Mentre in Italia Uber torna a infiammare gli animi, negli Stati Uniti la startup più valutata al mondo è già al lavoro per l’“automobile volante”.
A Milano e Roma i tassisti, storici nemici della società californiana nata per fornire un’applicazione per prenotare auto a noleggio da smartphone, sono in sciopero da diverse giorni. La categoria ha avviato le proteste dopo l’approvazione di un emendamento contenuto nel decreto Milleproroghe approvato dal Senato che, secondo i guidatori delle auto bianche, “deregolamenta il settore”, favorendo così la multinazionale del noleggio privato. È l’ultima di una serie di agitazioni che hanno visto i tassisti italiani (e non solo, perché Uber è stata contestata in varie parti del mondo) scontrarsi con il colosso californiano.
►Uber, a che punto siamo con le regole per i nemici dei tassisti
In questo caso gli autisti di taxi protestano contro l’emendamento, a firma di Linda Lanzillotta (Pd), che rinvia al 31 dicembre 2017 il termine entro il quale il ministero dei Trasporti deve emanare i decreti legislativi previsti da una norma dello scorso anno contro l’esercizio abusivo del servizio taxi e Ncc (Noleggio con conducente). In pratica la categoria gioca in attacco, creando disagi, organizzando sit in e lanciando minacce (Lanzillotta ne ha ricevute di personali) non tanto contro una norma che potrebbe danneggiarli, quanto contro il rinvio di una norma che dovrebbe favorirli.
Rimandando l’emanazione dei decreti legislativi, viene infatti sospesa l’efficacia di un articolo della legge quadro del 1992, in base al quale gli autisti di Ncc dovrebbero tornare alla propria autorimessa fra un servizio e l’altro. Un obbligo, quello del rientro in rimessa al termine di ogni singolo servizio, che dopo oltre 20 anni è diventato, agli occhi di molti, obsoleto. Ma il mondo dei tassisti si gioca la sua partita contro la rivale Uber anche e soprattutto su questo punto: se Uber, dicono, fa servizio di noleggio con conducente, ad ogni corsa i suoi autisti devono tornare alla rimessa e ripartire da lì. Cosa che, evidentemente, complicherebbe di molto il lavoro di Uber o lo renderebbe addirittura impossibile.
Ma la company di Travis Kalanick sembra già essere già oltre, impegnata a percorrere le future strade dell’innovazione nella mobilità. La società ha assunto Mark Moore, un ricercatore della Nasa, l’istituto aerospaziale statunitense, che è stato fra i primi ad occuparsi di VTOL, Vertical takeoff and landing, più noti appunto come automobili volanti. Nel 2010 Moore, che lavorava presso il Langley Research Center dell’agenzia statunitense in Virginia come Chief Technologist for On-Demand Mobility, ha pubblicato un white paper nel quale sosteneva la fattibilità di velivoli elettrici che potrebbero decollare e atterrare come elicotteri ma sarebbero più piccoli e più silenziosi. Questi veicoli, sosteneva Moore, rappresenteranno una valida alternativa ai mezzi attualmente usati dai pendolari. A differenza dei velivoli tradizionali, i VTOL non avranno bisogno di una pista per il decollo né per l’atterraggio: il loro funzionamento sarà in qualche modo ispirato a quello dei droni. Dopo aver letto il white paper il co-founder di Google, Larry Page, ha segretamente avviato e finanziato due startup, Zee Aero e Kitty Hawk, per sviluppare questa tecnologia.
Dopo 30 anni alla Nasa, Moore ha scelto di lasciare l’ente per entrare in Uber, dove ha assunto il ruolo di direttore del reparto ingegneristico per l’aviazione di Uber Elevate, la divisione di Uber che si sta occupando appunto di VTOL. “Non riesco a pensare a un’altra società – ha dichiarato il ricercatore – in una posizione altrettanto forte da renderla leader in questo nuovo ecosistema e far diventare realtà il mercato dei veicoli elettrici volanti”.
►Cos’è Uber Elevate – A ottobre scorso la company statunitense ha pubblicato un white paper nel quale descriveva il progetto Uber Elevate, un network per l’aviazione elettrica on demand, finalizzato alla realizzazione di un’auto volante da impiegare in città per evitare il traffico. Obiettivo: consentire ai pendolari di poter usare auto volanti entro il 2026. Uber non ha intenzione di costruire i veicoli, ma punta a mettere insieme società private e governo per affrontare questo tema particolarmente sfidante e tradurre le idee in realtà. I veicoli dovrebbero essere in grado di viaggiare a circa 150 miglia orarie fino a un’altezza di 100 miglia e di portare più persone incluso il pilota. I primi esemplari potrebbero essere pronti per il 2022, il lancio ufficiale è previsto quattro anni dopo. Ciononostante per il momento le auto volanti sono ancora un elemento da film di fantascienza. Una startup del Massachusetts, Terrafugia, ha sviluppato una tecnologia per questo tipo di velivoli, ma sembra ancora lontana dalla loro produzione e commercializzazione. Quanto a Uber, la sua strategia sembra essere quella di mettere un piede prima degli altri su tutte le innovazioni relative al suo campo di azione. Non a caso sta puntando anche sulle auto a guida autonoma: ha già una flotta operativa a Pittsburgh e avrebbe avviato un test sui prototipi a San Francisco, se le leggi della California non lo avessero proibito. Sia sul fronte delle auto volanti sia su quello delle macchine a guida autonoma il gruppo californiano vuole essere tra i pionieri dell’innovazione. Con buona pace dei tassisti italiani.