All’interno di un mercato automotive -sia globale che italiano- che comincia a vedere una ripresa, il settore italiano della componentistica fatica a crescere sotto al peso della crisi e la transizione elettrica si rivelerà una sfida particolarmente delicata, considerando che quasi il 40% dei fornitori è legato al motore endotermico.
Lo rileva lo studio sulla filiera della componentistica Automotive in Italia di PwC Strategy&: analizzando i risultati dei primi 350 operatori italiani del settore, è emerso come i fornitori italiani abbiano sofferto rispetto al periodo pre-covid di una crescita dimezzata, che passa da +5.6% a +2.9%, e di una riduzione della marginalità del 18% a livello di EBIT (Earnings Before Interest and Taxes), che passa da 6.2% a 5.1%, attribuibile principalmente alla difficoltà di trasferire i costi incrementali delle materie prime e delle forniture energetiche ai costruttori.
Componentistica auto in Italia, l’impatto della crisi
Nel corso dell’ultimo triennio (2019-2021), il mercato della componentistica in Italia ha subito un netto rallentamento per effetto della pandemia e delle carenze di materie prime.
“La crisi ha impattato in modo più significativo i fornitori focalizzati sul primo equipaggiamento e con un footprint produttivo locale, che rappresentano circa i 2/3 del mercato italiano” spiega Francesco Papi, Partner di Strategy& e Automotive leader di PwC Italia, “In particolare, l’erosione della marginalità ha impattato in maniera maggiore i componentisti con migliori risultati economico-finanziari, a fronte dell’attenzione dei car maker a sostenere in primis le aziende maggiormente in crisi, con l’obiettivo ultimo di dare continuità alla catena di fornitura”.
Transizione elettrica: a rischio 1/3 del fatturato della filiera componentistica auto italiana
In questo contesto, si inserisce la progressiva diffusione della mobilità elettrica, che pone a rischio la produzione e la reddittività dei fornitori più legati al motore endotermico. Nel complesso queste aziende rappresentano circa 1/3 del fatturato e 1/4 del margine totale della filiera.
Anche in questo caso ci sono delle differenze da considerare. Il segmento dei mezzi pesanti in & off-road si è dimostrato più resiliente alla sostituzione tecnologica innescata dalla mobilità elettrica, mentre quello delle vetture e dei veicoli leggeri è maggiormente a rischio, con circa il 50% della produzione globale previsto su motorizzazioni full-electric o fuel-cell al 2030.
Come affrontare la sfida della transizione elettrica?
Ad oggi, circa il 38% dei fornitori Automotive in Italia è focalizzato sulla produzione di componenti per powertrain endotermici e deve quindi ripensare value proposition e approccio al mercato in vista della transizione elettrica in corso.
Guardando al futuro, sarà necessario avviare una serie di iniziative per rimanere sostenibili nel medio/lungo periodo:
- differenziare l’offerta, indirizzando i segmenti di mercato più resilienti alla sostituzione tecnologica come ad esempio quello dei mezzi pesanti
- sfruttare il potenziale dei canali più profittevoli e con più flessibilità sul pricing, ovvero l’aftermarket
- ottimizzare la copertura geografica, in particolare investendo sulle aree meno impattate dalla transizione alla mobilità elettrica
- investire in adiacenze di mercato a elevato tasso di crescita, eventualmente tramite operazioni di M&A
Componentistica auto: aumentano gli investimenti e riprendono le operazioni M&A
La crisi e le sfide lanciate dalla mobilità elettrica non hanno però rallentato gli investimenti, con gli operatori della filiera, che nel complesso hanno aumentato il capitale investito nell’ultimo triennio. Questo aumento è stato realizzato principalmente con equity, permettendo quindi di mantenere stabili i principali indicatori finanziari.
Inoltre, conclude Papi: “a seguito della pandemia si è verificata una ripresa dell’attività M&A in particolare trainata da investitori industriali. La maggior parte delle operazioni ha seguito una logica di consolidamento, con l’obiettivo di investire all’interno dello stesso mercato di riferimento per attenuare la pressione competitiva, realizzare sinergie commerciali e beneficiare di economie di scala. Le imprese che hanno investito sulla crescita inorganica sono state premiate con performance superiori alla media in termini di crescita del fatturato e di reddittività.”