elettriche oggi costa meno rispetto alle corrispondenti auto a combustione interna. Non possiamo certo attribuire questo vantaggio al minor costo del lavoro, poiché è chiaro che risulta identico in entrambi i casi. È proprio su questo aspetto che l’Europa deve concentrarsi: sviluppare modelli elettrici di fascia bassa a costi comparabili a quelli delle auto a combustione interna, cioè sotto i 15.000 €. Se nel settore premium l’Europa è già competitiva, non solo naturalmente in termini di qualità ma anche di prezzo, è nel segmento più accessibile che deve migliorare. Una volta fatto questo, il mercato interno risponderà positivamente e i dazi non saranno più necessari.

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