Il decreto Investment compact del 20 gennaio ha introdotto la categoria delle Pmi innovative. Per le piccole e medie imprese che più puntano sull’innovazione saranno estesi molti dei benefici previsti dal decreto crescita 2.0 per le startup innovative. Ma quali sono i vantaggi concreti per le aziende? EconomyUp lo ha chiesto ad Alvise Biffi, vicepresidente di Piccola Industria di Confindustria e presidente della Piccola Impresa di Assolombarda.
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Quali saranno i vantaggi principali di questa misura?
Bisognerà aspettare i decreti attuativi, ma guardando al testo della norma così com’è ci aspettiamo che contribuisca a far emergere l’innovazione che già si fa nelle Pmi: è un incentivo a capitalizzare a bilancio le spese fatte per ricerca e sviluppo e a non ripartirle su più esercizi. Tutta la ricerca che resta sotto traccia emergerà in modo più evidente anche nei numeri, dando maggior competitività e attrattività al Paese. Così, potremo risalire anche nelle classifiche relative alla ricerca: non saremmo più agli ultimi posti. Poi, questa normativa può essere un incentivo a fare più investimenti in ricerca e innovazione per chi non ne fa abbastanza.
Quanto può incidere la possibilità di raccogliere capitali attraverso il crowdfunding?
Il potenziale è grandissimo. Da una parte, le banche sono in contrazione. Dall’altra, il mondo del venture capital si rivolge più che altro alle aziende di dimensione medio-grande, tralasciando le Pmi, anzi le Mpmi, includendo in questa dimensione anche le microimprese. L’equity crowdfunding, pertanto, può essere uno strumento importante per ottenere fondi utili alla crescita. È un meccanismo che può funzionare perché possiede una formula che tutela l’investitore privato, in quanto prevede che l’ultimo 5% di ogni campagna debba essere finanziato da un investitore istituzionale, e allo stesso tempo invoglia gli investitori istituzionali a puntare su questi progetti perchè sono già stati coperti per il 95% e hanno già ricevuto, indirettamente, un test gratuito di mercato. Da quando si aggiungeranno anche le Pmi innovative, il numero dei progetti finanziati in crowdfunding aumenterà di certo.
Vengono estese alle Pmi anche le agevolazioni fiscali previste per chi investe in startup. Che beneficio può apportare?
È un vantaggio enorme, che può aiutare a raccogliere risorse in una logica di aggregazione tra piccoli. Investendo sulle Pmi, si tratti di privati o aziende, si stimola la creazione di soggetti più strutturati. Inoltre, è più facile che una Pmi possa raccogliere capitali rispetto a una startup perché ha già uno storico di mercato e può provare la qualità del suo team. Dà quindi una più ampia base di valutazione all’investitore. Abbassa il rischio.
Tra i benefici c’è anche la possibilità di pagare il personale con stock option e i fornitori con il meccanismo del work for equity. Quanto può essere utile?
Può essere un grande vantaggio. Uno dei problemi delle Pmi è quello di attirare talenti. Di solito, i ragazzi più qualificati cercano la grande impresa. Permettere una logica di stock option può attrarre giovani di talento perché vedono in questa formula una possibilità in più. In più, permette alle aziende di pagare meno in stipendi. Quanto al work for equity possono esserci alcune categorie professionali interessate. Può avere senso nel momento in cui c’è un investimento in tecnologia da supportare integralmente: il fornitore può scegliere di farsi pagare investendo in parte del capitale dell’azienda. Tutto è pensato per concedere modalità di investimento nuove.
In sintesi, qual è il giudizio suo e di Piccola Impresa Confindustria?
Siamo soddisfatti. Il governo ha recepito lo spirito di una proposta fatta dal presidente Alberto Baban al forum di Napoli e ha anche aggiunto variazioni in positivo. È una misura potenzialmente efficace perché migliora la fotografia del Paese – l’innovazione che c’è già sarà più visibile – e dà benefici e linee guida chiare allargando le possibilità di finanziamento per le imprese, soprattutto per quanto riguarda il crowdfunding. Questa normativa dice alle Pmi che c’è un futuro, le spinge a mostrare l’innovazione e a investire per fare ricerca e per crescere in termini di dimensione. Ricordiamoci che sulla catena del valore il rapporto è di 1 a 5: per ogni impresa innovativa ce ne sono cinque che crescono in scia.