Quello delle auto a guida autonoma appare come un settore con un grande potenziale di crescita, ma prima che si concretizzino le stime che parlano del possibile arrivo di centinaia di migliaia di veicoli senza autista sulle strade, c’è un importante ostacolo da superare: la normativa. L’aspetto legale infatti potrebbe apparire un dettaglio, ma non lo è affatto: per passare da mezzi sperimentali e prototipi a vere e proprie autovetture commerciali è necessario che ci siano delle basi normative che consentano la libera circolazione in tutti i casi e in tutte le situazioni.
Al momento la SAE (Society of Automotive Engineers) identifica 6 livelli di automazione che vanno dalla tradizionale guida, in cui tutti gli aspetti sono gestiti dal pilota (livello 0), passando per un’assistenza parziale (livelli 1 e 2), per raggiungere alti gradi di automazione in cui il veicolo può procedere praticamente da solo (livelli 3 e 4) e concludendo con la vera e propria guida senza bisogno di autista (livello 5, ossia l’automazione totale anche in condizioni meteo avverse).
Questa distinzione è importante perché a oggi sulle nostre strade possono circolare auto che presentano strumenti ausiliari e che rientrano nei livelli 1-2, ma la normativa italiana attuale non consente ancora l’ingresso sul mercato di mezzi con guida autonoma di livello superiore. I primi infatti, essendo dotati solo di uno o più sistemi di assistenza alla guida, non vengono considerati veri e propri veicoli autonomi, dal momento che necessitano della presenza di un guidatore attivo. Un mezzo a guida autonoma, ovvero dotato di tecnologie capaci di adottare comportamenti di guida senza l’intervento attivo di un pilota, quindi non è attualmente omologabile.
Le cose però potrebbero cambiare: il 14 luglio 2022 l’Europa ha modificato la normativa e dato il via libera alla circolazione su strada di auto a guida autonoma. I diversi paesi dovranno ora (con i loro tempi) adeguarsi alle nuove direttive.
Un Codice della Strada “pre-digitale”
Come si può capire il tema è complesso, al di là delle questioni tecnologiche, però, è l’aspetto burocratico quello su cui al momento ci sono più difficoltà, nel nostro Paese così come nel resto del mondo. Andando ad analizzare la legislazione in merito ci troviamo di fronte a un quadro articolato e, come prevedibile, pensato per un contesto tradizionale, o per meglio dire precedente all’epoca digitale. In Italia quindi dobbiamo fare i conti con il Codice della strada che definisce veicoli tutte le macchine circolanti su strada guidate dall’uomo, escludendo quindi a priori – a una prima analisi – la possibilità di un’auto in grado di muoversi autonomamente.
Su questa base si innesta però l’adesione alla Convenzione di Vienna sul traffico stradale che si presenta come meno restrittiva e contempla più semplicemente la presenza di una persona in grado di controllare il veicolo. Proprio grazie alla Convenzione, quindi, si sono svolti vari test nel nostro Paese, dal primo nel lontano 1998 – quando una Lancia Thema macinò quasi 2.000 km per tutta la penisola guidandosi da sola per il 94% del tempo – fino al 2018 quando l’avvento del cosiddetto “Decreto Smart Road” ha riorganizzato la materia mettendo dei paletti più rigidi.
Test driverless a Parma nel 2013
Il 28 febbraio del 2018 infatti il Ministero dei Trasporti ha emanato il D.M. n. 70 meglio noto come “Decreto Smart Road” introducendo nuove regole per la sperimentazione di veicoli a guida autonoma su strade pubbliche. Il testo, oltre a identificare i veicoli driverless come dotati “di tecnologie capaci di adottare e attuare comportamenti di guida senza l’intervento attivo del guidatore, in determinati ambiti stradali e condizioni esterne”, ha istituito anche un apposito osservatorio tecnico mirato a coordinare le varie iniziative e sperimentazioni e, allo stesso tempo, a supporto di studi, ricerche e approfondimenti in particolare sul tema della sicurezza.
Smart road di Anas
Una questione fondamentale però rimane quella della responsabilità civile in caso di sinistri stradali. Proprio per questo motivo il decreto prevede che i mezzi possano circolare purché sia sempre presente un supervisore adeguatamente preparato e in grado di passare in ogni momento dalla modalità automatica a quella manuale. Gli aspetti assicurativi, così come quelli tecnici devono essere documentati nella domanda di autorizzazione al Ministero. Inoltre la normativa richiede anche che ogni 15 giorni il soggetto che effettua la sperimentazione debba produrre e consegnare un rapporto su eventi o problematiche che possano avere impatti, anche solo potenziali, sulla sicurezza.
Un’altra novità introdotta dal decreto è l’obbligo, nel caso in cui la sperimentazione venga portata avanti da soggetti diversi dal costruttore del mezzo, di presentare un nulla osta rilasciato da chi ha costruito il veicolo. Questo punto chiude quindi la porta a tutti coloro che volessero prendere un’auto e allestirla con i propri dispositivi, visto che difficilmente un’azienda autorizzerebbe un concorrente.
A distanza di più di un anno dalla sua nascita, l’Osservatorio per le Smart Road ha prodotto la sua prima relazione annuale, in cui auspica l’adozione di nuovi strumenti legislativi che permettano di accedere alla sperimentazione su strada pubblica anche ai mezzi più innovativi, attualmente non omologabili secondo le norme di settore (per esempio perché privi di volante o di pedaliera). Queste raccomandazioni sono quindi state raccolte in una revisione del decreto che al momento è in via di verifica da parte del Consiglio di Stato.
Guida autonoma: la normativa in Europa
Nel frattempo, l’Europa ha fatto il passo storico.
Il 14 luglio 2022 è entrato in in vigore l’articolo 34 bis della Convenzione di Vienna sulla circolazione stradale sottoscritta dagli Stati dell’Unione Europea, che fa uscire ufficialmente dallo stato sperimentale gli Adas (Advanced Driver Assistance Systems), permettendo la circolazione su strada di veicoli self-driving.
14 luglio 2022: le auto a guida autonoma possono circolare in Europa ma la strada è lunga
Il via libera dall’Europa, tuttavia, è soltanto un primo step. Ora ogni Paese dovrà recepire la normativa e inquadrarla nel proprio quadro legislativo, operazione che potrebbe ancora richiedere molto tempo.
Obiettivo ultimo è creare una regolamentazione comune che riguardi tutti i tipi di trasporto a condotta autonoma su gomma e rotaia, marittimi e droni, assicurando l’interoperatività a livello globale, introducendo l’obbligo di “scatole nere” per migliorare gli accertamenti a seguito di incidenti, prendendo in considerazione gli aspetti che riguardano la protezione dei dati dei soggetti interessati e aggiungendo un’attenzione particolare alle persone con disabilità.