Lo scenario macroeconomico
I mesi estivi hanno evidenziato incoraggianti segnali di ripresa nell’Eurozona e di accelerazione dell’economia globale: per la prima volta nell’ultimo decennio, il ruolo di maggior traino della crescita mondiale è esercitato dai Paesi avanzati. Nei prossimi mesi, la ripresa di Stati Uniti, Giappone ed Eurozona si rifletterà in un’accelerazione delle loro importazioni, con effetti propulsivi sui ritmi di crescita – sinora modesti – del commercio internazionale. Tale mutamento di scenario dovrebbe riflettersi favorevolmente sui Paesi emergenti più integrati nei flussi commerciali internazionali (Cina, Turchia, Corea) o più legati alla domanda interna europea (paesi dell’Europa Centrale e Orientale).
Stati Uniti. Prevediamo un’accelerazione della crescita nel 2014 (al 3,1%, dal dall’1,6% atteso per il 2013), legata a una pluralità di fattori: riduzione della stretta fiscale, rafforzamento dei consumi e degli investimenti non residenziali, prosecuzione dell’espansione del settore immobiliare. La domanda domestica sarà sostenuta dal riequilibrio dei bilanci delle famiglie (che risultano oggi meno indebitate e hanno ricostituito gran parte della ricchezza finanziaria e immobiliare persa dopo la crisi del 2008), dai progressi nei mercati azionari e da condizioni finanziarie estremamente espansive. Fino al 2015-16 la Fed si è impegnata a seguire, anche con il nuovo Presidente, una politica monetaria che risulta di fatto molto più accomodante rispetto a quella adottata in analoghe fasi cicliche. La politica fiscale è su un sentiero virtuoso di riduzione del deficit; la conflittualità in un Congresso diviso rende però difficile la gestione del breve termine e impedisce di affrontare i nodi relativi alla sostenibilità del debito pubblico nel lungo periodo.
Giappone. Dopo un primo semestre in cui si è avviata una buona ripresa economica, le indicazioni congiunturali segnalano una seconda metà dell’anno e un 2014 ancora all’insegna di una crescita solida. La svolta ciclica ha confermato il ruolo trainante dei consumi privati, grazie al miglioramento del mercato del lavoro e del reddito nominale e al ritorno di aspettative di inflazione positiva.
Eurozona. I dati più recenti confermano che il punto di minimo del ciclo è stato raggiunto a inizio 2013; da allora è iniziata una fase di ripresa che potrebbe durare almeno due anni, ma che sarà di entità modesta. La crescita per ora è trainata dall’export, ma vanno gradualmente configurandosi tutti i tasselli affinché possa avviarsi anche un modesto recupero della domanda interna. Un freno verrà peraltro dalla debolezza del mercato del lavoro e del credito, nonché dal processo di correzione degli squilibri sul mercato immobiliare ancora in corso in alcuni Paesi.
Italia. I timidi segnali di rimbalzo ciclico già osservati in primavera si sono rafforzati nei mesi estivi; il recupero è decisamente più evidente dagli indici di fiducia che non dai dati reali, che offrono indicazioni meno univoche. La fase attuale appare più una stabilizzazione dell’attività piuttosto che una ripresa vera e propria, che è attesa consolidarsi solo tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. La svolta sarà trainata dalla domanda estera, che beneficerà di una accelerazione grazie al contributo positivo dei partner dell’Eurozona. Solo in un secondo momento il testimone della crescita passerà alla domanda interna. Già nell’ultimo trimestre del 2013 si potrebbe osservare una ripresa degli investimenti, mentre il recupero dei consumi è rimandato al prossimo anno.
La Moda Italiana
Il quadro congiunturale. Nella prima parte del 2013, le imprese della moda (tessile, abbigliamento e filiera della pelle) hanno registrato una nuova diminuzione del fatturato (-3,4% nel periodo gennaio-agosto, in base a stime Intesa Sanpaolo), dopo quella già sperimentata nel 2012 (-4,4%). Ancora una volta, è stata la domanda interna a penalizzare maggiormente i risultati delle imprese del settore. Le vendite al dettaglio evidenziano, infatti, una nuova caduta degli acquisti di vestiario e calzature (-3% a prezzi correnti nei primi otto mesi dell’anno), seppure in graduale attenuazione nei mesi estivi.
Meglio il fronte estero, dove le imprese italiane ottengono una crescita del 3,4% a prezzi correnti nel periodo gennaio-agosto, grazie soprattutto all’aumento delle esportazioni di pelle e prodotti in pelle (+7,2%) e di abbigliamento (+2,4%), mentre il tessile è in territorio negativo (-1,6%). Ottimi i risultati sui mercati extra-UE (+6,3%), in particolare nei paesi ASEAN (+25,9%), OPEC (+15,2%) e in Cina (+14,6%). Continuano a crescere anche le vendite negli Stati Uniti (+5,4%) e in Giappone (+4,4%); nei paesi europei, dopo un primo trimestre molto negativo, si evidenziano interessanti segnali di inversione di tendenza che portano a +0,7% la variazione complessiva dell’export tra gennaio e agosto 2013.
Il confronto con la Spagna evidenzia una più vivace dinamica delle esportazioni iberiche di prodotti del Sistema Moda (+11,1% nel periodo gennaio-luglio 2013) accompagnata però, a differenza dell’Italia, da una crescita delle importazioni, in particolare dai paesi a basso costo. Il saldo spagnolo del sistema moda rimane di conseguenza in territorio negativo, così come pesantemente in deficit appare la Francia. Al contrario, l’Italia registra, anche nella prima parte del 2013, un saldo positivo ed elevato, a conferma della forza della filiera integrata del Made in Italy in questo settore.
L’importanza delle filiere. Le imprese capofila dei principali distretti del Sistema Moda (63 imprese intervistate da Intesa Sanpaolo nella primavera del 20131) appaiono consapevoli di questo patrimonio di competenze: quasi il 60% si rivolge stabilmente a subfornitori locali, apprezzati soprattutto per la qualità della forza lavoro, del prodotto e del servizio e per l’elevata affidabilità.
Anche in prospettiva, le imprese non intendono ridurre il ricorso a questi fornitori e, anzi, oltre il 14% segnala di voler riportare in Italia lavorazioni precedentemente affidate all’estero. La criticità della filiera emerge chiaramente anche tra le preoccupazioni dei capofila: quasi il 70% ritiene che ci sia un problema di ridotta nascita di nuove imprese e di mancato ricambio generazionale tra i propri subfornitori (una percentuale di oltre venti punti superiore a quanto si riscontra, ad esempio, tra le imprese capofila della meccanica). Le prospettive del sistema moda italiano dipendono, pertanto, anche dalla capacità di preservare e rinnovare questo patrimonio.
Le prospettive. Nei prossimi mesi l’intonazione meno negativa delle vendite al dettaglio sul mercato interno ed il risveglio delle esportazioni verso i paesi UE si rifletteranno in un miglioramento che, tuttavia, non sarà sufficiente a garantire la crescita del fatturato, previsto in calo dell’1,7% a prezzi correnti nel complesso del 2013 (dopo il -4,4% del 2012). Si dovrà attendere il 2014 per registrare una ripresa (+1,4%), seguita da un’accelerazione a + 3,3% nel 2015.
Cruciale sarà anche nei prossimi anni il sostegno del canale estero che consentirà un parallelo miglioramento degli indici di redditività, scesi ancora nel 2012: l’analisi di un campione rappresentativo di imprese del Sistema Moda evidenzia, infatti, una nuova riduzione della redditività, con il ROI medio calato al 6,1% dal 6,7% del 2011. La ripresa della redditività sarà inoltre graduale, date le elevate pressioni competitive sui mercati internazionali: solo nel 2015 si potrà tornare ai livelli del 2008, precedenti la grande crisi.