Tech Insights 2016: l’Italia, un Paese in cerca di investitori

«Il terreno è fertile ma mancano ancora gli investimenti», è la sintesi dell’AD di Poste Francesco Caio intervenuto all’incontro organizzato da United Ventures. L’attrattività del Paese è migliore di quanto si pensi: siamo al 14 posto nel mondo. L’opinione degli investitori internazionali e i casi di startup di successo

Pubblicato il 06 Ott 2016

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L’Italia può diventare sempre più attraente per i venture capital internazionali: siamo ancora indietro su diversi fronti, ma il mondo delle startup è in crescita. E paradossalmente il ritardo tecnologico rispetto ad altri Paesi lascia aperte buone opportunità per investitori e imprese. È stato il leit motiv di Tech Insights 2016, evento organizzato per il terzo anno da United Ventures SGR, venture capital fondato da Massimiliano Magrini e Paolo Gesess e specializzato in investimenti in società innovative nei settori del software e delle tecnologie digitali.

L’incontro èstata l’occasione per individuare e discutere dei nuovi disruptive trend e delle sfide su open innovation e venture capital con una selezionata platea di top manager e imprenditori hitech internazionali. “L’imprenditore di oggi – ha esordito Massimiliano Magrini – è come Cristoforo Colombo, un uomo con un’idea audace, che ha ricevuto una serie di no da Portogallo, Francia e Italia e alla fine un sì dai reali di Spagna. La scoperta dell’America ha poi consentito a questo Paese di diventare il più ricco del mondo allora conosciuto. Questo per dire che non è possibile creare innovazione seguendo una linea tradizionale di pensiero e che le scoperte possono avere un effetto benefico sull’economia”.

“Gli investimenti in società innovative – ha proseguito Magrini – continuano a rappresentare una grande opportunità e in Italia esiste ancora una forte gap tra domanda imprenditoriale e offerta di capitale di rischio. Gli operatori istituzionali ed operativi in Italia di Venture Capital, che possano vantare track-record di successo nel settore, sono ancora un numero esiguo. Ciò non toglie che il mondo delle nuove imprese innovative, grazie alle continue innovazioni apportate dalla digital transformation, sia un settore in grande crescita e con ottime opportunità prospettiche anche in Italia, dove paradossalmente il ritardo tecnologico, rispetto ad altri paesi, lascia aperte buone opportunità per gli investitori e le imprese”.

A smontare drasticamente una serie di luoghi comuni sull’immagine dell’Italia è arrivato l’intervento di Valerio De Molli, Ceo di The European House Ambrosetti, che ha presentato una ricerca sul livello di attrattività degli investimenti in Italia. “Nelle classifiche internazionali o europee risultiamo spesso in fondo alla lista per livello di competitività e facilità di fare business, ma non è così: in queste indagini vengono fatte delle distorsioni” ha affermato De Molli, a capo del think tank internazionale. “Molte sono basate su ricerche qualitative e non su fatti, alcune introducono elementi oggettivi di valutazione, altre propongono come modelli ottimali il Paese della società che ha elaborato le statistiche, sono deboli o autoreferenziali”. In realtà, prendendo come principi base per definire l’attrattività di un Paese quattro elementi quali apertura, innovazione, efficienza e talento, l’Italia risulta 14esima nel Global Attractiveness Index 2016. Una posizione tutto sommato significativa se si considera che la lista è internazionale.

Ma gli stranieri sono più o meno disponibili a investire in startup e giovani imprese innovative italiane? Se ne è parlato nella prima sessione, “Smart Investing”, dove un gruppo di selezionati investitori moderati da Paola Bonomo, hanno discusso di come la trasformazione digitale stia cambiando le attività tradizionali, garantendo una grande opportunità di investimento su scala globale.

Gill Cogan, founding partner di Opus Capital, venture group statunitense focalizzato su imprese dell’IT nella fase early stage che attualmente gestisce circa 1,7 miliardi di dollari, ha spiegato che da cinque anni a questa parte sta concentrando gli investimenti su Israele. “È uno Stato di piccole dimensioni, è un buon terreno per sviluppare la fase seed, le imprese sono competitive e il governo sa ‘vendere’ le proprie potenzialità”.

Rob Kniaz, founding partner di Hoxton Ventures, società di vc early stage basata a Londra, ha detto di non aver fatto ancora alcun investimento in Italia. “Per fortuna sono le imprese italiane a venire da noi”. L’investimento di cui va maggiormente fiero? Deliveroo, startup inglese del food delivery.

Edoardo Bounous, direttore europeo del Simphony Technology Group, esalta invece l’investimento in JobRapido, la startup fondata da Vito Lomele di cui è stato anche Ceo. “Il lavoro di Lomele, che ha creato una società a Milano in uno scantinato, con gente di tutte le nazionalità ed è poi arrivato in decine di Paesi, fino a fare l’exit mentre la company stava andando a pieno ritmo, dimostra che si può fare impresa dovunque”.

John Paton, Chairman e Managing Partner di IVA Ventures, Ceo di media company e fondatore di Digital First Media, ha accennato agli investimenti nel settore editoriale: “Le sfide sono quelle di un tempo, le skills sono cambiate. Personalmente non ritengo che l’editoria possa avere un futuro a livello locale, i progetti devono essere di portata internazionale. Però è difficile avere una buona idea in un contesto che non ti permette di farla crescere”.

In Italia c’è spazio per far crescere le idee? “C’è terreno fertile, ci sono buone interazioni e connessioni, ma pochi investitori. Ci sono opportunità mancate ma è un Paese straordinariamente pronto ad includere l’innovazione” ha detto in un keynote il Ceo di Poste italiane Francesco Caio. Quanto a Poste Italiane, “stiamo creando un ibrido tra analogico e digitale: investiamo in innovazione per rafforzare le relazioni umane”. Per quanto riguarda gli investimenti “Poste Italiane sta cercando di metterne una piccola fetta in Venture Capital. Guardiamo con interesse alla blockchain e sappiamo quanto importante sia l’innovazione nel settore finanziario”.

Spazio alle startup nella seconda sessione: cinque imprenditori tecnologici si sono confrontati su come far nascere e crescere un’impresa tecnologica e svilupparla sui mercati globali e quali siano gli elementi critici sia nella raccolta del capitale che nello sviluppo di attività dell’organizzazione. Massimo Banzi di Arduino ha sostenuto che l’Italia “deve puntare molto di più sul design, che ha un enorme potenziale riconosciuto ovunque”. Niccolò Maisto di FaceIT, ha affermato: “Lavorare in Italia a volte è complicato, l’unico modo è semplificare la burocrazia per gli innovatori: più veloci saremo più facile sarà innovare”.

Paolo Galvani di MoneyFarm ha ripercorso la storia della sua startup: “Per tre anni non ci ha ascoltato

nessuno, poi dagli Usa è venuto fuori il robot advisory e hanno cominciato a credere in noi. Fino ad Allianz che pochi giorni fa ha acquisito una quota minoritaria”.

Per Andre Schmidt di Duty Calculator, “più importante che cercare soldi è lavorare con le persone e i partner giusti”.

Massimo Costa (Country Manager WPP Italy) ha illustrato in un keynote come una multinazionale affronta le sfide dell’open innovation. Nella terza sessione, “Open Innovation & Technology Transfer”, i relatori si sono confrontati su come sia possibile trasferire la potenzialità di ricerca di base o applicata in imprese nuove o esistenti per poter raggiungere cittadini e consumatori, e sulla capacità delle aziende consolidate di assorbire efficacemente l’innovazione dall’esterno collaborando con università e centri di ricerca.

Paolo Gesess, Co-founder e Managing Partner di United Ventures, ha dichiarato: “E’ importante che l’Italia, che ha dimostrato di saper esprimere aziende tecnologiche innovative e credibili anche sui mercati internazionali, colmi in fretta il gap di digitalizzazione delle imprese. Per far ciò – prosegue Gesess – è fondamentale che si sviluppino ancor di più investimenti con logiche di venture capital che possano garantire un concreto apporto di equity agli imprenditori più innovativi con il giusto e coerente orizzonte temporale per permettere alle imprese di svilupparsi”.

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