Esistono storie di imprenditoria nel nostro Paese che a volte sembrano uscite dall’abile tastiera di un ottimo ufficio stampa. L’aneddoto legato agli inizi di un’azienda deve fare sognare. Se poi è vero, meglio ancora. Nel caso di Lorena Antoniazzi, azienda umbra specializzata nella produzione di maglieria e capi per la moda, gli inizi sono veramente da aneddoto: a raccontarlo a Economy Up Gianluca Mirabassi, presidente della società: «La nostra azienda è nata nel 1993 da un’idea meravigliosa che abbiamo avuto mia moglie Lorena ed io. Non avevamo soldi da investire, così, grazie all’anticipo di un nostro cliente, abbiamo creato la nostra prima collezione di maglieria composta da pochi capi che abbiamo presentato in occasione della settimana della moda di Parigi. È stato un successo inaspettato».
Come spesso capita nelle belle favole, i protagonisti devono attraversare anche qualche difficoltà. Nel caso della coppia Mirabassi/Antoniazzi, quell’ostacolo si chiama 11 settembre. «Nel 2001 abbiamo vissuto un momento estremamente difficile: avevamo fatto un ingente investimento negli Stati Uniti aprendo uno show room a Manhattan, mercato per noi importantissimo. Ma le conseguenze dell’attentato dell’11 settembre ci hanno visto costretti a ridimensionare i nostri progetti e a dover ricominciare quasi da zero». Fortunatamente però, quel brutto periodo se lo sono gettati alle spalle.
Nel 2012 l’azienda ha fatturato 15 milioni di euro segnano un incremento del 20% rispetto al 2011. Per i 2013 le aspettative sono ancora più rosee, visto che la chiusura dovrebbe attestarsi sui 17 milioni. L’elemento distintivo che rende possibile ciò ha a che fare con il made in Italy, quello vero. Infatti Lorena Antoniazzi garantisce una produzione dei propri capi in Italia e la qualità con cui vengono realizzati e confezionati rappresenta una ricchezza importante che ha consentito la crescita che ha fatto fronteggiare la recessione che stiamo attraversando da tempo.
Ma non è tutto: l’azienda da tempo ha studiato il sistema per rendere la tracciabilità dei propri prodotti un fatto reale. «Quattro anni fa, con la collaborazione di due aziende informatiche umbre, abbiamo cominciato a lavorare al microchip che oggi, dopo la fase di sperimentazione, ha ottenuto il brevetto. Attraverso questo microchip inserito nell’etichetta è possibile risalire a tutte le fasi produttive (filatura, tessitura, rimaglio, trattamenti, con date, spostamenti e luoghi di produzione del capo). Digitando un codice a barre o fotografando con un smartphone il codice Qr indicato nell’etichetta, è possibile visualizzare, da una schermata del sito dell’azienda, tutte le informazioni relative alla storia e al processo produttivo del capo. L’investimento iniziale è stato di circa 200mila euro circa. Ma non ci vogliamo fermare qui – anticipa Mirabassi -. Vogliamo continuare a sviluppare questa tecnologia per renderla ancora più fruibile. Siamo, infatti, convinti che qualsiasi informazione relativa al prodotto e ai materiali rappresenti un valore aggiunto per i nostri capi che sono frutto di una sapiente combinazione tra tradizione artigianale e innovazione di tecniche e materiali. Per questo dal prossimo mese di luglio possiamo offrire anche la certificazione sulla non nocività dei prodotti usati durante la lavorazione dei nostri prodotti».