«In questo momento sto dormendo», risponde ridendo Silvano Spinelli alla domanda di cortesia “Come sta?”. Il weekend dopo la notizia della vendita di Eos a Clovis è dedicato al relax e alla riflessione. Il chimico imprenditore protagonista della vendita da 400 milioni, che ha eccitato l’ecosistema delle start up, dopo settimane a capofitto nel lavoro è in famiglia, in Toscana. Ma non rinuncia a ragionare sul futuro, il suo e dell’Italia. «Fino alla fine dell’anno collabererò con i nuovi azionisti per gestire il post deal e aiutare Clovis nella fase di transizione», dice e dà una notizia: «Eos resterà in Italia, a lungo». Poi Spinelli avrà il tempo di dedicarsi alla sua passione, la montagna. «Sono uno scalatore, cinque anni fa ho fatto gli 8mila sull’Himalaya, senza ossigeno». Con l’amico Cesare Cesa Bianchi, presidente delle guide alpine, ha anche fondato una società, Mountain Kingdom, che organizza spedizioni ad alta quota.
Passione e business si intrecciano sempre per Spinelli, che è deluso dal sistema Italia ma non ha alcun progetto di fuga. Anzi. Il risentimento verso un sistema nazionale che non l’ha capito e seguito nel momento giusto è evidente. «In questi giorni molte persone si stanno mangiando le mani», dice con malcelata polemica. E pensa per esempio a quel fondo con sede vicino piazza Duomo a Milano che non volle puntare sul suo progetto di farmaco antitumorale solo perché c’era una licenza e non un brevetto eventualmente rivendibile. O all’altro che lo fece valutare da un ex direttore marketing che sentenziò: il vostro farmaco non vale nulla perché sul mercato ce ne sono tanti simili. «I venture capitalist italiani non ci hanno tenuto in considerazione (in verità lo dice in maniera molto più colorita…, ndr.) perché sono miopi, hanno le gambe corte. Non è questione di soldi, ma di visione e di competenze».
Chiedo se l’ha chiamato qualche politico. Il premier Enrico Letta oltrettutto è di Pisa, come lui. Risposta di Spinelli: «Figuriamoci, nessuno. Non hanno neanche capito che cosa è successo». Ce lo dica lei adesso… «Abbiamo fatto lavorare le istituzioni scientifiche, come l’Istituto Mario Negri. In Italia i laboratori ci sono, le menti anche, basterebbe un po’ di iniziativa finanziaria. Noi abbiamo solo messo a sistema pezzi che c’erano già e li abbiamo proiettati sulla scena internazionale. Abbiamo lavorato in quattro, creando valore». Anche per lo Stato, che guadagnerà della vendita a Clovis. «Principia ha investito poco meno di 3 milioni, metà di questi soldi erano pubblici, venivano dalla legge 388, quindi ci ha guadagnato anche il Ministero delle Attività produttive». Quanto? Spinelli coglie l’occasione per fare qualche precisazione sulla cifra dell’acquisizione, 400 milioni di dollari. «Il pagamento immediato è di 200 milioni, 190 in azioni e 10 in contanti. Gli altri sono diluiti nell’arco dei prossimi 7/8 anni e legati allo sviluppo e alla vendita del prodotto, alle reazioni del mercato. Come direi all’Agenzia delle entrate: quel che resta da prendere è soggetto a eventi aleatori». Se le cose andranno bene, se il prodotto manterrà le promesse ed esprimerà il suo potenziale, lo Stato guadagnerà bene: 10 milioni e oltre.
Ma non è questo il tema che scalda Spinelli. «Stiamo affrontando in maniera errata la questione del lavoro e dell’occupazione», riflette a voce alta. «Sarebbe molto meglio se in Italia ci fossero 100 aziende innovative con quattro persone dentro, come è stata Eos, che una società decotta che ne occupa 400. Per salvarla si prenderebbe una fraccata di soldi, mentre se delle 100 innovative ne andassero avanti anche un quarto, produrrebbero valore per tutto il sistema. Bisogna cambiare il punto di vista e assumere quello dell’innovazione». E invece, aggiunge scoraggiato, ci batte anche il Pakistan.
«Nel biotech le aziende che fanno innovazione si contano sulle dita di una mano, forse due. In Inghilterra non bastano le dita dello stadio. Nel farmaceutico poi abbiamo aziende che fanno ricerca vecchia. Mi auguro solo che il nostro caso serva a dare una scossa…».Certamente Spinelli non ha nessuna intenzione di gettare la spugna. «Non voglio più fare l’amministratore delegato», dice. «Ma vorrei fare qualcosa di strategico per questo settore che conosco bene. E mi piacerebbe che fosse qualcosa utile ai giovani, che dovrebbero farsi avanti con il loro coraggio e il loro entusiasmo». Per il momento l’unico impegno che ha in testa, o semplicemente che dichiara, è una consulenza con Sofinnova Ventures, San Diego, California. «Con il partner di Parigi Graziano Seghezzi abbiamo un gentlemen agreement che prevede l’investimento in Italia di una buona parte del loro nuovo fondo. Dopo essere stato completamente concentrato sul mercato americano, adesso tornerò a guardare a quello italiano per valutare opportunità di investimento». E a tutti non resta che sperare che Spinelli riesca a scoprire una nuova Eos.