SOSTENIBILITÀ

Auto elettrica: come e perché la Cina ha conquistato il primato mondiale sulle batterie

Mentre l’Occidente continuava a investire su auto a benzina e diesel, gli imprenditori cinesi sono andati per il mondo ad accaparrarsi le concessioni minerarie per i materiali per le batterie dell’e-car (litio, cobalto, nichel) e hanno imparato a costruirle. Ora la Cina punta sull’innovativa batteria al sodio

Pubblicato il 07 Nov 2023

Cina e le batterie per l'auto elettrica

Si sente sovente ripetere che uno sviluppo del mercato legato ai veicoli elettrici favorirebbe la Cina, a danno dell’Europa. Pertanto, sarebbe meglio supportare la tecnologia basata sul motore a combustione interna e combustibili fossili in cui il vecchio continente primeggia. Ma è veramente così? Prima di dare alcuni numeri partiamo da un primo fatto importante. Premesso che la batteria è il cuore, insieme al motore elettrico, di un’automobile elettrica, dei principali metalli contenuti in una batteria per veicoli elettrici (litio, cobalto, nichel, manganese) la Cina non ne possiede praticamente nulla.

I materiali per le batterie dei veicoli elettrici

Il caso del litio è un ottimo esempio. La domanda di litio, che è il principale componente delle batterie a ioni di litio, utilizzate nelle automobili elettriche e nei dispositivi elettronici portatili (smartphone, tablet, computer portatili ecc.), è in forte crescita. L’ultimo rapporto 2023 dell’International Energy Agency, l’ente intergovernativo di riferimento, ci segnala che la domanda di litio per trasporto è cresciuta nell’ultimo anno del 65%. Nel 2022 il 60% del litio è stato utilizzato per le batterie dei veicoli elettrici, contro solo il 10% di cinque anni prima. Il litio non si trova in Cina (come non si trova, se non in piccolissime quantità, in Europa) ma proviene principalmente da due fonti: dalle salamoie e saline in Cile e dalle miniere rocciose in Australia. In Europa si trova solo l’1% e il principale sito di estrazione è la regione del Donbass, in Ucraina, un aspetto quasi mai considerato nelle analisi della crisi bellica russo-ucraina.

Il litio grezzo serve a ben poco. Deve essere prima raffinato e lavorato e, infine, assemblato nelle batterie. Ecco dove entra in gioco la Cina. Pur non avendo praticamente riserve di litio ne trasforma in batterie il 75-80% della quantità estratta. Analogo discorso vale per gli altri metalli, come il cobalto, che proviene dalla Repubblica Democratica del Congo e viene lavorato al 75% in Cina. O il nichel, presente in Indonesia e raffinato al 70% in Cina. In poche parole, pur essendo la Cina povera di questi materiali, come l’Europa, grazie alla visione avuta circa vent’anni fa e alla convinzione che quella fosse la strada da percorrere, ha lavorato principalmente in due direzioni: da un lato ottenere le concessioni minerarie e importare in Cina il minerale estratto e, dall’altro, acquisire la tecnologia necessaria per raffinare i materiali e assemblare le batterie. E, su questo non vi è dubbio, non ci si inventa produttori di batterie di alta qualità da un anno all’altro: sono necessari anni di ricerca e sviluppo e forti investimenti. Ma, più di tutto, la capacità e la visione di puntare su nuove tecnologie quando tutto il resto del mondo è ancora ancorato alle vecchie tecnologie.

Mentre il mondo occidentale continuava a investire su modelli di automobili a benzina e diesel (e, in buona parte, lo fa ancora adesso; a livello di immatricolazioni in Italia la percentuale di motori a combustione interna supera ancora oggi il 95%), gli imprenditori cinesi sono andati in giro per il mondo non solo ad accaparrarsi le concessioni minerarie (spesso cedute dagli stessi paesi occidentali), ma hanno imparato a costruire, quasi dal nulla, le batterie di nuova generazione proprio partendo dalla tecnologia occidentale che, nel frattempo, possiamo dire, si è addormentata.

Nel 2022, la cinese CATL, con sede a Ningde, nel sud-est del paese asiatico, ha coperto da sola il 40% del mercato delle batterie per veicoli elettrici, con un raddoppio degli utili rispetto all’anno precedente. Si tratta di un mercato che raggiungerà nel 2030 i 250 miliardi di dollari.

Italia e Europa ancora indietro sull’elettrico

Quindi cosa impedisce all’Europa, o all’Italia, di fare lo stesso? La linea di partenza è la stessa: nessuna riserva mineraria. Anzi, non proprio. Perché l’Europa, e la stessa Italia, partivano da una condizione di indubbio vantaggio per quanto riguarda il know-how scientifico e tecnologico. Eppure, sia l’Europa che l’Italia arrancano e sembrano perdere sempre più terreno. E non sembrano volersi attivare (politiche, investimenti) per recuperare gli anni persi. Mentre la Cina avanza a vele spiegate, approfittando del mercato del trasporto elettrico in continua e tumultuosa crescita (le vendite di veicoli elettrici nell’ultimo anno sono aumentate del 60%, del 500% in 5 anni; nel 2035 1 auto ogni 3 vendute sarà elettrica, con le stime che vengono corrette al rialzo anno dopo anno) l’Europa punta ancora sulle vecchie tecnologie. E così troviamo, al Consiglio Europeo nella scorsa primavera, la Germania decisa a puntare sui combustibili sintetici e l’Italia sui biocombustibili, entrambe tecnologie legate ai tradizionali motori a combustione e che, non solo non risolvono la dipendenza dall’estero, ma sono associati a costi alti e utilizzi di nicchia.

Il futuro delle batterie: la Cina ora guarda alle batterie al sodio

Mentre il vecchio continente sta ancora cercando la sua strada sul litio, la Cina sta già guardando al futuro, alla tecnologia post-litio, quella a base di sodio, metallo analogo chimicamente al litio ma molto più comune e disponibile sulla superficie terrestre (basti pensare al comune sale da cucina, cloruro di sodio) e, quindi, più economico. Al momento la Cina è di fatto l’unico produttore al mondo delle future batterie al sodio, che arriveranno nel mercato nei prossimi due anni, per la prima volta al mondo, in una city-car prodotta dalla cinese BYD. Il modello verrà venduto, almeno negli annunci, a meno di 10.000 dollari. BYD (“Build Your Dreams”, un nome, un programma, si può ben dire) ha prodotto la sua ultima vettura a motore termico nel marzo 2022. Secondo l’ultimo report dell’International Energy Agency, dalla metà del 2022 è diventato il produttore al mondo con la più alta quota di mercato di autovetture elettriche (18% a fine 2022) sorpassando Tesla (quota di mercato globale al 13% e, a sua volta, prima casa automobilistica in Europa, in assoluto, per automobili vendute). Poco meno di un veicolo elettrico su cinque venduto al mondo a fine 2022 era una BYD, ovvero grosso modo quanto tutti i gruppi Renault-Nissan, BMW, Volkswagen, Stellantis e Mercedes-Benz messi assieme.

Batterie LFP: la produzione è al 95% in Cina

Sempre in tema di nuove generazioni di batterie, la Cina è l’unico attore anche nelle batterie cobalt-free, che risolvono il problema della dipendenza dal cobalto, un minerale estratto solo in poche aree del mondo e, almeno fino a qualche tempo fa, in condizioni di violazione dei diritti umani. Le batterie LFP (litio ferro fosfato), oggi adottate da quasi tutte le case automobilistiche – anche occidentali – in progressiva sostituzione delle tradizionali NMC (la C sta proprio per cobalto), vengono prodotte al 95% in Cina.

I veicoli elettrici: il 60% delle vendite nel mondo è cinese

E una volta assemblata la batteria la musica cambia? Almeno qui, va detto, tutte le principali case automobilistiche, di lunga tradizione, sono localizzate nel vecchio continente e negli USA. Di nuovo, ahimè no. Nell’ultimo anno la Cina ha rappresentato circa il 60% delle vendite di automobili elettriche nel mondo. Oltre la metà delle automobili elettriche circolanti si trova in Cina, la quale ha già superato gli ambiziosi target al 2025 sulla mobilità sostenibile carbon-free. Diversi paesi emergenti, come la Tailandia, nel 2022 hanno già raggiunto la quota di mercato di nazioni come l’Italia, ma a un ritmo di crescita enormemente maggiore (+300% in un anno contro invece addirittura una diminuzione in Italia). Se poi passiamo al trasporto pesante i numeri diventano ancora più favorevoli per i produttori asiatici.

La Cina non solo ormai ospita alcuni tra i principali produttori di automobili elettriche (l’unico reale competitor è al momento solo l’americana Tesla) ma è tra i protagonisti in una realtà sempre più competitiva, con nuove imprese che si affacciano sul mercato, insieme ad altri mercati emergenti asiatici. Vengono proposti modelli di automobili sempre più economici e tecnologicamente avanzati, che sono pronti a invadere i mercati dove la produzione, e gli investimenti, sono ancora in gran parte dirottati sulla “vecchia” tecnologia a combustibili fossili. E così troviamo che nell’ultimo anno il 35% delle automobili esportate nel mondo è partito dalla Cina. Era “solo” il 25% un anno prima. Il principale importatore è proprio l’Europa che, negli ultimi 12 mesi, ha visto passare la percentuale di automobili cinesi, sul totale immatricolato, dall’11 al 16%. E, a quanto pare, è solo l’inizio.

L’importanza del riciclo

Infine, arriviamo all’ultimo tassello della catena del valore: il riciclo. Qui ormai siamo alla pura tecnologia e know-how, partendo da quello che il mondo occidentale dovrebbe già essere in grado di fare, molto bene. Riserve o concessioni minerarie ormai non c’entrano più nulla. Eppure, anche qui, sembra che il player sia solo uno. Della capacità mondiale di riciclo delle batterie, circa 200.000 tonnellate nel 2021, grosso modo la metà veniva effettuata in Cina.

In conclusione, l’industria legata alla mobilità elettrica, dall’estrazione delle materie grezze al riciclo finale, è quasi completamente slegata dalle riserve minerarie, il che significa che può essere sviluppata in qualsiasi paese del mondo. Purché si abbia visione e volontà di effettuare investimenti, in un mercato in forte e costante espansione. Eppure, in Europa, e in Italia, non sembra che la lezione sia stata appresa a sufficienza. Mentre la Cina consolida il suo primato e accelera sulle nuove tecnologie, dalle batterie senza litio di nuova generazione alle automobili a basso prezzo e alle infrastrutture per il riciclo, da noi non solo il mercato arranca (in Italia nei primi 9 mesi del 2023 meno del 4% delle automobili vendute sono state elettriche) ma sembra ancora preferire soluzioni (vedi biocombustibili) ancorate alla vecchia tecnologia, investendo poco, e con poca convinzione (tranne alcuni meritevoli eccezioni), in quello che ormai – è chiaro per tutti – rappresenta già il presente e, soprattutto, il futuro del trasporto leggero e pesante su strada. Basti pensare che nel 2022 il numero totale di automobili elettriche vendute, dove, come abbiamo visto, la Cina è assoluto protagonista, ha superato il numero totale di veicoli – con qualsiasi alimentazione (benzina, diesel, ibride, elettriche ecc.) – vendute in tutta l’Unione Europea. Forse è arrivato il momento di uscire dal torpore e investire risorse, investimenti, conoscenze nel futuro della mobilità, prima che sia troppo tardi.

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Alessandro Abbotto
Alessandro Abbotto

Alessandro Abbotto è professore ordinario di Chimica all’Università di Milano-Bicocca. È presidente della Divisione di Chimica Organica della Società Chimica Italiana e coordinatore dei Giochi e Campionati Internazionali della Chimica. È stato direttore del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca fino al 2021, coordinando in qualità di direttore il progetto quinquennale del Ministero dell’Università e della Ricerca rivolto ai “Dipartimenti di Eccellenza” su idrogeno, batterie e fotovoltaico. Ha pubblicato "Idrogeno. Tutti i colori dell’energia" (Edizioni Dedalo, 2021), "La mobilità elettrica. Storia, tecnologia, futuro" (Carocci editore, 2022), "La nuova chimica del XXI secolo. Rivoluzione verde e transizione ecologica" (Edizioni Dedalo, 2023, con Vito Capriati), "Il genio quotidiano. Raccolta di racconti del quotidiano di grandi scienziati chimici e delle loro scoperte" (Edises-SCI, 2023), “Perché l’auto elettrica?” (Scienza Express, 2024).

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