Fastweb: «Non basta un CIO per fare open innovation»

Federico Ciccone, Direttore Marketing, spiega a EconomyUp la strategia della società telefonica: costante upgrade della tecnologia, scouting e collaborazioni con startup e promozione della digitalizzazione dell’ecosistema. «Deve cambiare l’approccio culturale», dice. «L’innovazione deve essere nell’agenda di tutte le funzioni aziendali»

Pubblicato il 02 Gen 2017

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Fastweb ha l’innovazione nel Dna, perciò negli ultimi anni ha intrapreso un percorso innovativo su tre livelli: il costante upgrade della parte tecnologica, lo scouting e le collaborazioni con le startup e l’attività di promozione della digitalizzazione dell’ecosistema a un livello più generale e direi anche istituzionale”. Così Federico Ciccone, Chief Marketing & Customer Experience Officer di Fastweb, spiega la strategia della società telefonica per l’innovazione aperta, modello in base al quale le imprese, per creare più valore e competere meglio sul mercato, ricorrono a strumenti e competenze tecnologiche che arrivano dall’esterno, in particolare da startup, università, istituti di ricerca, fornitori, inventori, programmatori e consulenti. L’ultimo passo di Fastweb in questa direzione è stata Over the Cloud, la Call4Innovation per le startup e piccole medie imprese lanciata insieme a Digital Magics, business incubator quotato sul mercato AIM Italia di Borsa Italiana, con il supporto di Oracle. La call si è conclusa a novembre con quattro vincitori su 400 partecipanti. Ma è solo uno dei tasselli che vanno a comporre il mosaico dell’open innovation secondo Fastweb.

Cos’è l’open innovation e perché tutti dicono di volerla fare

Dottor Ciccone, perché Fastweb crede nell’open innovation?
Dalla sua nascita, Fastweb si è distinta per aver innovato in Italia i servizi di rete fissa e per aver offerto ai propri clienti la migliore connessione Internet. È stato il primo operatore a lanciare la tecnologia Fiber to the home nel 2000, il primo a lanciare i 100 Megabit nel 2010, il primo in Europa a lanciare i 200 Megabit con tecnologia Vplus nel 2016. Si può dire che ha l’innovazione nel Dna. Negli ultimi anni ha continuato questa azione su tre livelli. Innanzitutto sulla parte core: la velocità fino a 1 Gigabit su rete Fiber to the Home è già disponibile a Milano e in altre 29 città italiane a partire dal 2017. Da gennaio nelle case ci sarà il nuovo modem FastGate, il primo che permette di navigare a 1 Gigabit anche in wi-fi. WOW Fi, la più grande community wi-fi, è già disponibile in oltre 800 Comuni italiani. Per i clienti Fasteb Mobile sono disponibili servizi 4G e 4Gplus. Ed è partita la realizzazione di una rete 5G Ready basata su small cells.

E l’innovazione che guarda all’esterno?
È il nostro secondo livello di azione. Abbiamo sviluppato varie attività, lavorato con startup e società quali Cloud4Wi e ClouDesire, facciamo continuamente scouting di nuove imprese. Tra queste iniziative rientra Over the Cloud, la Call4Innovation per startup e piccole medie imprese. È stata la prima iniziativa di Fastweb per testare il mercato delle soluzioni alle pmi ed ha avuto un successo tale che ha sorpreso anche noi. La call era dedicata ad aziende con un numero di addetti da 20 a 250 circa e con un fatturato annuo dai 3 ai 25 milioni, in grado di presentare le loro innovazioni in ambito ICT-Cloud, Sicurezza, Enterprise Mobility, Big Data e Unified Communication. In soli 20 giorni si sono candidate in 400, un numero importante considerati anche i paletti previsti per le candidature, e sono stati presentati oltre 89 progetti. Quattro quelli selezionati nella prima fase: una suite di servizi di business security in cloud, una piattaforma di credito e couponing digitale per il settore turismo, una piattaforma di data analytics e business intelligence per il settore alberghiero, alcune applicazioni cloud per la forza vendita. Dopodiché c’è un terzo livello nella nostra strategia di open innovation.

Quale?
È ancora più ampio ed è focalizzato sulla spinta alla digitalizzazione per allargare l’ecosistema. È il nostro contributo al sistema Paese. Ne fanno parte il lancio della Digital Academy di Fastweb, l’accordo con il Miur per finanziare in crowdfunding i progetti delle scuole, le collaborazioni con le Università. Tutto questo punta a creare un ecosistema di condivisione e know-how.

In base a quali processi interni è strutturata l’open innovation di Fastweb?
La struttura è chiara ed efficace. Io ho anche responsabilità dell’innovazione, ma abbiamo un capo dell’innovazione, Marco Salvadori, che coordina il tavolo delle nostre linee operative (technology, marketing, mobile). Tuttavia siamo convinti che questo tema, pur partendo dalla direzione, debba essere nell’agenda di tutte le funzioni aziendali. La parte core è il risultato della visione del nostro AD Alberto Calcagno condiviso dal board. Per il secondo livello di cui ho parlato, i soggetti coinvolti sono la parte relativa al business (venditori e marketing). Al livello 3 lavorano il marketing insieme a comunicazione e comunicazione istituzionale. Di fatto l’innovazione è ‘embedded’ nell’organizzazione a 360 gradi: ognuno esegue i suoi compiti in coordinamento con il marketing che fa da trait d’union.

In azienda è ancora indispensabile la figura del Chief Innovation Officer?
In una grande azienda non è sufficiente avere un CIO, ma si tratta di adottare un approccio culturale complessivamente innovativo. Per esempio noi, 3 anni fa, abbiamo lanciato Thinking Hub, un momento di incontro dell’azienda, con l’obiettivo di sollevare la testa dalla quotidianità interna e ascoltare testimonianze dal mondo esterno su innovazione, approccio agile, centralità del cliente. È l’occasione per sviluppare un pensiero laterale, una sorta di Ted aziendale dove non si parla di tecnologia, ma di un diverso approccio alle questioni. Come ospiti abbiamo avuto l’allenatore della nazionale di rubgy, il regista Pupi Avati, che ha parlato di come gestire situazioni complesse, e alcuni giovani startupper quali Marco de Rossi di OilProject e Alberto Nasciuti di KP16. Generalmente le aziende di tlc sono vecchie. Fastweb ha iniziato una rivoluzione culturale anni fa, abbiamo investito sul cambiamento culturale. Siamo una teenager e tale vogliamo rimanere.

Secondo quali criteri scegliete le realtà esterne con le quali collaborare?
Ci basiamo sulle nostre esigenze di business o su osservatori esterni in grado di aiutarci ad arricchire le nostre collaborazioni. Abbiamo un Osservatorio con il Polihub e collaborazioni con varie Università. E lanciamo call for innovation o call for ideas. Posso già dire che ci sarà una seconda edizione della call Over the Cloud.

Non avete mai pensato all’acquisizione di startup o società alle quali siete interessati?
Noi crediamo che l’innovazione debba essere aperta. L’obiettivo non è acquisire quote di società, ma abilitare l’ingresso sul mercato di società che hanno servizi per noi interessanti. Vogliamo trovare partner e stabilire una collaborazione commerciale e tecnologica. Le società individuate saranno poi abilitate grazie alle nostre infrastrutture. Quello che conta è che ci siano servizi ai clienti finali sempre più rilevanti per loro. Questi servizi non possono sempre essere sviluppati da Fastweb, perciò ci poniamo come abilitatori dell’ecosistema. Se acquisissimo quote faremmo un altro lavoro, saremmo venture capital.

Incubatori e acceleratori aziendali: ne sentite il bisogno?
Ci abbiamo pensato, ma esistono già incubatori ed acceleratori efficienti ed efficaci. Il nostro punto di vista è che le startup trovino una prima risposta negli incubatori. Noi vogliamo portarle sul mercato.

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