Ve li ricordate i primi cellulari, come il Motorola 8000 e il MicroTac? Vere e proprie cabine telefoniche, pesanti qualche etto e decisamente poco “tascabili”. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, e anche se il trend del momento è quello di produrre smartphone con schermi sempre più XL (pensate all’iPhone 6 Plus o al Samsung S6), il peso è sempre minore e lo spessore sempre più XS. E se in futuro gli smartphone potranno essere ancora meno pesanti e spessi il merito va anche all’italiano Zeno Gaburro, docente al dipartimento di Fisica dell’Università di Trento. Gaburro, laureato in Ingegneria dei sistemi elettrici al Politecnico di Milano e con dottorato nella stessa disciplina all’University of Illinois di Chicago, è infatti uno degli inventori di un brevetto che, relativo alla diffusione della luce attraverso microantenne, è nato grazie alla collaborazione nella ricerca in ottica applicata tra l’ateneo di Trento e quello di Harvard. Depositato nel 2011 e concesso negli Stati Uniti nel 2014, il brevetto, di proprietà delle due università, è stato ora dato in licenza alla Samsung.
La novità alla base del brevetto sta nel principio di funzionamento dei dispositivi ottici: la classica lente viene infatti prodotta a partire dal vetro, sagomato in modo da ottenere superfici concave o convesse che siano in grado di concentrare la luce; la nuova tecnologia, invece, sfrutta la diffusione della luce da parte di migliaia di microantenne di dimensioni microscopiche che vengono disposte non su superfici curve ma in piano. Ciò, spiega Gaburro, consente di ottenere dispositivi spessi solo pochi miliardesimi di metro: l’ideale, ad esempio, per le lenti delle telecamere degli smartphone, dove l’ingombro di ogni dispositivo dev’essere minimo.
E se da un lato la nuova tecnologia potrà essere usata per realizzare dispositivi sempre più avanzati, dall’altra favorirà anche nuova conoscenza: Gaburro ha infatti spiegato che, con le risorse provenienti dal brevetto, ha intenzione di “promuovere nuovi progetti didattici avanzati con alcune università africane”.