Involuzioni

Quel pasticciaccio brutto di Arduino, che cosa succede e perché

È guerra nella società hitech co-fondata da Massimo Banzi. Smart Project, produttrice delle schede, cambia nome in Arduino srl e rivendica: “Possediamo il marchio”. Partono le azioni legali. Ecco cosa c’è dietro il contenzioso che non dà lustro a un’eccellenza italiana nel mondo

Pubblicato il 18 Feb 2015

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Massimo Banzi, co-founder di Arduino

Il circuito elettronico si è rotto. Arduino, la piattaforma hardware open source totalmente Made in Italy che consente anche ai meno esperti di programmare ed è usata in tutto il mondo dai makers, la nuova generazione di artigiani digitali, è al centro di una controversia che rischia di diventare il casus belli dell’anno nel panorama tecnologico italiano ma anche internazionale. In sintesi Smart Project, azienda di Strambino (Torino) co-fondata una decina di anni fa da Gianluca Martino, che a tutt’oggi fabbrica la stragrande maggioranza delle schede Arduino, si è cambiata nome 5 mesi fa in Arduino srl e ha affidato il timone a Federico Musto, imprenditore noto nel settore ma estraneo al gruppo dei founder, senza il consenso di Arduino CC, che ha sede in Svizzera, di cui co-fondatore e Ceo è Massimo Banzi. La società di Banzi ha già avviato azioni legali. Situazione delicata e ingarbugliata, che non getta certo buona luce su un’eccellenza hi-tech italiana famosa nel mondo. Situazione che, come scriveva Carlo Emilio Gadda in “Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana”, scaturisce da una “molteplicità di causali convergenti”. Ma vediamo di capire cosa sta succedendo in 6 punti.

Cos’è Arduino – Arduino è un primato italiano nel mondo. Il progetto è stato ideato nel 2005 da un team di cui fa parte Massimo Banzi, originario di Ivrea, cresciuto giocando con i circuiti elettronici. Definito da The Economist “uno dei fautori della Terza rivoluzione industriale” e ricevuto la scorsa estate dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama alla Casa Bianca, Banzi è stato folgorato sulla strada della tecnologia fai-da-te a soli 8 anni quando i genitori gli hanno regalato un kit di elettronica. Senza avere cognizioni tecniche, ci ha smanettato un po’ sopra ed è riuscito a costruire oggetti, tra cui un amplificatore che consentiva di sentire quello che succedeva nella casa accanto. Diventato professore all’Interaction Design Institute di Ivrea – scuola di Olivetti – ha dato vita nel 2005 con un gruppo di amici a Arduino: una scheda, che in pratica è un piccolo computer della dimensione di una carta di credito, che può essere programmata per diventare il “cervello” di una serie di prodotti interattivi. Oltre a Banzi, che è diventato il portavoce internazionale di Arduino, il team era composto da David Cuartielles, Tom Igoe, Gianluca Martino e David Mellis, studente di Banzi, dalla cui tesi è scaturita l’idea di Arduino. Anche Nicolas Zambetti ha contribuito al progetto sin dall’inizio. I ragazzi di Ivrea, insomma, innovatori italiani come lo furono, con altre modalità e per altre vie, i ragazzi di via Panisperna negli anni Trenta. Tuttavia si può dire che Banzi sta a Arduino come Steve Jobs stava ad Apple: ne è fondatore ma anche immagine e voce nel mondo. All’inizio, dunque, Massimo Banzi e Gianluca Martino sono amici e collaboratori. Martino co-fonda in quello stesso periodo la società Smart Project di Strambino, a pochi chilometri da Ivrea, a cui è affidata la produzione e commercializzazione delle schede in circolazione, dal 70% al 90% del totale secondo le diverse versioni dei protagonisti di questa storia.

Quante Arduino esistono? – Dopo il successo dell’iniziativa, i ragazzi di Ivrea guardano al mercato americano e fondano Arduino Llc negli Stati Uniti. Banzi ha dichiarato in questi giorni a fonti di stampa che tutti i componenti del gruppo ne sono soci al 20%, mentre ai giornalisti Martino, il proprietario dell’ex Smart Project, ha assicurato di non “essere presente in altre società in cui è presente Banzi”. Sta di fatto che, attraverso l’americana Arduino Llc, il gruppo registra nel 2009 negli Usa il marchio Arduino. Nel corso degli anni sono state aperte in tutto il mondo altre sedi, tra cui la svizzera Arduino CC, di cui founder e Ceo è Massimo Banzi. Intanto la realtà di Arduino si fa strada nel mondo e i maker utilizzano la scheda per produrre qualsiasi tipo di oggetti, dalle stampanti 3D ai wearable. Va ricordato che Arduino non è solo produzione schede, ma qualcosa di più ampio e articolato che va dallo sviluppo software alle strategie organizzative che prevedono alleanze con altri big industriali: di grande rilievo quella conclusa a fine 2013 con Intel per realizzare la scheda Intel Galileo , che porta la firma di Banzi.

L’anno della spaccatura – A novembre 2014 scatta il divorzio. Smart Project si cambia nome in Arduino srl e nomina presidente del Consiglio di amministrazione Federico Musto. Il “signor Musto”, come viene freddamente definito nei (rari) comunicati diffusi dall’ufficio stampa di Banzi, ha una carriera alle spalle in aziende informatiche internazionali. È presidente e Ceo di Dog Hunter, società impegnata nell’Internet of Things, ed ex vicepresidente e general manager Emea di Red Hat, compagnia americana multinazionale di software che si dedica allo sviluppo e al supporto di software libero e open source in ambiente enterprise. Dice di aver conosciuto Martino e Banzi a New York tre anni fa e di aver loro proposto un’idea che si è concretizzata nel 2013 come Yun, la prima Arduino ad ospitare il sistema operativo Linux. Arduino l’ha realizzato in collaborazione con Dog Hunter. Ma, come dicevamo, a novembre dell’anno scorso si passa dalla collaborazione alla scissione. Dai dati Cerved risulta che la nuova Arduino srl è controllata al 95% dalla svizzera Gheo SA e al 5% da Daniela Antonietti. Amministratore unico di Gheo Sa è Musto, con al fianco Gianluca Martino, l’amico di Banzi, ormai ex amico. Per qualche mese la vicenda passa sotto silenzio sui media finché poche settimane fa Musto rilascia interviste ad alcune agenzie di stampa, nelle quali è definito il nuovo amministratore delegato di Arduino nonché successore del primo primo Ceo, Massimo Banzi. Musto annuncia anche un cambiamento del gruppo Arduino verso “una dimensione internazionale in grado di interagire con altri gruppi”, perché “il mercato dei maker non è più quello che era ai tempi del bar di Ivrea e sulla scena ci sono in gioco oggi player importanti come Intel e altri colossi internazionali”. Ma dall’ufficio stampa di Arduino arriva la smentita: “Le affermazioni fatte dal signor Musto non sono state condivise dalla società Arduino e Massimo Banzi non ha lasciato alcuna carica”.

Cosa c’è in ballo – Sostanzialmente il marchio. E naturalmente l’enorme business che comporta la sua proprietà. Arduino è open source, quindi per sua natura la scheda è aperta a chiunque vi voglia apportare modifiche o miglioramenti, ma la particolarità sta nella creazione del software e appunto nel marchio. Le schede Arduino si possono produrre e copiare, ma occorre sempre far riferimento al marchio, altrimenti si sfocia nell’illegalità. Arduino srl sostiene di possedere il marchio Arduino. Per questo è in corso una causa legale in Massachussetts (Usa) che vede contrapposte Arduino Llc e Arduino srl per contraffazione di marchio. Una seconda causa è in corso in Italia.

La versione di Banzi – “I cambiamenti annunciati dal Ceo Musto sono relativi ad una o più società le cui attività sono a lui direttamente o indirettamente afferenti e totalmente indipendenti da Arduino. In particolare, una di esse ha mutato pochi mesi fa il proprio nome in Arduino Srl senza alcun autorizzazione e accordo con Arduino. Alcune di tali società nel corso degli anni hanno collaborato con Arduino per quanto riguarda la mera manifattura e la commercializzazione di parte delle schede Hardware disegnate da Arduino”.

Arduino ha già intrapreso diverse azioni legali nei confronti del sig. Musto e di tali società sia negli Usa che in Italia”.

L’ultima cosa che voglio fare è danneggiare il marchio. Si è rovinata un’amicizia, un’amicizia importante“.

La versione di Musto: “Il nostro è un progetto industriale che va avanti da 8 mesi. Divergenze di visione con Banzi? In questo periodo ha declinato i nostri inviti a parlare della situazione, è lui che non ha voluto aderire al nostro progetto. E poi aveva intenzione di spostare la produzione all’estero, mentre noi vogliamo mantenerla in Italia“.

Banzi è un portavoce del progetto open source, ma non è Arduino. Come Smart Project pagavamo Banzi per le attività di marketing e comunicazione della realtà Arduino. A questo punto la Arduino CC non può produrre schede Arduino perché il marchio è di nostra proprietà“.

Lavare i panni sporchi in pubblico non è la strada migliore, ma non ho iniziato io. Da subito ho cercato di trovare una mediazione. Quanto al Made in Italy tecnologico, bisogna appunto portarlo su un nuovo territorio internazionale. Banzi non era in grado? Ribadisco che non è voluto entrare nel progetto industriale. La nostra azienda ora cercherà di posizionare nel mercato nuovi prodotti, stringere alleanze con produttori di microchip, giocare un ruolo importante nell’Internet of Things”.

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