Innovazione & reazione

Uber, scontri a Parigi e scioperi in Italia

Mentre Uber France è stata condannata a pagare 1,2 milioni di euro all’Union Nationale des taxi dopo i violenti scioperi dei tassisti contro la deregulation del settore, a Firenze, Roma e Napoli i conducenti delle auto pubbliche manifestano sia in solidarietà ai colleghi parigini sia per dire “No” agli emendamenti presentati da Linda Lanzillotta al ddl Concorrenza

Pubblicato il 26 Gen 2016

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Sei mesi dopo la protesta contro UberPop di giugno, migliaia di tassisti francesi sono tornati in piazza per protestare “contro la deregulation del settore” manifestando, anche in maniera violenta, a Parigi. Dove la polizia è dovuta intervenire sparando lacrimogeni e fermando 20 persone in quella che, anche a causa di altri scioperi concomitanti (insegnanti, controllori di volo, funzionari pubblici, personale parasanitario) è diventata una giornata di guerriglia urbana.

Immediata la risposta del tribunale di Parigi: Uber France è stata condannata a pagare 1,2 milioni di euro all’Union Nationale des taxi.

I tassisti francesi, infatti, nonostante il divieto scattato nei confronti di UberPop, lamentano un calo di attività tra il 20 e il 30% a causa della concorrenza di quelli che vengono chiamati “Vtc” (cioè i “veicoli con conducente”, l’equivalente dei nostri NCC), che a detta della categoria compiono pratiche vietate. Stando ai tassisti, i Vtc (che comprendono quelli che operano attraverso la piattaforma Uber) circolano infatti in città e negli aeroporti a caccia di clienti, mentre potrebbero offrire solo servizio tramite prenotazione. Così la Confederazione generale del lavoro chiede che “se lo Stato è incapace di far applicare la legge, sopprima i Vtc o indennizzi i taxi”.

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E mentre a Parigi i tassisti danno battaglia nelle strade, anche nelle città italiane (in particolare a Firenze, Roma e Napoli) i conducenti delle auto pubbliche hanno manifestato sia in solidarietà ai colleghi parigini sia per dire “No” agli emendamenti presentati da Linda Lanzillotta al ddl Concorrenza: se da una parte, infatti, gli interventi tendono a regolamentare Uber e UberPop, dall’altra prevede meno paletti per gli Ncc, che non sarebbero più obbligati a tornare in rimessa alla fine di ogni corsa. E Alessandro Genovese, segretario nazionale dell’Ugl e presidente dell’associazione Tutela legale taxi, promette che i tassisti “bloccheranno la città se non dovessero ritirare gli emendamenti in discussione al Senato che spianano la strada alle multinazionali”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Giovanni Maggiolo di Unica Filt Cgil, che spiega come “i tassisti europei a Parigi si stanno unendo nello sciopero e questi sono i primi passi di un’azione internazionale che toccherà anche l’Italia contro la multinazionale americana Uber che fornisce servizi di trasporto senza licenze e senza rispettare le caratteristiche tipiche del servizio pubblico”. E soprattutto “non si tratta solo di difendere posti di lavoro ma di rifiutare l’uberizzazione dell’economia. Che una multinazionale americana non paghi le tasse e nemmeno i contributi ai lavoratori, significa permettere che in futuro lo Stato non abbia soldi per fornire servizi ai cittadini”.

Ma per Massimiliano Dona, segretario dell’Unione Nazionale Consumatori, “non è accettabile che i tassisti blocchino ogni tentativo del legislatore di aggiornare una legge antidiluviana che non prevede la sharing economy e l’utilizzo di piattaforme digitali come Uber e che costringe chi svolge il servizio di noleggio con conducente a dover rientrare in rimessa dopo ogni singolo servizio, con evidenti aumenti dei costi per i consumatori”.

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