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Provocatore a chi? I manager scelgono Marchionne

Provocatori è il tema del World Business Forum 2014. Che, con Manageritalia, ha intervistato 30mila dirigenti italiani. Il 97% dei dirigenti italiani pensano che la provocazione può “produrre” innovazione. Ed eleggono come loro modelli il leader di Fca, seguito da Farinetti (Eataly) e dal CT della Nazionale Antonio Conte

Pubblicato il 28 Ott 2014

Sergio Marchionne

Provocare funziona: per il 97% dei manager italiani la provocazione serve perché da un lato può contribuire a cambiare lo status quo interno, dall’altro a stupire e sfidare il mercato con nuove logiche e prodotti innovativi. E sul podio dei provocatori di successo ci sono Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, Oscar Farinetti, patron di Eataly, e Antonio Conte, Ct della Nazionale di calcio. È quanto è emerso da uno studio realizzato da WOBI, azienda multimedia specializzata in executive education, e Manageritalia, Federazione nazionale dirigenti, quadri e professional del terziario privato, su un campione di circa 30.000 manager di aziende italiane. Studio diffuso in occasione dell’edizione 2014 del World Business Forum, in programma a Milano oggi e domani.

È emerso appunto che la provocazione è un’opportunità per il cambiamento e per la crescita delle aziende. Nell’attuale contesto economico e macro-sistemico, per quasi tutti i manager italiani  la provocazione serve. Tuttavia, in uno scenario che resta delicato, il 77% dichiara di seguire un approccio che combini il rischio con una componente di sicurezza.

Nel rapporto è evidenziata anche l’importanza delle soft skill che la business community riconosce a un provocatore di successo: mettere un pizzico di creatività nelle decisioni solitamente prese su base razionale (33%), non temere gli errori e accettarli come parte integrante del processo di crescita (33%) ed essere in grado di mettersi nei panni dei propri interlocutori (19%), partendo quindi dai bisogni altrui per rendere davvero efficace l’approccio.

“Il tema dell’edizione 2014 del World Business Forum è ‘Provocatori’, concept che accomuna i leader che si alterneranno sul palco, e che ha riscosso forte apprezzamento tra i manager partecipanti” ha dichiarato Diego Gil, Managing Director Europe WOBI, la multinazionale che idea e organizza il World Business Forum. “I risultati dell’indagine ci mostrano quanto sia profonda la consapevolezza generalizzata della necessità di cambiare, dettata dal perdurare della delicatezza del contesto macro-economico. Siamo convinti di poter offrire, attraverso le storie condivise dai nostri relatori, elementi che offrano alle aziende italiane spunti concreti per osare di più e competere nel contesto globale”.

Gli italiani e la leadership provocatoria. I manager intervistati ritengono, nel 55% dei casi, di avere uno stile e un’attitudine ibrida, di essere cioè alla continua ricerca di un equilibrio tra tradizione e provocazione, ma, dall’indagine emerge chiaramente che la maggior parte di essi è convinto di non aver osato, o potuto osare, almeno in qualche occasione della propria carriera (79%).

Per il 43% degli intervistati servirebbe avere più di un provocatore in azienda, mentre il 55% ritiene che basti averne uno solo (o comunque pochi). Il provocatore può essere riconosciuto da tutti i livelli professionali  (56%) e solo l’11% ritiene che debba essere, per le piccole aziende, l’imprenditore o il proprietario o, per le aziende più strutturate, il manager (33%).

Tutti riconoscono nel carisma personale le caratteristiche per una leadership provocatoria (70%).

I veri provocatori: persone, manager, mercati. Sono più le donne (27%) che gli uomini (21%) e i giovani in generale (43%) rispetto alle risorse con più esperienza (24%) ad essere considerati provocatori perché capaci di approccio creativo e realistico allo stesso tempo. Chiamati a esprimersi su esempi concreti, i manager italiani eleggono Sergio Marchionne (50%) quale leader provocatore nel nostro contesto attuale, seguito da Oscar Farinetti (25%) e Antonio Conte (8%). Tutti  e tre hanno guidato con successo transizioni, evoluzioni e crescite.

Quando si parla dei comparti in cui la provocazione è di casa, per le aziende italiane vince la moda, comparto per eccellenza del Made in Italy (30%), mentre in campo internazionale domina il settore innovazione e tecnologia (33%). Fanalino di coda il food, dove la componente di tradizione è un valore assoluto, perciò incarna  il concetto di “provocatore” solo per il 14%.

Le istituzioni e la politica: abilitatori dell’innovazione? Per i manager intervistati lo sono ancora solo potenzialmente. Per la stragrande maggioranza (90%) le istituzioni in Italia sostengono le aziende orientate al cambiamento meno che in altri paesi. Le richieste che ricorrono: il 44% auspica uno snellimento della burocrazia, il 23% più rispetto delle regole e certezza del diritto, il 19% una politica fiscale più favorevole alle imprese e il 14% una maggiore flessibilità del mercato del lavoro.

Sul tema della provocazione il commento di Guido Carella, presidente Manageritalia: “Da sempre, oggi ancor di più, provocare il cambiamento è compito dei manager, certo anche degli imprenditori. Loro devono trovare nuove strade per crescere, avere sogni e visioni e avere il coraggio di rischiare. Devono farlo cavalcando i trend emergenti e creandone di nuovi e per farlo devono avere coraggio, rischiare e spesso rompere le consuetudini. Certo ottenendo risultati o, ancor meglio, facendo accadere le cose”. (L.M.)

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Redazione EconomyUp
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