Innovation Hacking, 3 regole per risolvere i problemi (e innovare)

Bisogna pensare un po’ come gli hacker, dice Fabrizio Casella, esperto di User Experience. Le fasi: conoscere le regole del gioco per poter barare; passare dai problemi ai sottoproblemi; tentare soluzioni impossibili. Ecco come ha usato questo metodo nella sua azienda

Pubblicato il 14 Giu 2017

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Risolvere i problemi è da sempre il mio più grande punto di forza e lavorando nell’industria dell’innovazione, dove tutto viene creato da zero e ciò che funziona sulla carta, spesso non supera la prova dell’usabilità, gli ostacoli da aggirare non si contano. Analizzando tutti i problemi risolti in passato – anche in ambiti molto diversi tra loro – mi sono accorto che esiste un pattern comune e da questo ho empiricamente ricavato la formula dell’Innovation Hacking. Per molti versi si tratta di un processo simile a quello usato dagli hacker quando tentano di bucare un sistema informatico: sfruttando una vulnerabilità del sistema è possibile acquisirne dei privilegi, anche minimi, che permettono gradualmente di appropriarsi del sistema nella sua totalità. Nell’industria dell’innovazione ogni nuova situazione va affrontata come un problema da risolvere, lavorando per step incrementali in grado di far emergere non solo le soluzioni che cercavamo, ma strade totalmente nuove che si trovano sotto il nostro sguardo senza che ce ne rendiamo conto

Il processo prevede 3 fasi:

1) Solo se conosci le regole del gioco sei in grado di barare
Se si approccia un problema è necessario conoscere alla perfezione il contesto in cui ha origine, per analizzare in dettaglio lo scenario di riferimento e tutti i suoi risvolti economici, sociali, culturali, normativi, compresi gli standard di mercato già consolidati. Questa fase non è da sottovalutare e consiste nel mettere in dubbio tutte le certezze che pensiamo di avere, valutando tutti i possibili scenari alternativi di una situazione.
Nel caso di Sky Bet ad esempio dovevamo risolvere il problema dell’altissima percentuale di utenti che non completa il processo di registrazione, perché scoraggiata dalla mole di dati da inserire, richiesti dalle autorità. Lo standard di mercato è diventato la registrazione tramite pulsanti social, che permette di registrarsi in un click. Di conseguenza gli utenti, abituati a questa esperienza d’uso estremamente semplice, trovano la registrazione sui siti dei bookmaker ancora più pesante: di 100 utenti che cominciano la registrazione solo 30 la portano a termine.

2) Dal problema ai sottoproblemi
La seconda fase consiste nel prendere il problema astratto e dividerlo in N sottoproblemi specifici, identificando tutti i vincoli che lo compongono. Quante informazioni è necessario inserire? in che tempi e con quale ordine vanno inviati i dati degli utenti all’autorità?Quali le differenze di approccio da mobile a desktop?

3) La soluzione impossibile
La terza fase è la più complessa. Si tratta di trovare una soluzione, anche impossibile o irrealizzabile, a uno degli N sottoproblemi specifici identificati al punto 2. L’introduzione di questa nuova variabile (la soluzione impossibile) modifica il campo da gioco quanto basta per far insorgere dei nuovi sottoproblemi su cui è necessario riflettere: emergono così nuove strade da percorrere e soluzioni impensabili all’inizio del processo, che possono essere la svolta nella risoluzione del problema generico iniziale.

Questo approccio ci ha permesso ad esempio di registrare come marchio un nuovo sistema di iscrizione, la Registrazione Veloce®: anziché partire da 6 informazioni – nome, cognome, data di nascita, sesso, città e provincia di nascita – per calcolarne una, il Codice Fiscale, si parte invece da questo per calcolare tutti i relativi dati anagrafici, sfruttando un sistema di suggerimento di nomi e cognomi in grado di evitare anche le rare corrispondenze errate. Il risultato? il numero di iscrizioni completate su Sky Bet è passato dal 30% (media di mercato) al +85%.

Aggiungendo complessità non legate in modo razionale al problema e concentrandosi in modo lineare su tali nuove variabili, si finisce per pensare in modo non lineare, stimolando il pensiero laterale. Che il problema sia l’abbandono del carrello, le iscrizioni non completate o le scarse condivisioni di un contenuto, la forza di questo metodo è la sua universalità, che lo rende applicabile a tutte quelle app, siti e servizi digital che devono vincere la resistenza degli utenti.

* Fabrizio Casella è UX & Mobile Apps Manager di Sky Bet

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