Nel 2020 il mercato delle soluzioni per la Connected Car in Italia ha registrato gli stessi numeri del 2019, arrivando a toccare quota 1,18 miliardi di euro. La pandemia non ha permesso di confermare il trend di crescita che si era osservato negli scorsi anni (+14% nel 2019, +31% nel 2018), anche se il mercato ha complessivamente tenuto, facendo registrare nel 2020 solo una lieve flessione (-2%) rispetto ai dodici mesi precedenti. Sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano*, presentata durante il convegno online “Connected Car & Mobility: come riscrivere la mobilità del futuro”.
In termini di diffusione, sono 17,3 milioni i veicoli connessi a fine 2020, quasi il 45% del parco circolante in Italia. A prevalere come tipologia di soluzioni sono i box GPS/GPRS per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida con finalità assicurative (55%, -11% rispetto al 2019), sul mercato ormai da molti anni. Ma la crescita è trainata principalmente dalle auto nativamente connesse tramite SIM (18%, +48%) o con sistemi bluetooth a bordo veicolo (27%, +15%).
Connected car: la crescita trainata da auto connesse con SIM o bluetooth
Allo stesso tempo, assistiamo al crescere del numero di aziende in grado di raccogliere grandi quantità di dati dalle auto connesse, grazie ai quali possono integrare la propria offerta con nuovi servizi di valore. E questo approccio ha un impatto diretto sia sui numeri del mercato – i servizi raggiungono quota 340 milioni di euro, in crescita del +3% rispetto al 2019 (dato in controtendenza rispetto alla lieve decrescita del mercato nel suo complesso) – sia sull’evoluzione dell’offerta delle aziende. I produttori possono contare, ad esempio, sulla componente hardware già installata in fase di produzione e saranno quindi sempre più in grado di puntare sui servizi abilitati dalla connettività come differenziale competitivo.
Oltre alle auto connesse, l’Osservatorio Connected Car & Mobility ha introdotto un’altra componente molto importante all’interno della stima di mercato: i sistemi ADAS integrati all’interno dei nuovi modelli, quali la frenata automatica di emergenza o il mantenimento di corsia, che fanno registrare a fine 2020 un valore di 600 milioni di euro. Questa ulteriore stima ha portato il valore complessivo del mercato a toccare quota 1,8 miliardi di euro. Si tratta in generale di un buon risultato, sia perché allineato ai numeri dei principali Paesi occidentali, compresi – secondo la maggior parte degli analisti – tra il -5% e il +5%, sia perché occorre contestualizzare tale dato rispetto all’emergenza sanitaria che stiamo tuttora vivendo.
L’effetto pandemia sul mercato dell’auto: – 27,9% in Italia
In Italia, infatti, il mercato dell’auto ha subito un crollo del -27,9%, facendo registrare 535.000 veicoli venduti in meno rispetto al 2019. E tutto questo ha chiaramente avuto un impatto anche sulle vendite di auto smart. Per riprendere il trend di crescita degli anni passati potranno avere un impatto rilevante anche gli investimenti pubblici – Recovery Plan su tutti – con l’obiettivo di mantenere (e possibilmente potenziare) gli attuali incentivi previsti per l’acquisto di nuove auto.
Connected car: il valore dei dati
Con la crescente diffusione delle auto connesse, le aziende iniziano a intravedere il potenziale legato ai dati resi disponibili dalle stesse, alimentando di fatto un mercato che – a livello globale – ha raggiunto quasi quota 4 miliardi di dollari nel 2020. Le modalità con cui è possibile valorizzare questa enorme mole di dati sono numerose e sempre più innovative. Tra queste, si segnala una forte evoluzione dell’offerta verso nuovi modelli di pricing con cui è possibile acquistare servizi smart legati all’auto o alle strade, oppure premi assicurativi sulla base della fonte di alimentazione utilizzata, che includono logiche legate al pay-per-use e che richiedono un radicale cambio di passo da parte di tutti gli attori della filiera.
L’affermazione del business delle auto connesse è giustificata, oltre che dai numeri di mercato, anche dai numerosi benefici che queste nuove auto sono in grado di abilitare per i consumatori, le imprese e gli enti pubblici.
Connected car e assicurazioni: la questione sicurezza
Nel corso degli ultimi anni, il consumatore ha già avuto modo di sperimentare alcuni dei benefici abilitati dalla Connected Car, e tra questi la sfera della sicurezza rappresenta una delle motivazioni di acquisto più importanti per gli utenti finali. Tra le varie applicazioni disponibili, i sistemi di assistenza alla guida (ADAS), quali la frenata automatica di emergenza (“Autonomous Emergency Braking”) o la verifica della presenza di veicoli nell’angolo cieco (“Blind Spot Detection”), sono sempre più integrati all’interno dei nuovi modelli. A questo riguardo, un’area che presenta notevoli opportunità fa riferimento alla possibilità di stipulare polizze assicurative in cui il premio varia sulla base del numero e della tipologia di sistemi ADAS presenti a bordo veicolo. Sono sempre più numerose le compagnie assicurative che lavorano a offerte di questo tipo, che tengano conto della presenza di tali sistemi, e quindi del ridotto rischio di incidente, per offrire uno sconto sul premio assicurativo. In particolare, secondo alcune stime dell’Osservatorio, prendendo come riferimento un campione di auto dotate di sistemi ADAS con cilindrata compresa tra 1.300 e 1.800 cc, e a fronte di un premio equo iniziale compreso tra 170 e 200 €/anno, è possibile ottenere una riduzione del rischio di incidente compresa tra il 15 e il 20%, con conseguente decremento del premio equo pari 25-40 €/anno.
Auto aziendali e connesse
Anche le aziende possono trarre beneficio dall’adozione di soluzioni che abilitano la connettività a bordo auto. Si pensi ad esempio alla gestione delle auto aziendali (smart), in cui i dati provenienti dalle auto connesse consentono di ottimizzare i processi di manutenzione (permettendo una schedulazione preventiva degli interventi con conseguente risparmio di tempi e costi), ridurre i casi di utilizzo fraudolento (ad esempio, uso personale di veicoli destinati a un uso esclusivamente lavorativo) e incentivare uno stile di guida più responsabile (che può portare a una riduzione del tasso di incidenti e del consumo di carburante). Considerando un periodo temporale di 5 anni, l’Osservatorio ha stimato per il passaggio a una flotta di auto connesse un Net Present Value (NPV) superiore a 3.000 euro nel caso di una piccola impresa e a 48.000 euro nel caso di un’azienda di medie dimensioni, con un Pay Back Time (PBT) pari rispettivamente a 2 e 3 anni. Tali valutazioni sono state estese anche al caso in cui un’azienda decida di implementare un servizio di car sharing aziendale sfruttando la propria flotta connessa per ottimizzarne il livello di saturazione: in questo caso, i valori di Pay Back Time divengono pari a 1 (medie imprese) e 3 anni (piccole imprese).