“È un bene che il governo metta al centro la fabbrica 4.0, ma occorre che gli imprenditori facciano un salto di qualità culturale. Il cambiamento deve avvenire prima di tutto nella nostra testa”. Lo dice a EconomyUp Gianni Potti, presidente CNCT Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici.
Il riferimento è al piano Industria 4.0 del governo Renzi annunciato il 21 settembre scorso e mirato a favorire l’innovazione delle imprese italiane.
► Cos’è l’Industria 4.0 e perché è importante saperla affrontare
Attraverso il piano, che dovrebbe entrare nella prossima legge di stabilità, l’esecutivo intende mobilitare investimenti privati per 10 miliardi di euro in più per il 2017 (passando da 80 a 90 miliardi), con un incremento di 11,3 miliardi di spesa privata in ricerca, sviluppo e innovazione e 2,6 miliardi di risorse per progetti early stage nel periodo 2017-2020. Intende inoltre garantire formazione mirata sull’Industria 4.0 a 200 mila studenti e 3 mila manager specializzati. A supporto della trasformazione digitale saranno istituiti, sempre a partire dal 2017, competence center e digital innovation hub nazionali, sei consorzi deputati alla discussione sugli standard dell’IoT e sarà organizzato un roadshow di sensibilizzazione lungo tutta la penisola. Anche per startup e pmi innovative sono previste agevolazioni, incentivi e sgravi fiscali. Ma cosa significherà tutto questo in concreto per le fabbriche? Come e cosa dovranno cambiare nell’era della quarta rivoluzione industriale? “Il vero tema è la reingegnerizzazione dei processi produttivi” dice Gianni Potti.
La fabbrica 4.0 sarà molto diversa da quella attuale?
Sì, lo sarà. Il vecchio settore manifatturiero dovrà reingegnerizzare i processi produttivi, non limitarsi solo all’IT. La linea di produzione è un pezzettino della fabbrica che è soggetta a cambiamento grazie all’Information Technology, ma su di esso incidono anche altri elementi: stampanti 3D, big data, cybersecurity, cloud, tutto quello che aiuta l’azienda a trasformare il prodotto e dargli il valore aggiunto per raggiungere il mercato. Il futuro sarà sempre più B2C. Bisogna pensare a una fabbrica completamente diversa dove manifatturiero e servizi tecnologici sono integrati. In futuro non vedo più una sezione metalmeccanica e una sezione innovativa. Spariranno le divisioni aziendali come le conosciamo oggi.
Quale dovrà essere la caratteristica principale di questo nuovo tipo di fabbrica?
Principalmente la flessibilità dei processi produttivi. Sarà importante avere una fabbrica flessibile. Una volta l’imprenditore produceva, per esempio, bottiglie e tentava di imporre questo prodotto sul mercato. Ora è il mercato che decide qual è la bottiglia che desidera e l’imprenditore deve intercettare il desiderio attraverso l’uso dei big data, o dei suoi uomini, o dei social network, insomma utilizzando sensori umani e non umani. Così può cambiare la produzione in corso d’opera, perché si rende conto che il mercato vuole una bottiglia bianca invece di verde o più piccola o più grande. Tutto questo deve essere eseguito just in time, perciò serve una fabbrica flessibile. E lo sa qual è l’elemento più flessibile nelle fabbriche? Ancora e sempre l’uomo. La Mercedes ha eliminato una serie di robot che stava utilizzando per sostituirli nuovamente con uomini.
A proposito di lavoratori, un report del World Economic Forum sostiene che, con l’Industria 4.0, si perderanno 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi anni.
La fabbrica 4.0 richiede skill più elevate. L’economista Enrico Moretti stima che, per ogni posto di lavoro nell’economia digitale, se ne creano 5 nell’indotto. Io ritengo che nel breve periodo la quarta rivoluzione industriale avrà un costo sociale non indifferente. Nel frattempo occorre che il mondo della scuola e della formazione cambino passo, perché nel futuro serviranno operai e impiegati con competenze diverse e più elevate. Certo, nel breve periodo pagheremo un prezzo: per questo serviranno i salvagenti sociali. Ma, passata questa fase, si creeranno nuovi posti di lavoro e nuove opportunità.
Quale ruolo avranno le startup nella quarta rivoluzione industriale?
Vedo le startup come il nuovo reparto Ricerca e Sviluppo collocato a fianco del manufatturiero. A loro il compito di inventare e creare soluzioni. Già molte aziende si appoggiano a coworking o fablab. È l’open innovation. E, se ben gestita, è un’ulteriore occasione di lavoro per tanti giovani.
Attualmente esiste un modello americano e uno tedesco di Industria 4.0. A chi può ispirarsi l’Italia?
Il modello americano non è il nostro. Noi siamo andati a studiare l’Industria 4.0 in Germania per capire meglio il fenomeno: il primo documento del governo tedesco su questo tema risale addirittura al 2007. Loro sono partiti dal mondo dell’automotive e hanno messo in pista le consulenze delle varie Siemens e Bosch Consulting. Ma i tedeschi sono molto standardizzati nell’offerta e nella proposta. Noi dobbiamo trovare una via italiana all’Industria 4.0. Quando nell’IT arrivarono gli americani in Italia con IBM e altri big, fummo colonizzati e venne praticamente sterminato il sistema delle software house locali. Ora non vogliamo la calata tedesca. Bisogna fare un percorso per farci seguire dalle piccole e medie imprese, che sono parte essenziale del tessuto imprenditoriale del nostro Paese. Come? Creando reti di impresa, portandole nei mercati esteri. Alla fine tutta la partita non è un problema di tecnologia ma di cultura. La tecnologia è il vestito che indossiamo oggi, ma che cambia continuamente. La battaglia è far capire alle imprese quanto è importante l’Industria 4.0 in termini culturali.
Quali tempistiche prevede?
Intanto attendiamo di leggere il testo governativo vero e proprio sull’Industria 4.0. Dopo che diventerà legge, serviranno comunque un po’ di decreti attuativi sulla rete dei competence center e sulla creazione di una rete di hub. Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha promesso una fase di concertazione con le parti sociali, Confindustria compresa, speriamo entro la fine dell’anno. In ogni caso la quarta rivoluzione industriale non si fa in due minuti. È un percorso che ci accompagnerà almeno fino al 2030. Ogni è l’inizio, ma dovremmo parlare anche di turismo 4.0, commercio 4.0, ecc. ecc. Anzi, il primo settore che ha iniziato la rivoluzione è il turismo: penso a AirBnb e ad altri elementi di disruption. È una rivoluzione dell’economia in generale e toccherà tutti i settori.