Salvare l’Unità? Si può tentare con il crowdfunding, strumento di raccolta fondi online che da qualche anno sta guadagnando crescente popolarità all’estero e anche in Italia. È l’idea lanciata attraverso un tweet da Claudio Giua, esperto di innovazione, di nuovi media e direttore del Festival di Internet di Pisa. “È un passaggio che si potrebbe provare, a patto che ci sia una partecipazione forte e ideale al progetto e questo abbia una consistenza industriale” dice a EconomyUp a proposito del quotidiano fondato da Antonio Gramsci e chiuso a fine luglio in un clima di tensione e polemiche interne al Pd. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha detto più volte che il “brand va tutelato” e si è impegnato a trovare una soluzione.
Soluzione che potrebbe implicare anche un passaggio attraverso il crowdfunding reward-based, quello che prevede una ricompensa (solitamente un omaggio simbolico) a chi decide di versare il proprio contributo per una causa che gli sta a cuore. Del resto l’Unità non sarebbe il primo giornale al mondo a cercare finanziamenti in Rete. Proprio in questi giorni un collettivo di giornalisti di Nice Matin, Var Matin e Corse Matin, quotidiani del sud della Francia, sta raccogliendo soldi su Ulule, piattaforma europea di crowdfunding, con l’obiettivo di acquistare il gruppo editoriale che si trova in difficoltà finanziarie e ha perciò annunciato la vendita.
Il target di fundraising è stato fissato a 300 mila euro e i giornalisti ritengono che, al ritmo odierno, sarà facilmente raggiunto. Ma specificano che la cifra è simbolica e intendono arrivare a una quota molto più elevata. Non è detto che il progetto vada in porto: per la proposta di acquisto serve l’approvazione del comitato esecutivo del gruppo e l’offerta è in competizione con quelle dei principali players del settore, tra cui Libération. Inoltre, come spiega Damien Allemand, giornalista di Nice Matin, se l’operazione andrà in porto il management e le strategie editoriali dovranno essere rivisti in un’ottica di crowdfunding, ovvero di compartecipazione e condivisione. La raccolta fondi online non è una bacchetta magica e non
è detto che garantisca il successo, ma un elemento interessante sta emergendo chiaramente dal crowdfunding francese: i donors sono coinvolti, mandano messaggi di incoraggiamento agli ideatori dell’iniziativa e dicono che “sono incapaci di immaginare la vita di tutti i giorni senza Nice Matin”.
Mostrerebbero altrettanto attaccamento al loro quotidiano i lettori orfani dell’Unità? “Se il progetto è forte e ha consistenza industriale perché no?” replica Giua. “Stiamo parlando di un giornale di partito, non capisco perché tutti coloro che fanno parte della base del Pd o rivestono cariche pubbliche all’interno del partito non debbano contribuire alla vita di questo organismo”.
In fondo in Italia non siamo proprio all’anno zero in questo campo. Come ricorda l’esperto di new media, c’è l’esperienza pregressa del Festival del Giornalismo di Perugia, salvato proprio dal crowdfunding. A ottobre 2013 la manifestazione stava per chiudere i battenti per mancanza di fondi, poi ha attivato una raccolta online in collaborazione con la startup Starteed. Risultato: oltre 115mila euro raccolti e una nuova edizione con 200 eventi e 400 ospiti. “Senza dimenticare – aggiunge Giua – che in passato il Manifesto ha attivato più volte modalità di crowdfunding che potremmo definire analogiche”.
“Io credo – prosegue Giua, allargando il discorso al futuro dei media – che nei prossimi anni le iniziative giornalistiche autonome debbano passare dal crowfunding. Non è più indispensabile che ci sia un unico finanziatore, non è più necessario che sia uno solo a pagare chi ha un’idea editoriale forte. Anzi in Italia non esiste quasi più chi è disposto a finanziare un giornale. È probabile la fuga dei capitali dai giornali, anche perché gli investitori si rendono conto che possederne uno non garantisce più le prebende di tipo politico di un tempo. Ad attirare, adesso, sono i progetti. E’ chiaro comunque che, prevedendo iniziative di questo genere, non si può pensare a redazioni di una sessantina di persone e con stipendi come quelli di un tempo”.
È quello che è successo a De Correspondent, giornale online olandese che ha ricevuto in meno di due settimane la cifra record di 1 milione e 300mila euro attraverso il crowdfunding. È avvenuto l’anno scorso, quando 17.437 futuri lettori hanno sottoscritto una quota annuale di 60 euro. Ed è subito diventata una case history internazionale. L’idea è partita da Rob Wijnberg, ex caporedattore del quotidiano Nrc Next e Harald Dunnik (fondatore di Momkai), che insieme a un gruppo di giornalisti in Olanda hanno organizzato il nuovo sito di news con l’intenzione di differenziarsi dalle testate già esistenti. La campagna di raccolta fondi l’hanno condotta attraverso un proprio sito, preferendo non affidarsi a piattaforme note per poter avere completamente il controllo dell’iniziativa. Iniziativa che è stata poi rilanciata in tv e sugli altri media. Attualmente De Correspondent ha uno staff di diversi elementi e circa 25mila abbonati. Tra gli obiettivi dichiarati: andare oltre la notizia, gli ideali al posto dell’ideologia, il giornalismo prima del profitto.
Altra curiosa case history è quella del progetto “Let’s Own the News” promosso da Laurie Fitzjohn. L’obiettivo è raccogliere 150 milioni di sterline per comprare The Times e The Sunday Times, in modo da “rompere il monopolio di Murdoch” sulle news in Gran Bretagna. L’iniziativa, per ammissione della stessa promotrice, ha essenzialmente un valore simbolico perché, anche se il fundraising non raggiungerà il target previsto, “avrà suscitato riflessioni e interrogativi sul modo in cui è guidata NewsCorp”.
Il crowdfunding per il giornalismo è solo all’inizio. Ma potrebbe valere la pena sperimentare.