Indicatori

Made in Italy, non sappiamo proteggere le nostre proprietà

L’International property right index vede l’Italia in posizioni preoccupanti nella tutela dei diritti. Agroalimentare, design e moda sono i settori più esposti alla contraffazione in assenza di una garanzia del sistema-Paese. Qui trovate il report completo

Pubblicato il 13 Set 2013

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Sull’International property right index (indice internazionale sui diritti di proprietà, Ipri), presentato a Washington, si legge che l’Italia è in una posizione di palese arretratezza. Realizzato dal Property rights alliance, osservatorio Usa, che vede in cordata anche il think tank italiano Competere.eu, l’Ipri misura il livello di tutela della proprietà su scala mondiale. Tre gli indicatori: il contesto politico-giuridico (in termini di stabilità politica, corruzione, indipendenza della magistratura, stato di diritto), i diritti di proprietà fisica e quella intellettuale.

In tutti e tre i campi, il nostro Paese appare messo male. La situazione politica odierna lo lascia al 52esimo posto. C’è chi direbbe che sarebbe potuta andare peggio. Visto il dramma che, proprio in questi giorni, si sta consumando a Roma. Mentre 64esimo e 31esimo sono i posizionamenti italiani per gli altri due indicatori. In ogni caso si tratta di punteggi davvero esigui.

I primi della classe, mando a dirlo, sono i Paesi scandinavi. Ma è tutto il mondo occidentale – dagli Usa alla Francia, passando per la Gran Bretagna – che si presenta messo bene.

Se fossimo pessimisti, diremmo che sono ulteriori conferme del declino. Mancanza di riforme, imprevedibilità del futuro politico, burocrazia e spesa pubblica incontrollabili. I “declinisti” però rischiano di passare per Cassandre ripetitive e, per identità mitologica, inascoltate.

Quello che merita essere preso in considerazione però è il segnale di allarme suonato in difesa delle nostre piccole e medie imprese da parte della comunità internazionale. L’Ipri, che nasce infatti da una sintesi di studi di Banca mondiale, Ocse e World economic forum, ci sta mettendo di fronte a una realtà, con le sue specificità, da affrontare immediatamente. Agroalimentare, design e moda sono i settori più esposti alla contraffazione. La mancanza di una protezione, di una garanzia dal sistema-Paese miete le sue vittime. Ma, come in ogni guerra, i comandanti non si accorgono dei caduti in prima linea. Sono invece gli osservatori internazionali paradossalmente a porci di fronte ai pericoli. Ne va della sopravvivenza dei soggetti traino della nostra economia. Ne va appunto dei nostri “soldati”.

Leggi il report in versione integrale

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