Realacci (Symbola): “Il Made in Italy scaccia la crisi, ma serve la Rete”

Il presidente della Fondazione per le Qualità Italiane: “Sforniamo prodotti unici al mondo per competenze tradizionali, bellezza e creatività. Se poi usiamo le nuove tecnologie non ci batte nessuno”

Pubblicato il 27 Gen 2014

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“Per uscire dalla crisi l’Italia deve fare l’Italia. Deve cioè scommettere sulle cose che la rendono unica: competenze tradizionali, bellezza, creatività, ingegno, capacità di innovazione. E se lo fa attraverso le nuove tecnologie non la batte nessuno”. Così la pensa Ermete Realacci, ambientalista, politico e presidente di Symbola, Fondazione per le Qualità Italiane nata nel 2005 proprio con l’obiettivo di promuovere un nuovo modello di sviluppo orientato alla qualità, in cui si fondono tradizione, territorio, ma anche innovazione tecnologica, ricerca e design. Oggi Symbola è al fianco di Google nel suo progetto per il Made in Italy.

Ma le piccole e medie imprese italiane sono pronte al debutto sul web?

Già oggi ci sono esempi eccezionali in questo campo. Un mio amico ha una sartoria artigianale a Ginosa di Puglia e, senza muoversi dal suo paese, crea abiti per il principe inglese Williams e per i primi ministri giapponesi. Mi diverte poi pensare che i bambini di Shangai, Copenhagen o Phnom Penh giocano su giostre italiane. Siamo bravissimi giostrai: rispetto ai concorrenti tedeschi fabbrichiamo giostre più leggere che consumano fino a metà dell’energia. Così un elemento di innovazione e bellezza diventa fattore di competitività. E questo accade nei settori più impensati. L’economista Carlo Maria Cipolla diceva che la missione dell’Italia è produrre all’ombra dei campanili cose che piacciono al mondo. E il presidente esecutivo di Google, Eric Schmidt, durante la sua visita in Italia a ottobre, ha ricordato che “in un pianeta globalizzato i prodotti di nicchia non hanno mercati di nicchia”. È questa la chiave di un possibile successo italiano.

Quanti e quali vantaggi concreti per artigiani e commercianti che decidono di gestire il proprio business in Rete?

I vantaggi sono già visibili. Come sappiamo in Italia va molto male l’economia interna mentre l’export presenta dati estremamente positivi. Il valore delle esportazioni dei prodotti agroalimentari nel 2013 ha raggiunto quota 33 miliardi di euro, +6% rispetto al 2012. Questo dà l’idea di quanto l’internazionalizzazione di un settore possa giovare a quel settore e all’economia in generale.

Come intendete sviluppare la collaborazione con Google?

Insieme all’Università Ca’ Foscari e al professor Stefano Micelli mettiamo a disposizione le esperienze di chi sta facendo impresa. Stiamo anche ragionando di un road show per l’Italia che faccia conoscere queste esperienze a chi ha deciso di proiettare la qualità dei propri prodotti nel mondo attraverso la Rete.

Insomma, l’internazionalizzazione attraverso il web può essere la chiave per superare la crisi economica?

Innanzitutto non credo che usciremo dalla crisi con una logica alla Eduardo de Filippo secondo cui “A’dda passa’ a nuttata”, cioè riprendendo da dove ci eravamo fermati. Bisogna saper evolversi e cambiare. Uno strumento importante, in questo senso, è la Green Economy. Oltre il 20% delle imprese italiane dall’inizio della crisi ha fatto investimenti in Green Economy in senso lato: non solo risparmio energetico e fonti rinnovabili, ma tutto quello che ha a che fare con la riduzione dei consumi energetici, per esempio la riduzione dell’impatto su ambiente e salute, la tracciabilità dei prodotti…È una serie di innovazioni che riguardano tutti i settori. Questa parte di imprese italiane sono quelle che innovano di più, esportano di più e producono più posti di lavoro. L’anno scorso il 60% dei posti di lavoro in Ricerca e Sviluppo erano legati alla Green Economy. Io credo che si affronta la crisi se si cambia, se si capisce qual è il posto dell’Italia nel mondo e se si comprende come favorire un’economia a misura d’uomo senza lasciare indietro nessuno.

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