Diego Piacentini, il pensiero del commissario per l’Italia Digitale in 10 pillole

Il vicepresidente di Amazon da agosto lavorerà per il governo Renzi. Ecco che cosa pensa sull’Italia, l’innovazione, le startup e la burocrazia (“C’è differenza fra quella centrale e quella locale”). Con i video da vedere per conoscere meglio il manager chiamato per rivoluzionare la pubblica amministrazione

Pubblicato il 11 Feb 2016

Ottimismo, curiosità per le novità, predisposizione a rivoluzionare costantemente il business, capacità di imparare dai fallimenti, capacità di restare intraprendenti e innovativi come una startup: sono alcuni dei leit motiv del pensiero di Diego Piacentini, milanese, 55 anni, attuale vicepresidente di Amazon, colosso mondiale del commercio elettronico, nominato il 10 febbraio dal Consiglio dei ministri Commissario di governo per il digitale e l’innovazione, carica che ricoprirà dalla prossima estate.

Questi elementi emergono dalle sue dichiarazioni rilasciate in passato a testate giornalistiche, televisive o in occasione di manifestazioni pubbliche. Dichiarazioni che riguardano anche il controverso tema del pagamento delle tasse in Italia da parte di Amazon, della burocrazia italiana (a sorpresa Piacentini trova quella locale “sorprendentemente innovativa e flessibile”) e delle differenze tra aziende italiane e americane, anche riguardo all’età dei dirigenti (“In Italia sono ancora il ‘giovane Piacentini’, ad Amazon uno degli executive più vecchi”). Ecco il Piacentini-pensiero in 10 pillole. E qualche video

LA VISION

Una società più felice
Io dico che dobbiamo essere ottimisti sul futuro dell’Italia. La classe politica e di governo che si ringiovanisce, il vecchio che dovrebbe scomparire. La chiave sono le riforme, per tornare a crescere da un punto di vista economico e sociale. Serve più occupazione. Io credo che l’obiettivo dell’Italia debba essere quello di avere una società più felice. Sento sempre troppe lamentele, dei miei parenti e amici italiani, “lì si sta meglio”. L’obiettivo è crescere per essere più felici, e sono ottimista che l’Italia sia sulla strada giusta. (Intervista a Repubblica, novembre 2014)

Restare una startup
“Ad Amazon oggi lo spirito è ancora quello di una startup, anche se non è più un’azienda con decine o centinaia di persone, ma un colosso da 90 miliardi di dollari. Ma si è mantenuto abbastanza lo stesso spirito da startup, con la voglia di provare e fare errori. Perché se non si rischia e non si fanno errori….”. (Intervista a Repubblica, novembre 2014)

Rivoluzione permanente
“Dobbiamo puntare sulla rivoluzione permanente. Un concetto che si può ridurre nel ‘non fare la fine di Kodak’, ovvero riuscire sempre a rivoluzionare il proprio modello di business. Non avremmo mai pensato che il sorpasso tra libro digitale e cartaceo avvenisse così presto. Oggi vendiamo più e-book che libri cartacei. Abbiamo cioè creato un modo di approcciarci alla lettura completamente diverso, con la possibilità per il lettore d’interfacciarsi maggiormente con l’autore. Se non l’avessimo intuito avremmo perduto una fetta di mercato considerevole”. (speech alla Scuola Holden di Torino, aprile 2015)

Saper sbagliare
“Fallire, cadere in errore. Se punti sulla velocità e sull’invenzione devi mettere in conto di poter sbagliare alcune scelte. L’importante è saper ripartire immediatamente e accettare il fallimento come una regola del gioco. Questo è forse il concetto più estraneo per le realtà italiane: Amazon non si sente in colpa se fa errori, willingness to fail è uno dei pilastri della nostra filosofia. Sapere che lo sbaglio non è per forza un punto d’arrivo ma, potenzialmente, un punto di forza e rinascita. (speech alla Scuola Holden di Torino, aprile 2015)

L’onestà
“Quello che mi ha aiutato di più nella vita? L’energia e l’onestà. Non bisogna dire le cose in maniera indiretta, poco chiara, bisogna essere sempre diretti con le persone”. (Intervista a La7, aprile 2011)

AMAZON

Le tasse
Beppe Severgnini: “La dirigenza Mediaset vi ha messo nel gruppo dei neocolonialisti, sostenendo che Amazon e le grandi multinazionali approfittano del sistema di leggi europee per produrre ricchezza in Italia, ma non pagare le imposte quante ne paghiamo noi”. Diego Piacentini: “In Europa abbiamo 5 filiali, siamo in Irlanda, Svolacchia, Gran Bretagna, abbiamo uffici in Belgio. È ovvia la necessità di avere un network europe. Paghiamo le tasse nel Paese in cui abbiamo l’headquarter europeo, seguiamo in maniera molto attenta tutte le leggi sul pagamento delle tasse. Se poi i governi e l’Unione europea vorranno cambiare la tassazione e i regimi fiscali, seguiremo i cambiamenti delle leggi”. (intervista a Beppe Severgnini al Festival internazionale del Giornalismo, maggio 2014)

L’apertura in Italia
“Essere italiano in questi anni ti ha fatto incontrare difficoltà?”. “Il fatto che fossi italiano ha aiutato nella decisione di aprire filiali Amazon in Italia nel 2010, e poi anche in Spagna, quando pochi ancora investivano in quegli anni in quei Paesi. Il Ceo Jeff Bezos ha capito, a lui piace la gente con passione, che fa le cose per senso di lealtà e di fiducia, nonostante in quel momento sembrasse che non tutti conti potevano tornare”. (intervista con Beppe Severgnini al Festival internazionale del Giornalismo, maggio 2014)

Dove porta la corrente di Amazon? Conversazione insolita e fluviale con Diego Piacentini

Dove porta la corrente di Amazon? Conversazione insolita e fluviale con Diego Piacentini

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USA e ITALIA

L’età dei dirigenti
“In Italia mi chiamano ancora ‘giovane Piacentini’ e ho superato il mezzo secolo qualche settimana fa. Adesso nell’executive di Amazon (7 o 8 persone) sono il terzo più anziano, anzi il secondo purtroppo tra pochi mesi. Il mio capo Jeff Bezos ha cinque anni meno di me, l’età media di molti executive di Amazon è 28/30 anni. Negli Stati Uniti è illegale chiedere l’età di una persona quando si fa un colloquio di lavoro”. (Intervista a La7, aprile 2011)

Il coraggio di rischiare

“Ho sempre avuto curiosità verso le novità: quando sono passato da Fiat in Apple sono stato molto criticato da amici e colleghi, perché da un’azienda molto stabile come la Fiat mi trasferivo a una come Apple, che nel 1987 esisteva solo da pochi anni. Peggio ancora nel 2000, quando sono andato da Apple a Amazon, in un momento in cui Amazon ancora perdeva un sacco di soldi”.

LA BUROCRAZIA

Centrale e locale: le differenze
“In Italia abbiamo incontrato due mondi diversi: un mondo di burocrazia centrale dove ci sono le leggi antimafia, leggi anticrimine, leggi anti evasione fiscale, cosa che in genere in altri Paesi non siamo abituati a dover gestire: cioè viene dato per scontato che l’azienda non sia criminale e paghi le tasse, quando invece da noi è l’opposto. Abbiamo invece incontrato una burocrazia locale sorprendentemente flessibile e innovativa. Noi siamo a Castel Sant’Angelo, a Piacenza, dove abbiamo fatto l’accordo con l’amministrazione locale. In pochissimi mesi, abbiamo deciso di venire in Italia: la decisione è stata presa ad aprile e il centro di distribuzione è stato aperto a ottobre. La giunta comunale ci ha aiutato tantissimo. Magari siamo stati fortunati, ma è anche vero che bisogna cercare le amministrazioni che aiutino lo sviluppo del territorio. (Intervista a Lilli Gruber, “Otto e mezzo”, La7, 2012)

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